martedì 17 aprile 2012

Franco Astengo: Lettera aperta Bersani sul populismo

LETTERA APETTA RIVOLTA AL SEGRETARIO DEL PD, PIER LUIGI BERSANI, SUL TEMA DEL POPULISMO
Signor Segretario,
Ho riflettuto in questi giorni sull’opportunità di rivolgermi a Lei, al riguardo di alcune dichiarazioni rilasciate sui temi così attuali della “antipolitica” e del “populismo” (riassumo con una terminologia di tipo giornalistico, non esatta, per ragioni di comprensibilità complessiva).
Dichiarazioni che, nel loro complesso e nel mio modestissimo giudizio, mi sono apparse anche offensive nei riguardi delle moltissime cittadine e cittadini che stanno esprimendo la loro indignazione per l’emergere di un degrado nel cosiddetto “agire politico” che appare come una “questione morale” ben più grave di quella che, nel 1993, a seguito delle vicende di Tangentopoli portò a un complessivo riallineamento del sistema.
Il primo riferimento che mi permetto di utilizzare è quello relativo alla frase “Va bene, riduciamo i rimborsi ma basta con il populismo”.
A prescindere dal dato prioritario relativo alla domanda che è necessario rivolgerle al proposito: come giudica il sistema usato dal “cartello” dei partiti per aggirare l’esito del referendum del 1993? è necessario chiarirci sul tema del populismo.
Sintetizzo una definizione del fenomeno prendendo a prestito i contenuti dei migliori dizionari ed enciclopedie del pensiero politico (Bobbio-Matteucci; Esposito-Galli, ad esempio), tralasciando sia la valutazione relativa al populismo americano degli ultimi tre decenni del XIX secolo, sia l’analisi del populismo russo, per dirigere l’attenzione su questo tipo di discorso: s’intende per populismo il concetto di democrazia senza intermediazione, in antitesi alla democrazia rappresentativa.
Appare evidente che, in questa fase della vicenda politica italiana, il populismo si sia affermato e rappresenti già una realtà piuttosto che un’intenzione: non sarà necessario ricordare la forte tentazione populistica presente nel governo che ha preceduto l’attuale, la cui azione fortemente è stata fortemente incentrata sull’idea del Parlamento (e di conseguenza dei corpi politici intermedi) come ostacolo complessivo della governabilità, con la soluzione di un populismo già applicato all’interno dei partiti, a principiare dal PDL quale modello che poi ha fatto scuola, ad esempio, nell’UDC, nell’IDV, in SeL, nel FLI, nel rampante Movimento 5 Stelle, nella Lega Nord ecc, ecc.
Sarà urgente, invece, definire come populista anche la natura dell’attuale governo di destra, formato per via extraparlamentare e sostenuto nelle aule delle Camere da una maggioranza che ha inflitto un vero e proprio “vulnus” al voto espresso dalle cittadine e dei cittadini nel 2008: non nel senso beninteso, come vorrebbe la destra populista sbalzata dal governo, del presunto “tradimento” della maggioranza, bensì dal fatto chele italiane egli italiani furono “costretti “a votare secondo uno schema bipolare che qualcuno pensava addirittura di sottoporre a una torsione “bipartitica” e che, successivamente, si sono visti propinare la soluzione dei due schieramenti accomunati nel sostegno di un governo formato da persone mai elette e/o indicate alle cittadine e ai cittadini, in una situazione di sostanziale “protettorato” retto da una sorta di diarchia.
Questo elemento, unito al vero e proprio scandalo delle liste bloccate, fa sì che il populismo sia portato avanti, con grande forza, dai soggetti maggioritari nel Parlamento Italiano, compreso il suo partito, e non certo dalle cittadine e dai cittadini che, sfiduciati, esprimono una sacrosanta protesta anche nelle forme del silenzio e del prevedibile aumento dell’astensione.
Come avrà potuto osservare non tocco che di scorcio il tema dei rimborsi elettorali sui quali spero proprio sarà aperta una seria riflessione: è necessario, infatti, rispondere alla domanda che le ho rivolto all’inizio, così come sarà indispensabile ragionare sull’entità abnorme del fiume di denaro. Un fiume di denaro del tutto “fuori mercato” che emerge, al netto di eclatanti ladrocini, in una forma e in una dimensione assolutamente inaccettabile in qualsivoglia momento storico, ma in particolare in questo contrassegnato dalla pesantezza di una crisi economica di vastissime dimensioni e il cui costo è stato interamente fatto pagare, fin qui, dai settori più deboli della popolazione, dai lavoratori, dai giovani, dalle donne e dai pensionati.
Si verificano episodi che fanno ben intendere come i cittadini italiani siano stati davvero trattati male da una classe dirigente posta al riparo da qualsiasi giudizio, sia sul piano elettorale, sia sul piano della possibilità di accesso ai mezzi di comunicazione di massa.
Molto brevemente tocco il secondo punto, afferrando nel merito un’altra sua dichiarazione, sempre al proposito del finanziamento dei partiti: “altrimenti – sono sue parole – arriva il pifferaio miliardario”.
Ebbene: il pifferaio miliardario è già arrivato da tempo, e i partiti, miliardari anch’essi, l’hanno brillantemente assecondato, a partire dalla vicenda del conflitto d’interessi, senza riuscire a trovare una soluzione politica che non fosse quella del tutto davvero populistica come l’attuale.
Verrebbe voglia di parafrasare Gramsci “dal sovversivismo delle classi dirigenti” al “populismo delle classi dirigenti”.
Tralascio, per economia del discorso, la storia, che pure sarebbe necessario fare sul com’è stata prodotta la crisi dei partiti e dei corpi intermedi, paventando soltanto, alla fine, quanto previsto oggi sulle colonne del “Corriere della Sera” dal prof. Panebianco che auspica sostanzialmente il ritorno al “partito dei notabili” di settecentesca memoria.
Sbaglio o i grandi partiti d massa furono frutto delle lotte del movimento operaio e rappresentarono un passo avanti decisivo proprio per superare il notabilato (le novità tecnologiche c’erano anche allora, è bene ricordarlo anche ai teorici del “nuovismo” ad ogni costo)?
Grazie per l’attenzione
Savona, li 16 aprile 2012 Franco Astengo

1 commento:

dario ha detto...

Il porcellum in effetti lo hanno invitato, prima di Calderoli, in Toscana, è
il motivo per cui tra il 2006 ed il 2008, pur avendo due anni a disposizione,
si sono ben guardati dal modificarlo
Dario Allamano