La situazione politica
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MA LA CGIL
SI OPPONE
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Il no che la CGIL ha detto, chiaro e inequivocabile, alle proposte della ministro Fornero non solo è dettato da ragioni condivisibili, ma esso segna anche – in una situazione nella quale un mix malmostoso di responsabilità e indefinito europeismo, servono a celare ben altro – la svolta a destra rappresentata dal governo Monti.
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di Paolo Bagnoli
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L’aggressione all’art. 18 non porterà utile alcuno alla questione degli investimenti in Italia, ma serve solo a sterilizzare un simbolo politico e civile riguardante il ruolo dei sindacati; ovvero ritenerli come una forza che è di impedimento allo sviluppo del Paese.
Si prepara già il colpevole prima ancora di commettere il peccato! Ciò è inaccettabile sul piano più elementare della concezione democratica poiché il sindacato non è solo l’espressione di tutela del lavoro dipendente, ma costituisce una istituzione della democrazia. Lo sviluppo del governo Monti per ora è mera rappresentato solo da quello delle tasse per coloro che l’hanno sempre pagate; il resto è solo mediatizzazione che copre il vuoto poiché una vera lotta all’evasione fiscale non si fa così come la si vuol rappresentare. Nella svolta a destra è insito il convincimento del liberismo mercatista per cui è giusto e quasi inevitabile che i più paghino per quelli che hanno di più.
Che Berlusconi sia andato a casa è fuor di luogo positivo e il governo che ne è seguito conferma un vecchio andazzo: che dalle crisi democratiche si esce a destra. Il caso italiano lo conferma. Si dice che non vi era altra scelta: in sostanza, che non poteva essere fatto diversamente e ciò dicendo si grida anche che la vitalità della democrazia si è esaurita poiché, quando una democrazia parlamentare ritiene di avere una ed una unica scelta ciò significa che essa non è più tale. Anche un esecutivo di emergenza nasce quale scelta tra altre possibili scelte; certo che ciò richiede un Parlamento non come quello che ha l’Italia adesso, ma il modello Monti – da taluni addirittura indicato come quello anche per il futuro – non assolve la questione. E alla lunga anche la manifesta e continua copertura da parte della Presidenza della Repubblica finisce per artare l’assetto costituzionale in un presidenzialismo improprio.
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La segretaria generale della
CGIL, Susanna Camusso
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La controprova la abbiamo dalle dichiarazioni stesse di alcuni membri del governo, secondo la Fornero, chiamati a fare addirittura, se non abbiamo capito male, un lavoro sporco! Ma dove siamo: un ministro è lì per fare un lavoro sporco? L’espressione non si regge nemmeno per metafora. Buttare a mare la concertazione, fondare l’etica del lavoro solo sul licenziamento facile e addirittura agevolato, ritenere che, per il semplice fatto che la fiducia vera al gabinetto non viene dal Parlamento, ma da altro autorevole luogo, autorizzi a procedere per decreto e voti di fiducia – chissà se anche questa procedura la chiede l’Europa – è solo il segnale pericoloso di un involuzione che bisogna contrastare. L’Italia, ma così anche altri Paesi europei, deve essere tutelata dalle sue istituzioni nella sua libertà, compresa quella di scegliersi i primi ministri senza che questi abbiano, come prerequisito, quello di legami con agenzie e gruppi finanziari internazionali che hanno quale esclusivo loro interesse quello di destrutturare socialmente quante più aree europee possono a fini di profitto. E poi lo chiamano mercato.
La verità è che l’Italia è andata economicamente meglio fino a quando una parte consistente dell’industria nazionale – banche comprese - era sotto l’egida dello Stato senza che ciò umiliasse né il mercato, né gli investimenti, né lo sviluppo. Non solo, ma a ben vedere, la stessa ricerca che si predica come segno dell’essere universitario, che non è nelle condizioni di farla in modo serio e organico, la grande industria statale la faceva, di qualificata e vincente e pure apportatrice di sviluppo.
Con il no della Cgil, al di là dello specifico sindacale, ciò che è venuto al pettine è la crisi politica che il Presidente della Repubblica cerca di non far deflagrare; ma se non vi sarà decreto o voto di fiducia, sarà difficile che il quadro di calore in cui è avvolto il governo si mantenga tale; Europa o non Europa. E qui il Partito democratico gioca, come si suol dire, la “sua nobilitate” visto che, se pur impropriamente, qualche volta si definisce “di sinistra” dopo essere nato sciogliendo la sinistra e dichiarandola una categoria superata.
Vedremo, ma certo, tutto dice che, giorno dopo giorno, urge la ripresa di iniziativa di energie socialiste che sono poi quelle che, storicamente, rappresentano, le stesse della democrazia italiana.
4 commenti:
Con tutto il rispetto per l'opinione di Paolo Bagnoli, mentre richiamo sul merito della questione quanto oggi scrive Luciano Gallino su La repubblica, dissento tuttavia dall'accusa rivolta al Presidente della Repubblica xhe "arterebbe" l'assetto costituzionale.
A me non sembra affatto.
Egli sta solo indicando la via della responsabilita', che passa anche attraverso al riforma del merato del lavoro, i cui termini - considerandosi che il Presidente Napolitano ha convenuto ( a proposito di "salve intese") con Il Governo che si pratichi la via del disegno di legge, e non gia' del decreto legge, compete in definitiva al Parlamento definire in concreto.
Casomai il problema e' di merito e ancora una volta, a mio parere il Gallino di oggi docet.
Ma non e' certo possibile ritenere che ogni posizione assunta dalla CGIL sia di per se' "irrinunciabile"., quando , e in tal caso cito l'editoriale odierno di Eugenio Scalfari, nemmeno i precetti chiesastici possono laicamente essere considerati verita' immuabili.
E nermmeno, a fronte della problematica dei licenziamenti individuali per motivi economici, di cui la legge italiana si e' occupata per impedirli se non sorretti da giustificato motivo oggetttivo sin dal 1966 (Governo di Centro- sinistra) e poi con l'art.18 dello Statuto dei lavoratori, possiamo nascondere la testa sotto la sabbia a fronte del dramma dei licenziamenti di massa per riduzione del personale, oltre che delle decine di migliaia di fallimenti.
Forse e' in gioco un modello di sviluppo, ma e' possibile pensare ad un altro modo di produrre, distribuire, consumare?
Antonio Caputo
Io credo che proprio pensare ad un nuovo modo di produrre, distribuire e consumare, al fine di proporre un modello sociale alternativo a quello oggi imperante, sia un preciso dovere, per chi si dice socialista comunista ambientalista e più in generale di sinistra, verso le presenti e le future generazioni.
Per me questo è essere responsabili. Roberto D' Ambra
A me sembra che le insistenti pressioni sui partiti perché accettino le ricette, o non ricette, di Monti e l’evidente condizionamento del Parlamento da parte del Presidente sollevino questioni di costituzionalità e comunque si inscrivano nel processo da tempo in corso di trasformare la nostra democrazia in un fatto meramente formale. L’instaurarsi di una costituzione materiale in sostituzione di quella scritta costituisce una deriva che non si è affatto fermata con la caduta di Berlusconi. Giovanni Baccalini
Un presidente sulla via del Presidenzialismo
Gianni Ferrara ha ben argomentato sul "manifesto" di domenica scorsa la "svolta" presidenzialista – molto poco costituzionale – di un Napolitano sceso, pesantemente, nell'agone politico su materie e assetti politico-partitici "delicatissimi". In verità non è stata questa la prima volta, ma è certo quella – sino ad ora – più significativa. D'altra parte la diponibilità di certa "destra-Pci" ad involuzioni presidenzialiste ("democrazia governante") data dalla metà degli anni Ottanta.
Francesco Martelloni
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