Le ceneri di Gramsci e…. quelle di Turati
Immersi ormai nel tempo del governo degli “ottimati” sembra proprio che ci si debba adeguare.
O si dispone di “credenziali scientifiche”, o si deve tacere, anche se non per sempre, semmai per tutto il tempo necessario a formarsi almeno un poco delle suddette ed indispensabili credenziali, e nel tempo di mezzo ci si affidi all’idolatria dell’autorità riconosciuta, come si sa come si può.
So bene di valere assai poco intellettualmente parlando, e nei panni di cittadino semplice, per lo studioso prof. D’Orsi che di “credenziali scientifiche” dispone “ad abundantiam” continuo a nutrire stima e ammirazione, ma l’articolo per “la Stampa” del 15 marzo scorso, da lui dedicato alla diatriba dialettica che si aperta in seguito al libro di Orsini recensito su la Repubblica da Roberto Saviano, che se non altro ha avuto il merito di svegliare un poco di attenzione per le figure dimenticate (dai cittadini italiani) di Turati e Gramsci, a mio “semplice” parere, abbonda anche di una sorta di malanimo che appare in qualche modo pregiudiziale e che tracima, al momento di definire le……
…. “interessate approvazioni” [per il “Saviano, del tutto ignaro, tanto di Gramsci, quanto di Turati”], “nella residua e un po’ appartata cultura socialista (in particolare sulla mailing list del Circolo Rosselli)”.
Non solo privo di credenziali scientifiche, ma lettore, solo lettore, di qualche pagina di Gramsci, forse abuso dell’art. 21 della nostra Costituzione prendendo ancora la parola, e mi aiuto (giusto per non dare nemmeno l’impressione di voler millantare un credito che non ho) con il “Dizionario Gramsciano – a cura di Guido Liguori e Pasquale Voza, dove alla voce “intransigenza – tolleranza” trovo attribuito a Gramsci ….
“che si può essere intransigenti nell’azione solo se nella discussione si è stati tolleranti”….
Ma poi anche quest’altro pensiero….
“… non deve esserci tolleranza alcuna «per l’errore, per lo sproposito», giacché «libertà di pensiero non significa libertà di errare e spropositare».
Ed io capisco che bisogna essere “intolleranti” quindi per l’errore, ma leggo ancora che Gramsci…. concepiva come….
“unica intolleranza da avversare quella che è il portato «dell’autoritarismo o dell’idolatria […]»
Insomma come è umano che sia, anche nella mente di un genio, un bel guazzabuglio, dove una idea si ribalta nel suo contrario e poi di nuovo nel contrario del contrario.
In un mio imprudente intervento precedente ho sostenuto che Roberto Saviano (per quanto sia a digiuno di studi gramsciani) abbia aiutato i riformisti a sentirsi meno soli, anche sottolineando come……
“il pensiero di Gramsci non potesse essere confinato nel tratto violento, [preso a riferimento per il suo saggio da Alessandro Orsini per il suo libro intitolato Gramsci e Turati. Le due sinistre (Rubettino)] perchè “le sue parole risentivano l’influenza della retorica politica dell’epoca, che era (non solo a sinistra) accesa, virulenta, pirotecnica”.
Le critiche formulate dal prof. D’Orsi sono certamente in linea con il Gramsci che si voleva intollerante con l’errore, ma perdono di vista a mio modestissimo parere che proprio praticando a sua volta quella rimozione della contestualizzazione, che addebita a Orsini e a Saviano di conseguenza, anche lui confina “tutto intero” l’altro, nel tratto più stupido (che non di rado poi sfocia anche in violenza di vario tipo) che appunto nell’altro fatalmente scorge…. e sottovaluta il ruolo che i “comunisti” di oggi continuano ad avere, nel cercare di rendere la cultura socialista sempre più residuale e appartata.
A mio parere, perchè con ogni probabilità con Grasmci, magari un Gramsci rimasticato non a sufficienza ma spacciato come maestro, considerano tuttora la cultura socialista un errore spropositato verso cui marcare intolleranza… e questo non aiuta in Italia, la rinascita dalle sue ceneri di una “sinistra” senza aggettivi, ma che inevitabilmente nel socialismo e nella sua frazione comunista, non può che affondare le radici.
Se mi si perdona l’ardire, anche delle “ceneri di Gramsci” si potrebbe fare da parte di tutti miglior uso, e se proprio non ci si riesce, ci si ristori almeno con quelle cantate da Pier Paolo Pasolini.
Vittorio Melandri
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