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martedì 24 aprile 2012
Giuseppe Tamburrano: Per il 120° del PSI
Parliamo di socialismo
a cura della Fondazione Pietro Nenni
http://fondazionenenni.wordpress.com/
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Per il 120° del PSI
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L’area socialista e di sinistra si appresta a celebrare il 120° anniversario della nascita del PSI con molteplici iniziative e manifestazioni. Saranno commemorazioni retoriche o si apriranno nuovi orizzonti? Vi è un avvenire per il nostro sole. Se lo vogliamo!
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di Giuseppe Tamburrano
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E’ un dovere verso il paese ricordare l’avvenimento che ha dato vita al più importante partito nella storia d’Italia. Il PSI ha concorso in modo determinante a realizzare il celebre detto di D’Azeglio: “Fatta l’Italia, ora bisogna fare gli italiani”. E gli italiani in grandissima parte ostili o indifferenti verso la “conquista regia” del paese, grazie alle lotte e alle iniziative socialiste si riconobbero cittadini di una comune patria.
Basterebbe ricordare la lotta socialista per l’allargamento del suffragio universale che fece entrare nello Stato operai, contadini, donne e trasformò un regime oligarchico in una comunità democratica. Ma i “titoli” sono numerosi: con le leghe, le cooperative, i sindacati, i circoli, le sezioni, con l’Avanti!, gli opuscoli, le maestre e i maestri socialisti, le scuole, le cattedre ambulanti, formarono cittadini che impararono a leggere e scrivere ed acquistarono coscienza dei loro diritti.
Non fu facile: i socialisti pagarono un grande tributo di agitazioni, morti, feriti, processi, carcere che rafforzarono la consapevolezza di operai e contadini di essere parte di uno stato e di una collettività.
I socialisti promossero lotte sociali per il pane, il lavoro, la giusta mercede, l’assicurazione contro gli infortuni e la pensione: le lotte per la festa del lavoro e per le otto ore lavorative furono pagine gloriose di quest’ascesa. E sempre più numerosi i socialisti entrarono in Parlamento e sempre più numerose furono le bandiere rosse che sventolavano su palazzi del comune e della provincia.
In una parola, i socialisti contribuirono in modo determinante a fare di servi apolidi cittadini coscienti. Prampolini predicava l’uguaglianza ed esortava i contadini a parlare con il padrone col cappello in testa, se il padrone conservava in testa il suo.
Le “svolte”, i periodi più importanti della storia italiana – il “giolittismo”, la repubblica, il centro-sinistra – furono possibili grazie ai socialisti di Filippo Turati e di Pietro Nenni.
Ma la forza socialista è stata minata e indebolita da un “male oscuro”: lo scissionismo. Pur con diverso nome vi sono state nel partito sostanzialmente due correnti, i riformisti e i massimalisti, che miravano allo stesso fine – il socialismo – ma da realizzare con mezzi diversi, la democrazia o la rivoluzione. E le lotte intestine paralizzarono il partito portandolo alla divisione.
Primo partito alle elezioni del 1919, i socialisti potrebbero conquistare il governo se l’anticlericalismo del PSI e l’antisocialismo del PPI non li paralizzassero. Una parte del PSI lascia il partito per dare vita all’illusione rivoluzionaria comunista: al congresso di Livorno (gennaio 1921) il PSI si spacca e nasce il Pcd’I. Ma invece della rivoluzione proletaria, quella scissione favorirà l’ascesa del fascismo. Come se non bastasse, a quella divisione segue la scissione riformista di Turati e di Matteotti, che indebolisce ulteriormente il fronte proletario.
È doveroso ricordare che Matteotti aveva compreso la natura totalitaria del fascismo e si offrì in olocausto per aprire gli occhi ai compagni e ai democratici, primo caduto della lotta antifascista.
Il PSI fu nella Resistenza e nella Liberazione. Ricordiamo la figura leggendaria del compagno Sandro Pertini. Ma subito dopo la Liberazione ripresero le lotte intestine tra filo e anticomunisti. E il PSI, uscito secondo dalle urne il 2 giugno 1946 (avanti di due punti rispetto al PCI), era chiamato ad avere una grande funzione democratica, essere l’ago della bilancia nell’aspra lotta politica tra comunisti e democristiani. Invece, filocomunisti e anticomunisti si divisero a Roma nel gennaio 1947 e divennero alleati subalterni gli uni della DC e gli altri del PCI.
Nel 1956 il PSI si riscattò dalla sudditanza al PCI e riprese il suo cammino autonomo. E contribuì a dare vita all’alleanza con i cattolici democratici di Fanfani e Moro e al centro-sinistra.
Dopo una stagione altamente costruttiva, il centro-sinistra si appannò, presero radici il clientelismo e il ministerialismo. Io leggevo con tristezza il motto di Pertini che campeggiava nella mia sezione, la sezione Centro di Roma: “I socialisti servono, non si servono del partito”.
Il partito ha avuto il suo presidente, l’amato Sandro, e ha conosciuto l’importante stagione di Craxi che ha dato prova di saper governare e contribuire a fare dell’Italia un paese moderno.
Questo in poche parole è stato il nostro lungo cammino che ricorderemo a 120 anni dall’inizio.
Voglio concludere con una domanda: sarà una celebrazione retorica senza progetti per il futuro del socialismo che la crisi del capitalismo richiama all’impegno con formule nuove? Sarà cioè una commemorazione retorica con un grande omaggio al “caro estinto”, o una celebrazione che aprirà nuovi orizzonti, “nuove vie”?
Perché – ne sono fortemente convinto e i fatti mi danno ragione – vi è un avvenire per il nostro sole. Se lo vogliamo!
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