giovedì 19 dicembre 2013

Pia Locatelli: "Ora in Cile riforme possibili"

Pia Locatelli: “Ora in Cile riforme possibili” In Cile due donne candidate a guidare il Paese e per la seconda volta una presidente, mentre in Italia i vertici della politica sono ancora un appannaggio tutto maschile. Sono più avanti di noi in tema di parità e diritti? Non direi. Il fatto che per la seconda volta ci sia una donna alla presidenza e che questa donna sia una socialista è senza dubbio un bellissimo segnale, così come lo è il fatto che la sinistra per vincere nuovamente abbia avuto bisogno di una donna, ma nel campo dei diritti e della parità di genere il Cile non è un Paese avanzatissimo. La stessa Bachelet, nel corso del suo precedente mandato, non ha firmato la convenzione del Cedaw (Il protocollo per l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne), e nel nuovo parlamento la percentuale femminile non supera il 15,8% alla Camera e il 18% al Senato. Il fatto che vi siano state due donne al ballottaggio non è un segno di avanzamento: la destra ha candidato la Matthei, sperando proprio di annullare il vantaggio di Michelle in quanto donna. Ma la Bachelet non è stata eletta perché donna, ma perché è brava. Il forte astensionismo e il voto di protesta gettano ombre sulla vittoria socialista e sono molti quelli che rimproverano la presidente di non aver fatto nel precedente mandato le riforme promesse. Molte cose non si sono potute fare a causa dei vincoli della Costituzione che prevede un quorum qualificato per poter attuare alcune riforme come quella per l’aborto terapeutico, per l’istituzione del matrimonio egualitario o per il primato dell’istruzione pubblica, che è stato il cavallo di battaglia della Bachelet in questa campagna elettorale. Per questo in molti hanno chiesto nella scheda una nuova Costituzione e non a caso la riforma della Carta rientra tra le prime cose annunciate da Michelle dopo la sua elezione. Adesso che la destra, come è avvenuto nelle precedenti legislature, non ha più i numeri per bloccare le riforme sono convinta che i risultati ci saranno. La Bachelet ha promesso di fare 50 riforme in 100 giorni, obiettivo non semplice tanto più che molte di queste presuppongono un aumento delle tasse. Lei stessa ha detto che non sarà facile… Sì lo ha detto, ma anche aggiunto: “Ma quando mai è stato facile cambiare il mondo”. In Cile esiste ancora un gap spropositato tra ricchi e poveri e per ridurlo è necessario un aumento della pressione fiscale sui ceti più ricchi e sulle società. L’aumento delle tasse servirà anche a riformare le strutture politiche ed economiche risalenti alla dittatura del generale Pinochet e ad offrire un’istruzione universitaria gratuita. Attualmente, infatti, gli studenti universitari cileni pagano tasse universitarie tra le più alte al mondo. Per portare avanti queste riforme la Bachelet potrà contare anche sull’appoggio dei tantissimi giovani che l’hanno votata e su quello di una terza donna, la portavoce del movimento studentesco sceso in piazza contro il governo di Piñera, Camila Vallejo, candidata con il Partito comunista che ha avuto un seggio in Parlamento. Tu sei stata in Cile più volte e hai conosciuto personalmente la Bachelet, un giudizio politico e umano. Le due cose inevitabilmente si intrecciano. Ricordo l’emozione che ho provato il giorno della sua prima elezione: Lagos, il presente uscente, aveva scelto una donna a sostituirlo, aveva vinto la democrazia, aveva vinto una socialista, aveva vinto una donna. Quello che colpisce maggiormente di Michelle è la coerenza. Lei veramente dice quel che pensa e fa quel che dice. È una donna simpatica e diretta, ma non è una sprovveduta. Sa misurare le sue forze e sa quando bisogna rinunciare a una battaglia perché non si è in grado di vincerla. Sicuramente merita la stima di cui gode, ma soprattutto è una garanzia per le minoranze, perché non vieterà mai a chi non è d’accordo con le sue politiche di manifestare per esprimere opinioni diverse. Il processo di pacificazione in Cile si può dire definitivamente compiuto? Direi di sì. Dal plebiscito dell’88, quando i cittadini ebbero il coraggio di dire no a Pinochet, il cammino democratico è stato costante e va dato atto al governo socialista di Lagos di aver portato avanti questa delicatissima fase di transizione senza traumi facendo in modo che la cittadinanza tornasse ad avere fiducia nelle sue istituzioni, mettendo da parte l’odio, la vendetta e la violenza. In questo processo è stato molto importante affrontare il problema delle violazioni dei diritti umani accadute durante la dittatura. Il Paese non avrebbe capito se non si fosse chiarito quello che era successo nel passato. È stata fatta giustizia, per quanto si potesse fare, ma non c’è stata vendetta. / http://www.avantionline.it/ Sullo stesso argomento leggi anche: Il Cile archivia la destra di Piñera, di Sara Pasquot > va al blog dell’Avanti!

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