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martedì 24 aprile 2012
Paolo Borioni: La via socialista per uscire dalla crisi
La via socialista per uscire dalla crisi, di Paolo Borioni p.1-4 del Secolo XIX/My article on french first presidential round
pubblicata da Paolo Borioni il giorno lunedì 23 aprile 2012 alle ore 10.06 ·
L'elezione presidenziale francese giunge ad un crocevia storico decisivo. Intanto colpisce, dinanzi alla nostra ennesima "crisi della politica", fra governi tecnici, nuovi movimenti populistici e possibili nuovi partiti-azienda, che a Parigi competano due politici professionisti, dalla carriera almeno trentennale. Ciò deve far riflettere mentre discutiamo di riforme politico-istituzionali profonde e doverose, ma che devono rimanere europee, senza bizzarri e letali esperimenti.
Soprattutto, però, lo spasmodico interesse suscitato dall’elezione conferma che la Francia ha le caratteristiche per dare una scossa ad una crisi europea che rischia di precipitare. A ciò ambisce una gauche cui spesso è riuscito di lanciare epocali razzi traccianti alle democrazie europee: l'union de la gauche nel 1981, Jospin contro la terza via di Blair, Delors per investimenti europei contro i crudi parametri Euro, senza citare più lontane suggestioni. Anche questo fa parte dell’orgoglio nazionale transalpino, incline a pensare che la guida politica dell'Unione non sia del tutto perduta a favore di Berlino. E c'è, senza dubbio, l'occasione che potrebbe concretizzare queste aspirazioni: la crescente sensazione di inadeguatezza, o per sempre più economisti di nocività, delle politiche di austerità volute da Frau Merkel per tutti. Per questo, secondo i dati, Sarkozy è in difficoltà. A una presidenza già non brillante non giova, ovunque e tantopiù in Francia, farsi sponsorizzare da un cancelliere tedesco che è l'incarnazione stessa dell’ideologia Bundesbank. Al contrario, l'asse Parigi-Berlino, il cosiddetto “Merkozy”, ha favorito finora la campagna delle opposizioni. Questo, peraltro, è solo in parte espresso dal risultato del primo turno di oggi, che comunque vede Hollande e Sarkozy relativamente vicini: sono soprattutto i rilevamenti sul secondo turno a dare un vantaggio di oltre 10 punti al candidato socialista. Forse per tutti i motivi detti molti elettori dei nazionalpopulisti di Marine Le Pen non hanno intenzione di votare il presidente in carica, come invece era accaduto nel ballottaggio 2007. Allora a Sarkozy riuscì un'impresa impossibile per il più “classico” Chirac: unire voto gaullista e destra populista al secondo turno. Proprio grazie alla crisi e alla troppa vicinanza fra Sarkozy e Berlino, forse i socialisti possono contare almeno in parte su quel voto popolare. Questo, più che l’ininfluente gettito, spiega la promessa a effetto di Hollande: un'aliquota del 75% per i milionari. Ben più strategico per lui, nei giorni che separano dal decisivo 6 maggio, sarà spiegare che la leadership francese nella UE si guadagna, oggi, soltanto mostrando un via d'uscita dalla crisi con meno austerità: investimenti, maggiore domanda interna tedesca, maggiori garanzie UE sui debiti pubblici europei, e poi la loro riduzione ma attraverso crescita e occupazione. Qui sta il calcolo politico di Hollande: egli pensa che molti leader europei lo attendano per poi accodarsi a questa linea post-Merkozy, che può interessare governi altrimenti costretti a tagli brutali e ad una democrazia menomata. Anche Bersani e il socialdemocratico tedesco Sigmar Gabriel attendono il segnale da Parigi. Spd e Pd italiano hanno già abbandonato la linea neoliberale, sulla spinta di nuove figure come Orfini e Fassina in Italia. O come Andrea Nahles in Germania, esponente della Parlamentarische Linke, frazione radicale della pur sempre pragmatica Spd. Ma rimangono timidi, in attesa di Hollande. Lui per tutti i motivi detti non ha le loro remore ad aprire davvero un nuovo confronto in un’Europa di democrazie ormai indissolubilmente legate l'una all'altra
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