sabato 8 febbraio 2014

Paolo Bagnoli: Ripresa

Ripresa? Ormai siamo un po’ oltre la “Ripresa”. Forse ai tempi supplementari, senza escludere un ricorso ai rigori di Paolo Bagnoli Se ancora avessimo un briciolo di speranza, e quindi di fiducia, dovremmo dire: ecco, qualcosa si muove, finalmente! Ma l’Italia, come sostenuto più volte, è l’Italia e, gira e rigira, alla fine la minestra può cambiar sapore, ma gli ingredienti sono sempre gli stessi. Vediamo. Antonio Mastrapasqua ha lasciato la presidenza dell’INPS; il daffare, viste le numerose cariche ricoperte, non gli mancherà. Tutte legittime e non incompatibili, ma poiché ciò è uno scandalo e una vergogna di immani dimensioni, quanto ha permesso che si realizzasse non è da meno. Che in Italia capitano cose impensabili per altri Paesi – che pure perfetti non sono – non è una novità; noi stessi ci stupiamo per il repertorio a disposizione. Ora lo facciamo perché, paese di paracadutisti, tutti cadono dalle nuvole e nessuno sapeva niente. Il presidente Letta – come non fosse lui che guida il governo anche se, vedi il caso recente dei professori che ha visto contrapposti i ministri Carrozza e Saccomanni, non sembra sapere bene cosa si combini dentro il suo gabinetto – si è presentato in tv con toni moralistici e ferma volontà di cambiamento. Si ride e si piange. Se anche Letta avesse i contributi versati forse non farebbe male a pensare alla pensione. Mastrapasqua dall’Inps se ne va, ma non per la ferma posizione di Letta – “ferma”, beninteso, perché ha parlato non muovendosi – ma perché, l’indignazione della pubblica opinione una volta tanto ha prevalso. Non sono servite né finestre, né ricongiungimenti, né la somma anagrafica più gli anni di servizio, né le altre diavolerie in atto; il montare della schifezza è stato sufficiente; il popolo italiano ha dimostrato di essere più forte dell’Inps; speriamo non se ne dimentichi in futuro. Colpisce, tuttavia, il non detto sui motivi delle tante cariche assommate da Mastrapasqua. Esse non sono certo dovute a perizia professionale vista pure la sua vicenda accademica. E’ lo scandalo stesso che ce lo dice: in un Paese in cui è talora pratica corrente non versare agli enti previdenziali quanto prelevato dalle buste dei lavoratori – è perché l’Inpdap è finita nell’Inps se non perché lo Stato ha mancato nei versamenti? – avere il vertice dell’Inps all’interno di un ente torna utile. Il caso dell’Ospedale israelitico è esemplare; se Mastrapasqua non avesse ricoperto la carica di direttore generale e di presidente dell’Inps non sarebbe stato possibile saldare quanto dal primo ente era dovuto al secondo – da sé a sé, insomma – per di più cedendo crediti inesigibili. E’ proprio vero che anche le truffe bisogna saperle fare; occorre l’intelligenza, la furbizia non surroga, ma tanto si riteneva che un’Italia così permissiva avrebbe coperto la malefatta e forse, faceva pure parte del gioco che, ogni tanto, Mastrapasqua ricordasse che nell’Inps c’erano dei buchi: In fondo non aveva torto! A mò di chiosa vogliamo ricordare la signora Fornero, ministro di uno sciagurato governo sapienziale, la quale ha detto che, dopo l’esperienza al ministero, sarebbe potuta andare in pensione, ma ha preferito tornare all’Università. Anche i ministri sapienziali, viene da dire, hanno un’anima: ha dimostrato solidarietà verso tutti quelli che è riuscita a non far andare in pensione anche se, a differenza di lei, non avevano un’università cui tornare. Accontentiamoci; anche la sfrontatezza qualche volta fa sorridere! Un quarto dell’industria si è persa nella crisi – solo Saccomanni annuncia periodicamente la ripresa e forse è già arrivato ai tempi supplementari, ma non è da escludere che alla fine, sempre per rimanere in ambito calcistico, dovrà ricorrere ai rigori – e ci si gingilla verso una deriva al termine della quale tutte le nostre fragilità rimetteranno il conto. Ciò che avviene in questi giorni è devastante; la Repubblica sembra la Costa Concordie, galleggia tutta fracassata nell’immobilità in cui la faccia sempre accigliata della presidente della Camera e quella dal mezzo sorriso del presidente del Senato, sembrano testimoniare la paresi del Paese. E’ chiaro che, in tale vuoto di autorità e di autorevolezza, governo compreso, le pulsioni squadristiche emergano; non siamo alla notte dei cristalli, ma a quella dei lunghi infamanti insulti dei manipoli grillini, agli schiaffi in aula di un ex-magistrato divenuto deputato, al tutti contro tutti in un dilagare distruttivo in cui il tandem Renzi-Berlusconi non esprime niente se non la paura che si esca dal niente e qualcosa di veramente nuovo accada. Inoltre, per sincerità e rispetto verso il Presidente della Repubblica, che per quanto saggio non è esente, nemmeno lui, da errare come tutti gli umani, un errore di fondo lo ha commesso nel riaccettare di essere rieletto perché così ha ancor più deresponsabilizzato un Parlamento che non si rende conto del proprio senso. Doveva fare come fa la Chiesa; quando i conclavi non riescono a sfornare un papa, i vescovi si chiudono dentro e cercano la possibile via d’uscita; maturano, insomma, convergenze e divergenze consapevoli. Non vogliamo, con questo, dire che la furia distruttrice dei grillini sia colpa di Napolitano, certo ha trovato un acqua di coltura libera e il tentativo di governo di cambiamento perseguito da Bersani – cui profittiamo per fare gli auguri di tornare in campo viste le tante bambole che deve pettinare – li ha messi al centro di un movimento centrifugo a cui gli altri, tutti gli altri, non sanno contrapporre niente. Del tentativo di blocco messo in atto dal duo Berlusconi-Renzi ce ne da conferma la legge elettorale in discussione alla Camera; essa non solo fa menempipismo rispetto alla Corte sulle liste bloccate – ma chi l’ha detto poi che i candidati uno li debba conoscere – ma ha un meccanismo di grande gravità che consegna, tramite il malefico premio di maggioranza, a una minoranza, più di quella della tante volte ricordata legge Acerbo, il governo del Paese ad una minoranza assoluta, impedendo, tra l’altro, che finché è in vigore non potranno formarsi nuovi partiti. Essa cementifica la democrazia italiana; quello che ne resta. L’idea che alla sera delle elezioni si sappia chi governa è ridicola come chi la sostiene. Eccetto gli Stati Uniti d’America, in cui il presidente è il governo degli USA, indipendentemente dalla composizione del Congresso, nessun altro Paese lo sa. Alla Merkel per fare il nuovo governo sono occorsi più di due mesi; in Inghilterra la sera delle elezioni non si sapeva altro che il governo sarebbe stato di coalizione. Solo in Francia è dato saperlo, in quanto si vota con il doppio turno, ma quel doppio turno qui da noi non lo vuole nessuno… Infine, ci sia concessa una considerazione che rende più pesante il tutto. Berlusconi e Renzi si sono accordati; le incongruenze del metodo, prima che del merito, sono molte, ma ciò che colpisce è che, giriamola come vogliamo, la visione dell’Italia dell’uno è identica a quella dell’altro. Stupefacente, soprattutto per un partito veltronianamente votato alla vocazione maggioritaria; ma capace di essere maggioranza non lo è più da tempo e le vocazioni, come sappiamo, sono in forte crisi. E se Casini torna da Berlusconi un qualche motivo ci sarà. E’ inutile spiegarlo. I due poli hanno una stessa idea dell’Italia perciò attrezziamoci. Una consolazione però l’abbiamo; ossia che una volta tanto qualcosa torna; vale a dire che, invertendo l’ordine dei fattori, il prodotto non cambia!

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