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lunedì 16 dicembre 2013
Mauro Sentimenti: Il corpo elettorale non è un bancomat (e il conflitto non è un pranzo di gala)
Il corpo elettorale non è un bancomat (e il conflitto non è un pranzo di gala)
Dopo la dichiarazione di incostituzionalità della legge Calderoli e l'elezione di Renzi
E’ accaduto quel che molti non immaginavano : la Consulta ha affondato la Legge Calderoli (premio di maggioranza senza soglia, liste “bloccate”) e , soprattutto, l’idea che le leggi elettorali non fossero costituzionalmente “giustiziabili” (perché ritenute indipendenti dalla legge fondamentale). Aveva quindi ragione Carlo Lavagna, il giurista che già nel 1952 sosteneva che il rispetto della Costituzione impone al legislatore il vincolo dell’uguaglianza del voto sia in entrata (il valore del voto è uguale per tutti) che in “uscita” (la trasformazione dei voti in seggi deve avvenire senza “stravolgere” il principio tot voti/tot seggi) e che nel rapporto rappresentatività/governabilità, la seconda dovrebbe essere costituzionalmente subordinata alla prima. Il bipolarismo deve in sintesi trovare un punto di equilibrio con la rappresentanza. La legge bocciata (Camera ipergovernata e Senato tendenzialmente in-governabile) e’ stata un buon esempio di eterogenesi dei fini di partiti senza radici: si è finiti nelle sabbie mobili di un sistema autoreferenziale, del quale la legge elettorale dichiarata incostituzionale era in perfetta simbiosi (per 8 anni si è gridato in modo farisaico all'innocente “porco”, mentre il sistema politico nel suo insieme di fatto lo utilizzava senza pudore ). In assenza di reale rappresentatività non si è pensato a come recuperarla ma a farne definitivamente a meno. Da qui , assieme al perdurare dell'egemonia delle culture neoliberiste, una serie di conseguenze a catena: la rielezione di Napolitano, il governo PD-PDL , la liquefazione delle alleanze pre-elettorali (SeL da una parte, PD dall'altra), Parlamento e governo Letta privi di sufficiente autorevolezza e credibilità nel paese. Situazione nella quale le politiche di governo alimentano senza sosta il populismo (ormai conclamato) di Grillo, che mostra patetici ma pericolosi tratti autoritari, il ribellismo dei “forconi” (dove sono presenti sofferenza e disperazione sociale, frutto delle diseguaglianze cresciute dal 2008) spazio del quale tenta di impadronirsi l'estrema destra, la solitudine della Fiom e dei suoi sacrosanti obiettivi, la deindustrializzazione galoppante. In questo contesto il congresso del PD ha certificato la fine, ufficiale, della parabola postcomunista e dei suoi gruppi dirigenti. La fine reale era già avvenuta diversi anni prima con la perdita di ogni funzione effettiva nell'ambito del conflitto che opponeva/oppone il lavoro, in tutte le sue forme - e la società che tende all'uguaglianza che lo stesso lavoro alimenta, nella sua versione socialista organizzata - agli interessi economici dominanti. Come altro si può descrivere un ceto dirigente che negli ultimi 20 anni non ha contrastato, e viceversa ha oggettivamente favorito con la sua subalternità culturale, il trasferimento di ricchezza , dal patrimonio pubblico -sociale alle privatizzazioni, di 15 punti di Pil da salari e pensioni a rendita (e in misura minore a profitti?). Quel che è accaduto non è quindi frutto della stolida supponenza, di quello stesso ceto dirigente, di poter contare sulla “lealta” indistruttibile di una base cresciuta nel PCI; è frutto dell'assenza di una funzione reale svolta in quel conflitto (esattamente l'opposto di quel che dice la retorica discorsiva sulla quale è cresciuto l'albero del PD). Cuperlo (che aveva sostanzialmente condiviso quella visione del mondo subalterna), ha messo la faccia, elegante e pulita, ma nulla di più poteva ormai fare. Renzi , nuovo segretario del PD a furor di popolo, è tale perché collettore , a torto o ragione, della profonda frustrazione collettiva nata dall'aver perso, la base sociale del centro sinistra, tutti i conflitti più importanti. Se la frustrazione produrrà nelle mani del nuovo ceto dirigente qualcosa di più di una cosmesi resta da vedere. Ma è su questo crinale che esso dovrà essere valutato. Due essendo le sole domande utili: chi pagherà per fare cosa? Diminuiranno o no le diseguaglianze? Attendiamo risposta. Dalla quale dipenderà ogni discorso su SeL.
Mauro Sentimenti (Ragioni del socialismo - Modena)
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