Carissime compagne e carissimi compagni,
la ricorrenza della nascita del Partito Socialista Italiano riguarda da vicino tutte e tutti coloro che oggi sono impegnati nella difficile opera della ricostruzione di una moderna sinistra nel nostro paese e in Europa.
Nel lontano 1892 il Partito Socialista nacque sulla spinta di una capacità di autorganizzazione del mondo del lavoro. Le leghe, le cooperative, lo sviluppo delle lotte, la partecipazione concreta e ideale a un tempo a un movimento di lotta e di emancipazione che da subito fu europeo e internazionale sono state le basi da cui nacque il Psi. In quel modo il Partito Socialista divenne la naturale guida politica di un movimento operaio che prendeva coscienza di sé. La classe in sé diventava classe per sé.
Il secolo abbondante che ci separa da allora dimostra, se ce ne fosse bisogno, che il progresso è solo un’illusione, quando non una velina ideologica per magnificare le sorti delle classi dirigenti. Infatti dopo decenni e decenni di grandi lotte, di conquiste, di vittorie, ma anche di dure sconfitte e disillusioni, ci troviamo al punto che non esiste nel nostro paese nessuna forza politica che sia in grado, per volontà e capacità, di rappresentare il lavoro.
Certamente quest’ultimo non è quello di allora. Il lavoro umano si è complessificato. E’ perfino difficile tracciare certi confini un tempo netti, come quelli tra lavoro intellettuale e lavoro manuale, tra lavoro creativo e lavoro esecutivo, tra lavoro professionalizzato e lavoro povero, tra lavoro autonomo e lavoro dipendente, tra lavoro stabile e lavoro precario. Le classi dirigenti hanno fatto di tutto non solo per dividere il mondo del lavoro, per sminuzzarlo sia politicamente, sia sindacalmente, sia giuridicamente, ma anche per contrapporne una parte all’altra.
Tuttavia non rinascerà una sinistra in questo nostro paese se non partendo dalla capacità di rappresentare politicamente le istanze del mondo del lavoro in tutte le sue variegate forme. Per questo la ricostruzione della sinistra va di pari passo con la capacità di affinare la critica del capitalismo e di prospettare il suo superamento e con la presenza attiva nei movimenti reali che vogliono un’alternativa di società.
Come vedete non ho messo aggettivi al termine sinistra. Non ne ha bisogno. Le divisioni del passato, quelle tra comunisti e socialisti, fra riformisti e rivoluzionari, fra partitisti e movimentisti non possono essere forse dimenticate né abiurate, ma vanno con decisione superate, perché oggi non hanno senso alcuno.
Ha senso invece riprendere i grandi temi della trasformazione sociale in un mondo globalizzato, come garantire la pace e allo stesso tempo la possibilità di cambiare la società, come coniugare la ricerca di eguaglianza con le tante diversità esistenti, come tradurre in termini non appiattiti il principio dell’equità, come esaltare e realizzare la giustizia sociale e allo stesso tempo la libertà delle persone, la libertà positiva, quella che non solo le difende dalla oppressione ma permette la piena realizzazione di sé stessi.
Per questo, guardando al duro presente e al futuro, ha senso riflettere sulle proprie radici, così come voi state facendo in questo momento.
Alfonso Gianni
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