Messaggio al convegno di Genova del 30-06-12
Carissimi compagni, la grande distanza e la impossibilità di muovermi dalla remota mia terra lucana, mi impediscono di essere fisicamente presente con voi. Ma con la mia mente ed il mio cuore starò nella sala Sivori dove nel 1892 nacque il socialismo italiano e con esso la sinistra. Perché non esiste una sinistra senza aggettivi. E’ il socialismo che da senso e significato ad una parola che altrimenti indicherebbe solo un luogo geometrico.
Sono tempi difficili e duri. Viviamo una crisi strutturale profonda del modello capitalistico che ha dominato per gli ultimi 25 anni. Un modello che ha prodotto gravissime diseguaglianze e squilibri economico- sociali, la minaccia concreta di una crisi profonda della democrazia, regressione civile e culturale. Più che mai è attuale la parola socialismo e la alternativa che Rosa Luxemburg indicava in “socialismo o barbarie”.
La storia è implacabile e ci ha detto che un socialismo separato dalla democrazia e dalla libertà è destinato ad un tragico fallimento (comunque evidente già prima dell’89). Il socialismo democratico è l’unica sinistra possibile che può dare speranza alle istanze di riscatto ed emancipazione delle classi lavoratrici e dell’enorme numero di poveri che le contraddizioni del capitalismo provocano. Il socialismo democratico è stata la più grande forza di progresso e di giustizia sociale dell’età contemporanea. Sotto la sua spinta si è creato in Europa il modello sociale più avanzato e rimasto ineguagliato. Ma saremmo degli ingenui se non vedessimo, accanto ai suoi grandissimi meriti, i limiti, le contraddizioni, le viltà politiche e gli stessi tradimenti degli ideali socialisti che pezzi significativi del socialismo europeo hanno consumato. Non da ultima, la subalternità mostrata verso il pensiero unico neoliberale, la deriva moderata e l’abbandono di un serio progetto di trasformazione sociale, che ha caratterizzato alcune esperienze socialdemocratiche dell’ultimo quindicennio, fino alla condivisione di logiche imperiali e guerrafondaie (è il concreto esempio di Blair). Ora sia pur con fatica il socialismo europeo sta venendo fuori da quelle derive. Merito soprattutto dei compagni socialisti francesi che si sono sempre opposti alle derive neoliberali e che oggi sono stati premiati con la grande doppia vittoria nel paese transalpino. Ma, in un mondo caratterizzato da forti ed irreversibili interdipendenze, i compagni francesi non possono fare molto, se la loro linea non diventerà patrimonio comune di tutto il socialismo continentale. Per cui tutti noi dovremmo compiere adeguati sforzi affinchè questa sinistra possibile ridiventi tutta intera coerente con i valori ed i principi del socialismo democratico. A noi socialisti italiani Riccardo Lombardi e Rodolfo Morandi ci hanno insegnato che i partiti non sono che strumenti, sia pur essenziali, per realizzare un progetto politico. Paradossalmente affermo che se il PSE non si dimostrasse in grado di esserne all’altezza ne dovremmo costruire un altro. Ma sempre un partito finalizzato a costruire il nuovo socialismo democratico nel XXI Secolo, e non un astratto, astorico ed impalpabile neocomunismo trascendentale (il termine è di Giorgio Ruffolo).
Ho detto paradossalmente, perché credo che il PSE di oggi, pur con i suoi limiti ed i suoi ritardi è l’unico campo dove si può costruire una alternativa in positivo alla grave crisi del capitalismo liberale. Ma per fare questo ci vuole una politica socialista sovranazionale ed un PSE vero partito transnazionale. Un socialismo intrappolato nei confini nazionali è destinato a soccombere. Una sinistra che resti subalterna al pensiero liberista non è socialista. Ma anche una sinistra velleitaria, minoritaria, astrattamente antagonista è la migliore alleata della destra. Pensare come Ferrero o l’ultimo sciagurato Lafontaine che la sinistra si possa rigenerare sulla rovina del PSE è demenza pura. Nessuna Syriza ci salverà. Con costoro è difficile interloquire seriamente. Il nostro sentiero è quello tracciato dal “Manifesto per una Alternativa Socialista Europea” .
Cari compagni, non perdiamoci attorno alla ipotesi di una impossibile rifondazione del PSI. La scomparsa del PSI – sia per proprie colpe, sia per la ignobile demonizzazione del socialismo – ha lasciato un vuoto enorme e terribile a sinistra che nessuno è stato in grado di colmare. Ma non è certo resuscitando (e talvolta malamente) una sigla che potranno rivivere gli ideali socialisti. Così come ci dobbiamo convincere che il Pentapartito è stata la tomba del PSI. E cosa ben diversa dalla stagione riformatrice del primo centrosinistra. Oggi dobbiamo recuperare il patrimonio migliore di quel socialismo riformatore degli anni 60 che vide in Nenni, Lombardi, Santi e Brodolini i suoi punti di riferimento. E’ quella cultura politica di cui una sinistra da rifondare ha bisogno. Una sinistra del lavoro e del socialismo europeo in cui non valgono tanto le provenienze ma gli obbiettivi. Ma tali obbiettivi li potremo raggiungere solo con una forte ricostruzione della cultura politica in cui gli ideali più autentici del socialismo italiano giochino un ruolo centrale. Buon lavoro, compagni cari.
PEPPE GIUDICE
Nessun commento:
Posta un commento