venerdì 13 dicembre 2013

Paolo Bagnoli: Domande senza risposta

Dall'ADL Domande senza risposta Solo un recupero della politica è condizione fondamentale per ritrovare il senso di una realtà nazionale con concretezza morale e con conseguente effettiva capacità di governo. di Paolo Bagnoli La decisione della Corte Costituzionale non è giunta inattesa. Già in due sentenze, nel gennaio 2008 e nel gennaio 2013 (quando vennero esaminate le richieste referendarie), la Consulta aveva segnalato i punti di criticità della legge. Ed è grave responsabilità dei Parlamenti precedenti non avervi messo mano. Ora ce la devono mettere per forza. Ma tutto lascia credere che, se la Corte non fosse intervenuta, al di là del gioco di parole, non sarebbe successo niente. Il tutto ci dice quanto sia scaduto il ruolo del Parlamento e su quale livello navighi la qualità di chi vi siede. Se così non fosse, non saremmo dove siamo. Non facciamo l’errore di ritenere che la crisi sia solo il frutto della legge elettorale. Ci sembra, alle prime battute sul nuovo da farsi, che stia prendendo campo una tendenza non bella: ossia di ridurre tutta la questione, e quanto vi è sotteso, solo a un fattore tecnico che permetta di salvare il bipolarismo. Fermo restando che tale confuso sistema ha prodotto un risultato peggiore di quello sostituito, avremmo preferito sentire qualcuno sostenere che, per rimettere il Paese sulla strada della riconquista della politica, una buona legge elettorale può aiutare. Tutti, invece, parlano con grandi additivi demagogici. E tutti sembrano voler ridisegnare il sistema a prescindere dall’insieme della politica democratica della Repubblica. Nessuno che dica come la nostra crisi stia nelle viscere del Paese più di quanto è invece indotto dalla bufera finanziaria. Solo un recupero della politica, e quindi delle istituzioni repubblicane, è condizione fondamentale per ritrovare, da una parte, il senso di una realtà nazionale con concretezza morale; e per elaborare, dall’altra, scenari politici veri, con conseguente effettiva capacità di governo. Non si può ridurre la tematica della governabilità a un processo di tassazione che sta strangolando il Paese. Né ci si può ridurre a rappresentare un’Europa che non esiste; ad annunciare, come fa il ministro Saccomanni, una ripresa che, come l’orizzonte, si allontana quanto più uno ci si avvicina; a sopportare un sistema bancario – unico vero impegno della politica europea – che non assolve, peraltro, al proprio ruolo; a ritenere che la questione dell’Italia stia esclusivamente nel pagare più tasse e meno pensioni. La si smetta di strologare sui giovani, la ricerca e compagnia cantando: in Italia, come in ogni altro Paese del mondo, il problema dei giovani va di concerto con quello che giovani non lo sono più. E, come si è visto, strapazzare questi ultimi non porta nessun giovamento ai primi. Infine, la si smetta di prendersela con la Costituzione che con la crisi non c’entra nulla, ma anzi indica ancora il riferimento per il presente e il futuro della Repubblica. Vedremo cosa sarà scritto nelle motivazioni della Consulta, ma nel comunicato dei giorni scorsi, dietro la terminologia giuridica, ritroviamo un dato importante. L’abolizione delle liste bloccate e il ritorno alla scelta del parlamentare da parte dei cittadini, significa porre sul tavolo, al di là degli aspetti propri di legittimità costituzionale, la grande questione del ritorno della gente nella politica, il superamento delle forme di controdemocrazia in atto. Con la cancellazione dei partiti politici, identitari e soggetti del “mandato politico”, sostituiti da movimenti di ceti di potere, o aspiranti tali, oppure da "contenitori" utili solo alla conquista del governo, la gente è scomparsa dalla soggettività politica. Lo spirito democratico della Repubblica si è fortemente affievolito portando con sé la crisi della legge, della sua legittimità intrinseca e, pure, del suo doveroso rispetto. Confermano tutto ciò le primarie del Pd – ma il termine primarie è improprio poiché esso significa selezione e non scelta definitiva. Invece che primarie sarebbe più corretto definirle ultimative. Ora anche la Lega ha usato il sistema delle primarie-ultimative, solo che il diritto al voto era riconosciuto solo agli iscritti. Su sponde diverse ce lo conferma anche il sistema del social network su cui si fonda il grillismo. In maniera diversa, ma con medesima sostanza, si colloca la rinascita di Forza Italia fondata addirittura sull’esercito di Silvio. In conclusione, si va alla ricerca della gente per avere ruolo politico poiché è proprio la gente a costituire il nerbo della politica democratica. Ma si tratta di soluzioni fortemente intrise di demagogismo che coprono la polvere sotto il tappeto. Nel caso del Pd, poi, il fatto che il segretario venga eletto indipendentemente dagli iscritti, ma da chiunque cittadino lo voglia votare, non significa che il votante sia un soggetto attivo; questo significa solo che all’eletto viene conferito un potere assoluto e se il partito venisse a trovarsi in disaccordo con lui, il voto della gente che lo ha espresso colloca il capo sempre dalla parte della ragione. Così il partito altro non è che il suo segretario. E la chiamano partecipazione. In realtà, è l’istituzionalizzazione di un populismo autoritativo. Ritenere che un tale modo di agire sia un tassello della ricostruzione democratica è un tragico errore e accelera il movimento verso un sistema senza partiti – come teorizza del resto Casaleggio. Stiamo scivolando verso una democrazia commissaria. In un attacco di estasi verso le primarie, Arturo Parisi ha esplicitato tutta la sua “insoddisfazione” per i “congressi riservati agli iscritti.” Ma, di grazia, a chi dovrebbero essere riservati i congressi se non agli iscritti? Oppure è ipotizzabile un partito senza iscritti? Domande destinate a rimanere senza risposta. I rischi impliciti sono grandi. D’altronde c’è anche qualche autorevole politologo che, dalle pagine di autorevolissimi quotidiani, sostiene che dalla crisi di sistema si esce con l’uomo delle decisioni ché, se così fosse, il campo per l’affermazione d'interessi particolari sarebbe sgombro… O non avverrebbe invece l'inarrestabile sprigionamento di quelle forze che cercano di arraffare quanto possa loro procurare profitto? Da un sistema democratico-parlamentare transiteremmo in uno d'interessi e la politica smarrirebbe definitivamente se stessa non avendo più senso di sé quale azione collettiva.

1 commento:

felice ha detto...

Bagnoli dimostra che non bisogna essere laurati in legge per capire l'essenza
della decisioni, anzi salvo poche eccezioni che stanno sulle dita di una mano e
ne avanza una, la casta dei costituzionalisti, anche quelli che passano per
democratici, progressisti e vestali della Costituzione, è stata assente dalla
battaglia. Il Parlamento è stato inerte,ma anche la magistratura per 4 volte è
stata sorda all'appello della Corte di inviarle la questione di
costituzionalità: di questo ho parlato solo io davanti alla Corte
Costituzionale. Ora ho predisposto la prova di appello l'impugnazione della
legge europea, un europorcellum.


Felice Besostri