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martedì 24 aprile 2012
Andrea Ermano: Nel secondo ventennio
EDITORIALE
Avvenire dei lavoratori
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Nel secondo ventennio
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di Andrea Ermano
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La Lega è il più vecchio partito italiano, nato nell’agonia pentapartitica della prima repubblica, cresciuto nella e sopravvissuto alla bufera di Tangentopoli, che ha cambiato per sempre la geografia politica del nostro paese.
Non importa più di tanto che queste parole siano state scritte dal direttore di un grande quotidiano, importa già di più che chiunque potrebbe averle dette o pensate in queste settimane; ma soprattutto importa comprenderne meglio alcuni implicati.
Anzitutto: la Lega è il più vecchio partito italiano? Ma certo che no. Il più vecchio partito italiano è quello socialista, come ben sanno anche i redattori di necrologi un tanto al rigo.
In centovent’anni di storia il PSI è stato dato per morto una mezza dozzina di volte. Già nel 1946, durante la campagna elettorale per la Costituente, Giuseppe Faravelli ricordava che l’Italia tende a violenti sussulti antisocialisti: “Quattro volte [il partito socialista] parve stroncato dai nemici suoi, dai nemici della classe lavoratrice: nel 1894, nel 1898, nel 1915, nel 1925” – e le date in menzione alludono a “nemici suoi” come Crispi, Bava Beccaris, Sonnino e Mussolini.
Nel secondo Dopoguerra abbiamo assistito a due ulteriori "ristrutturazioni" della presenza socialista in Italia, l’una più avvolgente e ambivalente avviata da Togliatti nel 1948, l’altra più rozza e maldestra, innescata nella seconda metà degli anni Ottanta dal senatore a vita Giulio Andreotti, il quale mirava (ed è logico, dal suo punto di vista) a impedire che la fine dell’unità politica dei cattolici si ricombinasse con il crollo post-sovietico del PCI, portando a un’alternativa socialista in Italia, come già era avvenuto in tutti gli altri paesi europei, sprovvisti di magistero morale vaticano.
Verosimilmente Andreotti si prefiggeva "solo" di contenere Craxi condizionandolo sul lato dei finanziamenti illegali. Fatto sta che attivò la sua luogotenente milanese Ombretta Fumagalli Carulli. Ma lo scricchiolio dell’architrave craxiano, dopo la crisi parallela di DC e PCI, aprì un vuoto di potere. La magistratura ritenne di dover assumere la sua famosa "supplenza". S’innescò il famoso cortocircuito mediatico-giudiziario. E venne giù tutta l’impalcatura.
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In secondo luogo: Agonia pentapartitica? Il pentapartito è stato una formula di governo, non un’immagine agonica della prima repubblica.
Si potrebbe contobattere che, però, le forze politiche coalizzate nel pentapartito (DC, PSI, PSDI, PRI e PLI) sono di fatto scomparse con la prima repubblica. Vero fino a un certo punto perché, al di là delle traversie organizzative, restano comunque ferme le ispirazioni ideali – cristiano-democratica, socialdemocratica e liberaldemocratica – cui le forze del pentapartito facevano riferimento. Esse stanno tuttora alla base della nostra Costituzione, che da esse è nata e che quella stessa è rimasta per positiva volontà del popolo sovrano, il quale nel referendum del giugno 2006 ha rigettato la riscrittura del centro-destra.
Si può pensare di governare un paese contro la sua Costituzione o anche soltanto senza le idee che ne stanno alla base? Da come sono andate le cose, siamo portati a dire di no.
Il punto è che alla fine gli equilibri tendono, non certo per caso, a riconvergere proprio sulle ispirazioni ideali alla base della nuova Italia repubblicana. Quindi il pentapartito non c'entra con l'agonia della prima repubblica (identica per altro all'agonia della seconda repubblica). Se proprio si vuol indicare l’immagine di un'agonia repubblicana, non c’è che l’imbarazzo della scelta da Piazza Fontana a Piazza della Loggia, da Via Caetani alla Stazione di Bologna.
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In terzo luogo: Il cambiamento del panorama politico è per sempre? Ci sono infinite costellazioni di potere e contropotere, in un paese come l’Italia, ma un conto è riuscire a navigare, un altro conto è riuscire a naufragare.
Un Paese come l’Italia non può essere capitanato da Bossi e Berlusconi, non senza serie conseguenze. Berlusconi non ha in mente, né mai ha avuto, nessuna idea dell’Europa; e quindi non può avere nemmeno un’idea minimamente definita dell’Italia. Ha battuto nel 1994 la “gioiosa macchina da guerra” di Occhetto alleandosi con Fini e Bossi in una campagna elettorale pirotecnica. Ma poi neanche la Lega è un’idea dell’Italia e quindi nemmeno della "Padania" qualunque cosa essa sia. La Lega parrebbe una sorta di reperto bellico inesploso, che a un certo punto viene fatto brillare, provocando una serie di danni collaterali.
Ovviamente, anche i danni collaterali posseggono una loro irreversibilità: un’irreversibilità umana, troppo umana, padana. Dura un po’ e poi finisce.
Solo diamanti sono “per sempre”, e forse neanche loro.
E infine teniamo presente che il mondo ci osserva: che vogliamo dire agli commentatori internazionali che tengono cicli di conferenze sul tema: “L’Italia dopo Bossi e Berlusconi: il danno è irreparabile?”
Noi speriamo vivamente in un quantum di riparabilità. . . O si vuol far passere un’immagine del nostro Paese danneggiato “per sempre” dalle pazzie di questo ventennio?
Questo è il secondo ventennio che il PSI non se la passa molto bene. Nondimeno, finché ci sono i socialisti, il più vecchio partito italiano non è la Lega.
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