lunedì 17 febbraio 2014

Vittorio Melandri: la rianimazione della sinistra in Italia

LA RIANIMAZIONE DELLA SINISTRA IN ITALIA Mi convinco sempre di più che la “Sinistra” politica, quella descritta da Norberto Bobbio nel suo saggio “Destra e Sinistra”, e che si fonda sui valori di Libertà – Uguaglianza – Fraternità, ha tutt’ora piena ragion di vivere proprio perché siamo ancora molto, ma molto lontani da un pieno dispiegarsi dei valori richiamati, per altro per loro natura sempre destinati ad essere “riconquistati” anche una volta che fossero pienamente iscritti nella “legalità” del mondo. In Italia poi siamo lontani mille miglia da quella condizione che può essere di maggior favore ai valori suddetti, ovvero dalla “laicità” degli indispensabili apparati burocratici, e quindi dello Stato, che potrebbero, essendo davvero laici, anteporre la propria missione ai propri interessi particolari, senza per questo immolarsi e rinunciare a vivere. In ragione di quanto sopra, la “Sinistra” viene prima delle parti che la interpretano, viene prima dei Partiti che si sono detti di sinistra, figuriamoci dei “partitini”, e figuriamoci se non viene prima di quelli che invece affermano di esistere per superare il concetto stesso di sinistra, ed in questo, il M5s ed il PD si assomigliano molto di più di quanto gradiscano sentirsi dire. La lettera aperta di Riccardo Truffi a Pippo Civati che non esclude l’abbandono del PD, lettera che ho letto con attenzione, e che si conclude con questa affermazione: “Nulla ti impedisce di contribuire a migliorare le cose, continuando coerentemente a fare la tua battaglia nel PD.” …. mi suggerisce questa riflessione. Truffi evoca la malattia endemica della “sinistra” italiana, che “tanti lutti ha addotto a noi cittadini di sinistra” …. IL FRAZIONISMO. Nel mio piccolo piccolo, lo considero un male endemico sin da quando la “frazione comunista” del socialismo italiano, supportata da ben altri intelletti rispetto a quelli oggi in pista, lasciò la casa madre. Ma qui sta il punto di fondamentale differenza rispetto al passato, sia quello più remoto sia quello più recente…. ….lasciare il PD non significa dividere la sinistra italiana, ma finalmente rendersi conto che la nascita stessa del PD con il rafforzamento di una sinistra e basta, senza aggettivi e senza autocertificati gradi di purezza…… … NON HA PROPRIO NIENTE A CHE FARE ma semmai ha molto a che fare con un suo….. SOSTANZIALE INDEBOLIMENTO, O FORSE, PER I DECENNI A VENIRE, SEPPELLIMENTO. Se la degenerazione dell’idea originale di “Ulivo”, ovvero quella di una alleanza fra forze affini, un centro che guardava a sinistra ed una sinistra che sapeva allearsi con un centro democratico, è prima degenerata in una “Unione” contro natura che andava da Mastella a Turigliatto ….. …..poi è degenerata nel suo opposto. Ovvero nella illusione della validità della fusione a freddo di ex democristiani ed ex comunisti, (con l’ausilio di quelli considerati de facto “utili idioti” di complemento) nella illusoria convinzione appunto che la distinzione fra “Destra e Sinistra” fosse ormai un reperto fossile del passato. Illusione che consente di leggere la scelta delle “Larghe intese” in modo affatto diverso da quella lettura che le vuole “emergenziali” e che l’astro nascente ‘Matteo’, forte di una coerenza capace appunto di mutarsi al mutare delle circostanze sta cercando di sintetizzare in una fase di intera legislatura. In questa luce, l’abbandono del PD di una parte significativa di “compagni”, non si tradurrebbe nella ennesima operazione “frazionista”, ma nel nobile tentativo di rianimare una “sinistra” moribonda, gettando del lievito, o comunque un elemento catalizzatore, in una “materia” cui il PD ha sottratto forza vitale. Vittorio Melandri

29 commenti:

Paolo ha detto...

Pare chiaro che la sinistra in Italia non può essere costruita lasciando da parte il grosso di quella opinione pubblica che oggi, magari storcendo il naso, sostiene elettoralmente il PD.

Luciano Belli Paci dice, con molta acutezza, che la rinascita di una sinistra credibile richiede due cose: che si riesca a far prendere coscienza ai “tre milioni delle primarie” che la politica del PD attuale non è più sinistra – che per questi lettori esista un’alternativa credibile.

La frazione della classe politica del PD che crede di essere “sinistra” e che fino ad ieri ha diretto il partito ha dimostrato di non avere la capacità di spiegare il primo punto ai sostenitori – e non credo che avrebbe la capacità di costruire una grande alternativa a sinistra. No, dobbiamo prepararci ad una lunga marcia interna, proiettata per durare anni e passare momenti duri.

Paolo Zinna

Claudio ha detto...

e la piantassimo lì di usare la parola “sinistra” in termini salvifici, di cui sono gelosi custodi non pochi vanesi imbecilli.. Sinistra è una faccenda geometrica, applicabile a qualunque tipo di schieramento, e poi richiama “cose sinistre”. Usiamo la parola socialista, vaga finchè volete, ma più impegnativa con riferimento ai contenuit

Vittorio Melandri ha detto...

Assumendo la buona pratica di ricordare che “prima vengono le cose e poi i loro nomi”, prima vengono i valori che richiamavo, “libertà, uguaglianza, fraternità”, e poi quell’articolato movimento politico che li ha assunti a base del proprio agire e che, come ricordava Claudio, per una iniziale faccenda geometrica, ha fatto sì che la parola “sinistra” assumesse nei secoli successivi un valore significante preciso.

Facendo uso della parola “sinistra” non intendo evocarne una valenza salvifica a priori, ma intendo evocarne la sua “potenza” lessicale e significante, che per me fra l’altro consente senza ombra di dubbio di affermare che il “socialismo” è dentro la “sinistra”, di cui interpreta appunto i valori che cerca di AFFERMARE nella pratica aggiornandoli al mutare dei tempi, o non è.

Che poi a “sinistra” si siano consumate esperienze politiche diverse, e non tutte salvifiche, anzi, per dirla ancora con Claudio, pure “vanesie” quando non anche “imbecilli” e non di rado “tragiche”, è sotto gli occhi di chi voglia vedere e non solo guardare, ma questo non ha tolto valore significante alla parola, come, con interessi speculativi molto evidenti, non solo i vanesi imbecilli, ma anche pericolosi intelligenti hanno invece cercato di fare.

Per queste ragioni non sono affatto del parere di rinunciare all’uso della parola “sinistra”, al contrario sono per recuperarne proprio il pieno valore lessicale, che da tempo in politica non ha più un valore spaziale, come invece, e qui concordo pienamente con Claudio, molti vanesi imbecilli continuano ad ostinarsi ad usare, mostrandosi contenti potendo dire che alla loro sinistra non c’è nessuno, ma non rendendosi conto, che intorno a loro non c’è più nessuno anche a destra e sopra e sotto.
vittorio melandri

Giampaolo ha detto...

So di essere cattivo, perché un socialista deve essere cattivo di fronte alle situazioni che si prospettano: quella di Renzi non sarà nemmeno l'ultima.

Ma voi ritenete, cari compagni, che questa gente la quale da sempre ha probabilmente letto Turati, Rosselli, Basso, Lombardi, oltre agli idealisti in prima fila Nenni e Pertini e non so quanti altri, non ultimo Silvio Trentin riguardo al "federalismo", senza comprenderli ed applicarli. Che da Marx (ora anche da Cristo) ha preso poco, limitandosi all'organizzazione per il "potere", alla maniera strettamente Leninista del controllo delle masse. che ha nella piazza e non nel voto la sua vera forza. Che non ha un disegno democratico della gestione dello Stato, tanto che qualsiasi si permetta di dissentire è ancor oggi considerato "socialfascista" (parola chiave). Voi ritenete che costoro saranno in grado di portarci il "sol dell'avvenire"?

Ha ragione Vittorio Melandri a ricordare Bobbio ed a lamentarsi, ma: a che serve?

Franco ha detto...

La sinistra non è stata e non è formata soltanto dai socialisti. Pensiamo al CLN: socialisti, comunisti, azionisti. Meglio sinistra che socialisti (termine tutto sommato escludente dal punto di vista dei riferimenti storico - politici). Franco Astengo

Claudio ha detto...

è vero che storicamente la sinistra non è stata formata solo dai socialisti: ma oggi, in Europa, non c’è più nessuno, salvo qualche gruppettaro iper teorico, che si voglia chiamare “comunista”. Ci sono i socialisti, i socialdemocratici, i laburisti che forse sarebbe il termine più adatto, ma dopo Blair meglio aspettare un altro giro in GB. Magari in Scozia, che mi sembrano molto da seguire.Perchè c’è il non piccolo problema che nei paesi dell’Est, alla parola “comunista” vedono rosso, e anche il termine socialista non è molto gradito, perchè così si chiamavano le loro repubbliche di polizia: per fortuna, in Europa non c’è solo la sinistra italiana...

peppe ha detto...

anche per me il termine sinistra è vago e confuso. ed indica solo una collocazione parlamentare. Nella sinistra va ricostruita una identità socialista (vista anche la demonizzazione che si è fatta del termine negli ultimi venti anni). Non posso pretendere che tutta la sinistra si definisca socialista , ma una posizione socialista culturalmente autonoma sia dalla lberaldemocrazia che dal neocomunismo deve esistere ed evidenziarsi. Per me definirsi comunisti dopo l'89 non ha senso. Ma è una mia personale opinione ovviamente. Se uno vuol continuare a considearsi comunista faccia pure non è certo un appestato. Ma non si può pretendere di dissolvere le identità, che sono fondamentali in politica, in nome di un ecumenismo che porta solo ad accrescere la confusione. Pietro Nenni rispondendo a Panzieri nel 1960 disse (commentando la fine del frontismo): " la sintesi tra la esperienza socialista e quella comunista non la abbiamo trovata; e dopo il 1956 siamo andati a sbattere il muso contro contraddizioni che pensavamo di aver risolto". Socialisti e comunisti non settari possono collaborare ma non possono creare un soggetto politico unico. Altra cosa è il CLN. Lì stavano pure i democristiani e i repubblicani

maurizio ha detto...

Francesco Astengo propone un discorso e una riflessione per me sempre appassionanti: quello delle diverse componenti della sinistra italiana. Temo però che se iniziassimo a discutere di questo, andando a ritroso nel tempo, ripeteremmo argomenti ampiamente conosciuti e rischieremmo di disperderci. Veniamo pertanto all'oggi. Che cos'è oggi la sinistra italiana? E ancor più: si può oggi parlare di sinistra in Italia?
L'anomalia italiana, non l'unica ma sicuramente una delle più importanti, è l'assenza di un grande partito socialista o socialdemocratico o laburista. Ovunque in Europa la sinistra coincide infatti sostanzialmente con una formazione che si richiama esplicitamente alla storia e ai principi del socialismo democratico. Poi possiamo discutere finché vogliamo circa pregi e difetti dei diversi partiti del Socialismo europeo, ma questa è la realtà, piaccia o non piaccia. In Europa esistono anche altre componenti appartenenti al campo della sinistra: dalla GUE-Sinistra Europea, peraltro molto composita al suo interno, alle forze ambientaliste, non sempre così esplicitamente di sinistra come in Italia (bene o male?), a formazioni liberal-radicali progressiste. Ma sappiamo bene che si tratta di soggetti politici scarsamente rilevanti rispetto ai partiti che aderiscono al PSE. Nel nostro paese non vi è traccia di tutto questo. Prescindiamo ovviamente dal Movimento 5Stelle, troppo ambiguo (mi limito a questo aggettivo) per poter essere definito di sinistra. Prescindiamo anche da formazioni del tutto ininfluenti come il PSI e Rifondazione Comunista, pur così diverse fra loro, o incompiute come SEL. Di fatto resta soltanto il PD. Ma il PD è di sinistra? E di quale sinistra farebbe parte? A questo punto interviene la puntualizzazione di Claudio Bellavita, che esorta a non parlare genericamente di sinistra, ma specificamente di socialismo. Molto bene, anch'io detesto parlare di una sinistra senza aggettivi e ancor più di un vago progressismo, come dice sempre Peppe Giudice. Ma a questo punto la domanda è d'obbligo: cosa c'è di socialista nel PD? Nulla, evidentemente nulla, salvo qualche compagno di buona volontà condannato all'irrilevanza. O forse per Bellavita la causa del socialismo è incarnata oggi da Matteo Renzi? A questo mi piacerebbe che rispondesse con chiarezza, una volta per tutte.
Di fatto al momento non c'è nel Paese nessuna formazione socialista che abbia rilevanza politica e, di conseguenza, non esiste nulla che possa essere credibilmente definito di sinistra. Non credo che il mio sia integralismo socialista, penso si tratti soltanto di realismo.
Maurizio Giancola

Vittorio Melandri ha detto...

Abbiate la pazienza di lasciarmi aggiungere che fra tanti dubbi, non ho mai smesso di considerarmi "socialista". (e pure “lombardiano”, se non fosse che Riccardo per quanto io sia marginale mi rimprovererebbe, e perché comunque ogni mia fibra rifiuta, anche rispetto alla più nobile, ogni minima parvenza di “culto della personalità”)

Fuori dal PSI nel 1991 dopo vent'anni, un anno prima che il "mariuolo" fosse trovato con le "mani sporche", perchè nel mio piccolo piccolo ero stanco di sentirmi minoranza della minoranza, e azzerata ogni illusione dopo che nel 1999, un anno dopo aver creduto che a Firenze si fosse aperto un nuovo cantiere a "sinistra", diedi le dimissioni dall'esecutivo dei DS a Piacenza, dove, con la benedizione di Bersani si diede vita ad una amministrazione della Provincia alleandosi con la Lega Nord.

Se questo non mi impedisce di essere d’accordo con chi ritiene che il paradigma socialista, senza aggettivi di sorta (non sono necessari), ed ovviamente aggiornato alle specificità dettate dal presente, debba essere del tutto recuperato alla sua funzione generatrice di una sinistra moderna e totalmente assente nell’Italia di oggi, non mi impedisce nemmeno di ricordare che sono i valori della “sinistra” che ispirano il socialismo, e non il contrario.

Questo mi fa ribadire che l’ambiguità della parola non è ad essa connaturata, ma semmai è conseguenza del velo di ignoranza con cui la si è andata ipocritamente ricoprendo.

E per concludere mi appoggio alle parole di una amica che ha interloquito con me sul tema qui oggetto del nostro dialogo.

“Per ciò che è accaduto in Italia alla sinistra, e alla stessa parola sinistra, servirebbe uno scatto di coraggio e cercare due recuperi di significato, e quindi di progetto, quello per un'Europa diversa, in quanto più rispondente alle caratteristiche originariamente delineate dai padri fondatori, e quello di una sinistra anch'essa diversa, finalmente restituita agli ideali che la caratterizzano, uguaglianza, libertà, solidarietà.
E fanno gioco anche le parole "ritrovate" di Barca. Parole che ci arrivano attraverso un canale di comunicazione sbagliato, ma che assumono una portata pubblica dirompente, e che moltissimi italiani festeggiano come un sorso d'acqua fresca nel deserto. Non so che effetto esse potranno avere nel futuro della sua carriera politica all'interno del PD, di certo negli italiani si consoliderà l'idea che la parola spesa in pubblico dai politici rimane distante da ciò che essi pensano veramente.
Se il contenuto espresso fa onore a Barca, rimane questo macigno della difficoltà di comunicare con la gente in modo diretto e sincero. La parola, è portatrice di significati multipli, è flessibile, può essere ambigua, ma spesso è semplicemente negata... e questo rappresenta il deficit più gravoso che da decenni ormai atterra le speranze che ogni sembrano poter riprendere il volo.”

Paolo ha detto...

C’è un tema di sostanza e un tema di nomi. Circa la sostanza, diamo per assodate alcune cose:

1 nell’Italia (nell’Europa?) di oggi, non c’è coincidenza tra aree di pensiero e formazioni politiche: i centristi neoliberali stanno nel PD, stanno con Monti, con Casini, con Alfano … e chi li distingue, nella politica? Nel PD ci sono centristi, socialdemocratici, insofferenti metropolitani, … e stanno tutti insieme nelle liste.

2 il PD di oggi non è sinistra. Ovvio, mi pare che non ci sia bisogno di dimostrazione

3 senza l’opinione pubblica che vota PD, non si fa nessuna sinistra (nessuna socialdemocrazia, nessun progressismo, o come diavolo volete chiamarlo). Ovvio, mi pare che non ci sia bisogno di dimostrazione

Invece è da discutere: cosa è utile fare per ricondurre i “tre milioni delle primarie” ad un politica “socialista”? questo è “matter of opinions”, rimandiamo ad altra discussione.



Poi c’è una questione di nomi. Vera la distinzione delle tre potenziali sinistre – vero l’esaurimento (prima di tutto pratico, ma direi anche ideale, oggi) del filone comunista. Il filone azionista o meglio forse “liberal” esiste, ha una sua dignità – ma in maggioranza la sinistra oggi ha connotazioni socialiste/socialdemocratiche.

Noi tutti, nel nostro cuore, continuiamo a sentirci “socialisti” (forse perché ci ricorda la giovinezza); non vedo nulla di male in ciò.

Dobbiamo anche sapere, però, che il termine, per le generazioni nate dopo il ’70, è irrimediabilmente svalutato, per i fatti del periodo craxiano e, peggio, per quel che è venuto dopo. Il PSI di Craxi aveva vere colpe, ma indubbiamente aveva anche meriti ed è passato alle storie volgari solo per le colpe mentre nessuno vuol più ricordare i meriti. Ma pensiamo al “dopo”: ci dimentichiamo Frattini, Tremonti, Brunetta, Cicchitto (Cicchitto !!!) che si dichiarano “socialisti”? Ci vogliamo dimenticare il “Nuovo PSI”? No, il brand è svalutato, sappiatelo, irrimediabilmente svalutato.

Ma, mi dite: non importa se è svalutato, la svalutazione è INGIUSTA e noi non dobbiamo piegarci. E’ una posizione rispettabile – non la condivido. Non credo che i grandi del nostro passato la avrebbero condivisa: ciò che conta è quel che riesci a FARE, non ciò che riesci a DIRE.

Perciò, semmai, userei il termine “socialdemocratico” che mi pare essersi, con gli anni, ripreso dalla svalutazione causata dai Tanassi, dai Pietro Longo ecc, ecc



Paolo Zinna

Elio ha detto...

Noi lavoreremo senza sosta per ricostruire una forza socialista in Italia. Le tre tappe del cammino sono chiare: manifesto, progetto-programma, costituente. In tempi brevi pubblicheremo il manifesto con i nomi dei firmatari. Il successo dell'iniziativa dipenderà dalla partecipazione al dibattito di quanti vogliono una forza politica di sinistra ma socialista. Elio Veltri

Claudio ha detto...

condivido Zinna: il termine da riprendere è socialista democratico, che probabilmente sarà il nuovo nome del PSE, e che non richiama Tanassi, ma le socialdemocrazie del nordeuropa, il solo posto al mondo dove si è fatto del socialismo e non se ne è solo parlato. Sul punto cosa è utile fare per ricondurre i 3 milioni delle primarie? niente, perchè alle primarie han votato almeno un milione di liberal-democratici che speravano nel Grande Rottamatore, che rottamasse un bel po’ di burocrazia..senza dar retta a Marini e ai suoi sindacati del pubblico impiego. Se mai, il problema è di ricondurre a una politica socialista un po’ dei 600.000 iscritti, ma confidiamo nei meeting del pse per smuovere i giovani di formazione cattolica. Quelli della mia sezione sono bravi, simpatici e volenterosi, e, a differenza dei giovani teorici della sinistra sinistra, sanno anche come si fa a raccogliere voti...Come dico dopo la mia esperienza nei comitati dell’acqua, w i boy scout...e speriamo che si muovano anche contro il TTIP

Alberto ha detto...

Alcuni anni fa, uscito dai Ds ( dopo 30 anni), ma meglio sarebbe dire non entrato nel PD ma in “Sinistra Democratica per il socialismo europeo” scrissi un articolo che iniziava così: “
Proviamo a fare un sogno assieme: che domani mattina ci svegliamo e non ci sia più il Sdi di Boselli, il PRC di Giordano, Sinistra democratica di Mussi, il PdCI di Diliberto, i Verdi di Pecoraro Scagno, ecc.. Ma che al loro posto ci sia una grande aggregazione politica nuova. Un’aggregazione politica che nel suo Pantheon non ha più il diretto richiamo al comunismo, più o meno reale, non ha più Berlinguer, non ha più Craxi. E non li ha più non perché non riconosca gli aspetti importanti del loro pensiero e della loro azione politica. Ma perché essi (comunismo contro socialismo, Craxi contro Berlinguer) hanno rappresentano un momento di divisione drammatico per la storia della sinistra italiana e forse ancora di più per il nostro paese. Perché pur nella loro grandezza non ebbero quella generosità che, sola, consente di fare sintesi e porre le basi per il formarsi di una cultura di una sinistra democratica che intende diventare la storia di un paese.

Per questo è necessario che, per un attimo, ciascuno si spogli delle proprie partigianerie, che non vuol dire spogliarsi della propria storia, per rendere più facile il dialogare e il fare sintesi.

Ed il modo migliore per fare ciò è il ripercorrere che cosa è stata la storia del socialismo europeo – storia vincente - per confrontarla con quella italiana: storia tuttora perdente.

E’ un po’ come il cercare la squadra migliore di un campionato a partire dall’analisi del gioco del calcio reale, anziché dalla partigianeria verso una squadra vissuta con il cuore del tifoso.

Ed allora proviamo a pensare ad un Pantheon nel quale siano rappresentati Brandt, Palme, Kreisky, Delors, Mitterand, ossia il meglio del socialismo europeo e la loro storia politica e proviamo a continuare il sogno iniziando dal rileggere i punti programmatici di quel documento finale del congresso della SPD, del 1959 a Bad Godesberg, che aprì la strada all’affermarsi della moderna socialdemocrazia in Europa. “

Ecco ad ascoltare gli interventi di questi ultimi giorni mi rendo conto che siamo ancora qui. A rifarci la storia del passato. A pensare ai leader anziché alla gente, agli elettori. Non so se in Renzi ci sia qualcosa o no di socialista nel senso “europeo” del termine : cultura socialista ! . ma certo se porterà il PD nel Pes, cosa che per ignavia non hanno saputo fare neppure i bersaniani e civatiani, avrà ricomposta una frattura che durava da sempre: gli elettori del PD non avranno più timore a dirsi parte del socialismo europeo e, forse cominceranno anche a interessarsi dal punto di vista dei contenuti; a chiedersi che cosa è ancora attuale di quelle culture nel mondo globalizzato e che cosa va ridiscusso ( ma non per questo stimerò Renzi di più perchè la cosa francamente non mi interessa ma mi interessa ciò che potrà essersi messo in moto, come nelle famiglie socialiste europee dove il partito come comunità, che deve durare nel tempo, conta e non tanto i suoi leader che come tali sono transitori).

Ecco questo per me è parlare di socialismo: una cultura , un’antropologia prima che un partito. Qualcosa nella quale i migliori europei possano ancora riconoscersi e ripensare alla loro europa aperta solidale, libera egualitaria generosa con il mondo, attraente e quindi vincente contro tutti i populismi e i neoconservatori con il loro mito dell’individuo che si fa da se che per noi se applicato alla società, una società dell’individuo, resta un mito fascista.

peppe ha detto...

certo non possiamo togliere dal Pantheon (personalmente non essendo politeista non credo nei Pantheon) per una presunta "par condicio" Nenni, Lombardi, Santi e Golitti. Costori, volendo o nolendo, nell'ambito della diversità (anche nella sua arretrarezza relativa) della sinistra italiana, sono quelli che hanno avuto ragione dalla storia. Ed una politica seria e senza complessio deve riconoscee le ragioni della storia. D'accordo nel togliere di mezzo coloro che hanno rappresentato il momento di più aspro conflitto a sinistra. Ma non per questo possiamo rinunciare alll'apporto importante del socialismo utonomista italiano. Soprattuto dopo la demonizzazione degli anni 90. Ricordo un Bruno Trentin (completamente emarginato nei Ds) che disse: "io voglio morire socialista". Altri purtroppo non seguirono il suo insegnamento. Anche in SD permanevano gravi contraddizioni. Se oggi SeL fa la scelta sbagliata diTsipras (poteva fare una lista autonoma dal Pd per appoggiare Schultz) è per la persistenza di quelle contraddizioni. Anche se in seL ci sono molti compagni che volevano appoggaire schultz. Una adesione al socialismo europeo che metta fuori il socialismo autonomista italiano avrebbe poco senso. Ed è questo un socialsimo on cui può riconoscersi benissino anche chi non viene dal PSI. La cultura del socialismo autonomista va oltre il Psi come organozzazione.

Vittorio Melandri ha detto...

Ma appoggiare la lista Tsipras non significa chiudere la porta a Schultz e al socialismo in Europa.

Per quel che vale il mio pensiero, la vedo esattamente a rovescio.

Nel suo ultimo passaggio alla Direzione PD ancora nelle vesti di Primo Ministro, Enrico Letta ha detto testualmente:

“In Europa due protagonisti, i due campi di centrosinistra e di centrodestra, quei due campi faranno un grande accordo istituzionale per il futuro dell’Europa per i prossimi cinque anni, tutti quelli che staranno fuori da quei campi saranno fuori non conteranno nulla, noi dobbiamo stare non soltanto in uno di quei due campi, e naturalmente nel campo dei socialisti e democratici ma dobbiamo stare nella cabina di comando …, non possiamo stare sull’uscio questo lo dico per esperienza… se si sta sull’uscio, sulla porta non si conta niente ….” Enrico Letta direzione PD 6 febbraio 2014

Questo passaggio dell’intervento di Letta il nipotino, alla Direzione del PD, chiarisce che il disegno strategico, dopo che è fallito quell’altro che prevedeva la cancellazione del PSE e la sua sostituzione con il PDE, …. punta alla esportazione delle “larghe intese” dall’Italia all’Europa.

Adesso Letta non è più Primo Ministro, ma l’idea del PD di aderire al PSE, cosa in passato sempre esclusa, continua ad inserirsi nel quadro indicato da Letta, ovvero si va nel PSE perché tanto lo scenario che si prospetta è quello di “larghe intese” non più viste come emergenza ma alleanza strategica.

Beh non credo che si batteranno i populismi sparsi in Europa vedendoli tutti bigi uguali perché la stanza è scura, per cui Grillo-Le Pen-Òrban pari sono, e se si accetta l’idea di non accendere la luce per sostenere che lo scenario indicato da Letta è quello giusto, scelgo da socialista di votare per la lista Tsipras che si pone nell’ottica di creare una alternativa alla scontata alleanza PSE-PPE… e se sbaglio, mi consola il fatto che quelli che in questi ultimi decenni l’hanno fatta giusta, hanno disfatto tutto quello che c’era da disfare.

dario ha detto...

Caro Peppe, purtroppo in Italia il socialismo è un convitato di pietra, è una necessità evidente (stante la pochezza del panorama politico) ma nessuno ha il coraggio di evocarlo con chiarezza, tantomeno il PD che ormai sta viaggiando a vele spiegate verso l'ideologia liberaldemocratica, legittima ed anche necessaria per l'Italia, ma che non è la mia preferita. Nel mio piccolo vorrei morire socialista anch'io. Oggi purtroppo dobbiamo realisticamente fare i conti con una realtà per noi letale, nessuno ci vuole e dobbiamo riflettere con sano realismo su cosa fare nei prossimi due-tre mesi. Per quanto mi riguarda non voterò certamente PD (anche se appoggia Schultz) per i motivi che ho detto prima e perchè Schultz non è stato così chiaro sull'accordo in Germania di SPD con la Merkel, un accordo utile per la propaganda interna tedesca ma letale per il futuro del socialismo europeo e per l'Europa in generale.
Fraterni saluti
Dario Allamano

maurizio ha detto...

Pro bono pacis è un'espressione che non mi piace, ma in questo caso, pur di non riaprire discussioni infinite sullo scontro a sinistra degli anni '80, la accetto. Non vedo però perché dovremmo, per questo, dimenticare i nomi dei quattro grandi socialisti citati da Peppe. Soprattutto Lombardi (le riforme di struttura, la società più ricca perché diversamente ricca) e Giolitti (il socialismo possibile, la programmazione economica) sono ancora pienamente attuali nonostante il passare del tempo. C'è poi un elemento che collega Lombardi a Palme e a Brandt: volevano andare oltre un socialismo inteso solamente come keynesismo in economia, redistribuzione del reddito e welfare (il compromesso socialdemocratico, pur importantissimo) per incidere sui meccanismi di accumulazione e di conseguenza sugli equilibri di potere. Non amo le dietrologie, ma è probabilmente per questo che Palme fu ucciso e Brandt fu vittima di uno scandalo dai contorni mai chiariti. Lombardi invece fu etichettato come visionario, quando al contrario era un uomo che analizzava i fenomeni economici e sociali con una lucidità non comune.
Passando all'oggi non condivido il giudizio troppo duro di Dario sull'accordo fra CDU e SPD in Germania. I numeri erano quelli che erano e un governo Merkel-Verdi sarebbe stato probabilmente peggiore sul terreno economico e sociale. La SPD ha ottenuto importanti risultati (dal salario minimo agli investimenti sociali), che se ad oggi vanno solo a vantaggio dei lavoratori tedeschi in prospettiva dovrebbero avere conseguenze positive più ampie. Del resto non possiamo pretendere che la SPD risolva i problemi del sud Europa, sapendo come si ragiona in Germania. E' un discorso complesso e sicuramente ne riparleremo. Quello che è certo è che non voterò il PD anche se dovesse indicare Schulz.
Maurizio Giancola


claudio ha detto...

D’accordo con maurizio: SPD ha fatto del suo meglio nelle condizioni date. Però nessuno dei critici della nostra gloriosa sinistra ha mai sollevato l’anomalia britannica, che ha aderito alla UE a patto di no tirare fuori, mai , una lira per nessuno: il contoUE/GB deve essere sempre in pareggio. Persino noi italiani siamo a credito ,anche grazie alle regioni meridionali di qualunque colore che non sanno utilizzare i fondi UE ( e questo sarebbe un problema da affrontare seriamente, magari con una task force nazionale, quando si conquista una regione) Ma sapete che la regione Sicilia, incapace di usare i fondi UE, ha un palazzo a Tunisi per celebrare la fraternità con la Tunisia, e un bel po’ di dipendenti in trasferta A MENARE QUESTO TORRONE?

Lorenzo ha detto...

Mi ricorda un po’ la battuta: . Voglio dire che i tre milioni di “passanti” che sono andati a votare alle primarie del Pd, si suppone che una certa capacità di comprensione e valutazione delle cose politiche ce l’abbiano. Andargli a spiegare che il Pd non è più a sinistra credo verrebbe accolto a male parole.
Cari saluti. Lorenzo Borla

giampaolo ha detto...

In effetti Borla ha ragione.

Chi si propone in politica deve diffondere le proprie idee affinché siano capite e condivise.

Non avevano torto quindi quelli del POLITBURO, fossero esse condivise o imposte (dittatura del proletariato).

Il dato di fondo è capire se il popolo era DOGMATICO,per cui condivideva acriticamente la politica dei SOVIET; o era FATALISTA, per cui si accettava il destino che gli veniva propinato; oppure era RASSEGNATO, ben sapendo che nulla poteva fare contro chi deteneva tutto il POTERE.

Ovvio che con un ceto intellettuale interamente asservito e pronto ad esaltare ogni decisione del Comitato Centrale (ricordiamo "doctor Zivago"?), non c'era spazio per il caro concetto cogito ergo sum, del quale si avvalevano pochi Sacharov, o se volete Solgenitzin.

Oggi in Italia i tre milioni che a suo tempo avevano votato Prodi, poi Veltroni e sono poi andati a votare Bersani e subito subito dopo Renzi, non possono far testo!


Ritengo quindi che seguirebbero qualsiasi altro pifferaio, che la direzione con mille artifizii gli proponesse.

Manca purtroppo lo spirito critico, per cui è rimasto un vecchio residuo di tipo "paretiano": il partito ha sempre ragione.

Spirito critico, rimasto invece nei socialisti, che a volte è talmente forte da riuscire a fargli dar credito ad altre ideologie piuttosto che ai propri ideali (ed ovviamente ai propri uomini. Con disastrose conseguenze.

Non convenite?

Giampaolo Mercanzin

dario ha detto...

Caro Maurizio, quando un partito che dovrebbe avere l'internazionalismo quale valore fondante (l'SPD) rinuncia a quel valore, e nell'accordo con la CDU il dato di fatto è che sulla politica internazionale vale il progetto Merkeliano, e si "accontenta" di una serie di punti utili solo per il consenso interno, fa in piccolo lo stesso errore che l'SPD fece nel 1914 allorchè votò i crediti di guerra. Io sono uno che è molto realista ma proprio perchè guardo in faccia la realtà per quella che è non posso evitare di criticare un accordo di basso profili come quello SPD-CDU. L'SPD aveva di fronte a se un'opportunità storica: tenere la Merkel sul filo, consentendole di fare un Governo di minoranza con un appoggio caso per caso, l'avrebbe logorata e si sarebbe garantita una visibilità politica notevole, i verdi difficilmente avrebbero appoggiato la Merkel, e avrebbe potuto riavviare un confronto possibile con la Linke depurata dalle astiosità di Lafontaine. Purtroppo se uno il coraggio non ce l'ha....
Dario

claudio ha detto...

non credo che la costituzione tedesca consenta un governo di minoranza, queste acrobazie dorotee ai tedeschi non piacciono. Se cos’ fosse, non avrebbero discusso il programma per 3 mesi, facendolo votare con un referendum tra gli iscritti spd: ottimo esempio di democrazia di partito

Giovanni ha detto...

Ho sempre considerato le primarie all’italiana un espediente pubblicitario più che un esercizio di democrazia diretta. Passi ancora tale procedura per designare candidati sindaci o capi di governo presentati da vaste coalizioni, ma far designare il segretario di un partito da estranei è un espediente curioso che non può non lasciare perplessi. La verità è un’altra: i tre milioni di votanti che il PD riesce a mobilitare sono la parte di elettorato che le varie fazioni del PD controllano ed indirizzano e non i passanti. E’ un modo come un altro di far nominare il segretario dall’apparato, operazione che ex comunisti e sinistri democristiani sanno fare a perfezione. Sarà interessante, quando verrà il momento, vedere cosa ne pensano gli altri elettori. Sta di fatto che Renzi dopo aver sbandierato ai quattro venti che non avrebbe guidato il Governo se non a seguito di un pronunciamento elettorale, ha rovesciato la sua posizione e si è candidato facendo conto sulla fiducia di un Parlamento delegittimato, rinviando le elezioni al 2018. Forse qualche indicazione sul consenso reale alle sue posizioni e proposte gli sarà stata d’ausilio nel ribaltare con spregiudicata noncuranza le sue posizioni. Giovanni Baccalini

maurizio ha detto...

Sulle primarie la penso da sempre come Giovanni Baccalini Inoltre i tre milioni di partecipanti sbandierati da Renzi innanzi tutto non erano tre milioni ma meno, in secondo luogo non hanno votato Renzi al 100%. Troppo poco per pretendere di rappresentare la volontà generale.
Invece sulla situazione tedesca la penso, strano ma vero, come Claudio Bellavita. L'alternativa alla Grande Coalizione CDU-SPD sarebbe stata una piccola coalizione CDU-Verdi, non un governo di minoranza della sola CDU. E i Verdi non avrebbero strappato quello che i compagni tedeschi sono comunque riusciti ad ottenere. Il vero grande problema è la frattura fra Europa del nord e del sud, con la Francia in posizione intermedia, una frattura che si riflette anche a sinistra e che rende difficile in certi paesi difendere i PIIGS. Come ho già detto non è un discorso che si può fare in poche righe.
Maurizio Giancola

Lorenzo ha detto...

La verità è un’altra, ma non lo è affatto, una verità. Quei tre milioni di elettori che passando di lì per caso, sono entrati in un seggio elettorale del Pd, sono più o meno gli stessi che hanno votato per Prodi, per Veltroni, per Bersani vs Renzi, per Renzi vs Cuperlo e Civati. Nei primi due casi si è trattato più o meno di un corteo con le bandiere, una dimostrazione di appartenenza; nel terzo e quarto caso si è trattato di una scelta sentita e politicamente meditata. La verità è che le primarie del Pd sono una cosa seria, sono bene organizzate, hanno un sacco di controlli (almeno nel Centro Nord e anche in buona parte del Sud). In una parola: funzionano.

Lorenzo ha detto...

I passanti versano ciascuno due euro, ma spesso di più, per cui il finanziamento al partito è ogni volta, di 7/8 milioni. <I tre milioni di partecipanti sarebbero quella parte di elettorato che le varie fazioni del Pd controllano ed indirizzano e non i passanti (meno male che si è capito!) un modo come un altro di far nominare il segretario dall’apparato, operazione che ex comunisti e sinistri democristiani sanno fare a perfezione: ma neanche per sogno! Ma davvero è una asserzione del tutto abitraria, una interpretazione di comodo, una fantasia soggettiva!

lorenzo ha detto...

E smettiamola anche con questa menata del Parlamento delegittimato, che fa da mosca cocchiera al coro dei grillini! La legittimazione del Parlamento, in ogni caso, viene dal fatto materiale che esso opera e produce leggi (ovviamente delegittimate, ma, guarda caso, cui si deve ottemperare). Invece, che Renzi ha fatto il contrario di quanto ha detto, sono ancora incazzatissimo... e lo sono un bel numero di quei passanti che vanno a votare alle primarie del Pd. Cari saluti. Lorenzo Borla

giovanni ha detto...

Caro Borla, le difese delle scelte e dei comportamenti del PD a prescindere lasciano un po’ perplessi. Nei tre casi delle primarie si è trattato di eventi fotocopia con evidenza lampante. Semmai c’è stato entusiasmo, questo si è verificato nella prima occasione, anche se è stata anche allora una sfilata di bandiere, come tu dici, se non altro per la novità e in occasione della scelta dei candidati sindaci, quando la vicinanza fra la popolazione e gli organi da eleggere ha determinato una partecipazione straordinaria e l’apparato à stato battuto nei casi più significativi. Anche nella Russia di Putin e in Cina le leggi vengono approvate dagli organi costituzionalmente competenti e devono essere rispettate, non per una ragione etica, ma perché chi si ribella viene imprigionato. La situazione dell’Italia, con un Parlamento di nominati con modalità contrarie alle disposizioni costituzionali, somiglia ormai a quelle dei regimi autoritari e prepotenti. Ad esempio io sono convinto che il mancato adeguamento delle pensioni al costo della vita (colpire le rendite con la patrimoniale non si può, ma infierire sulla povera gente à sempre consentito) a me è parso un furto di Stato perpetrato da un’oligarchia politica che non si sente più in dovere di rispondere al popolo. I voti del PD sono stati negli ultimi anni sempre disponibili per i provvedimenti più iniqui ed odiosi. Giovanni Baccalini

Lorenzo ha detto...

Caro Baccalini, grazie per la risposta equilibrata. Solo un paio di cose, senza farla lunga: oso dire che la mia difesa del Pd non è a prescindere, perché di critiche e anatemi ne ho pure io. Ma, sai come succede, si reagisce quando le critiche vengono da altri. Per esempio, avendo vissuto all’estero, so bene che si può dir male solo del proprio Paese, mai di quello degli interlocutori. Quindi la mia è una reazione alle critiche che reputo eccessive. Ancora, sono favorevolissimo a colpire le rendite con la patrimoniale. Cordialmente. Lorenzo Borla