Che errore quel giudizio su Pisapia sindaco
.pubblicata da Le Ragioni.it il giorno mercoledì 8 dicembre 2010 alle ore 17.12.di Tomaso Greco
Mettiamola così: sono insofferente e pure un po’ allergico rispetto ai crucifige, specie quelli gridati allo specchio, ai lavacri di maniera e, a dirla tutta, non ho mai considerato l’autocritica come un virtuosismo politico e tantomeno umano. I lettori potranno anche accompagnare questa premessa con un corale chissenefrega, ma credo invece che, in un’epoca dove è prassi comune cambiare, anche radicalmente, opinione pretendendo però di vedersi riconosciute linearità di pensiero e coerenza, l’animatore di un foglio online abbia il dovere di fare i conti con le proprie topiche.
Salto i convenevoli e vado al dunque: su Pisapia l’8 luglio scorso scrivevo un pezzo per leragioni.it dal titolo “il salotto buono sceglie Pisapia”. Me lo sono andato a rileggere prima di scrivere questa mia breve riflessione. Liquidavo l’(allora) ipotesi di Pisapia candidato con un attestato di stima per la sua persona e con una dose massiccia di scetticismo. Puntavo il dito, in particolare, contro una parte dei sostenitori della sfida, in quel momento ancora ai primi passi, dell’avvocato. Riducevo la proposta politica che la candidatura di Pisapia rappresentava e rappresenta all’espressione di quel salottismo radical che miete qualche consenso nel centro città e raccoglie diffuse ostilità nei grandi quartieri. Senza girarci troppo intorno, sbagliavo. Certo, per rendere competitiva una candidatura espressione di una cultura così segnatamente schierata vanno fatti ancora molti passi. Primo tra i quali quello di “buttare a mare” la zavorra giustizialista e giacobina che con quella cultura (e con il candidato) non c’entra nulla. Poi sarebbe necessario, con un po’ di coraggio, prospettare delle politiche per il lavoro e per la convivenza, per i trasporti e per la geografia urbana, che siano figlie della sperimentazione e della revisione delle culture della sinistra milanese (ça va sans dire: in continuità con quella sensibilità socialista e riformista che, ditene quello che volete, tanto ha determinato lo sviluppo sociale e economico della città) e non una riedizione spolverata di un sinistrismo barricadero che suscita più sbadigli che interesse.
Sarà possibile farlo? E’ presto per dirlo. Ma è certo che, tra la corsa a ricollocarsi dei dirigenti del Pd milanese e i naviganti a vista pronti ad attraccare sui moli del vincitore, sarebbe più interessante porre delle questioni politiche. La città ha bisogno di ritrovare se stessa, una parte della sinistra milanese anche. Confrontiamoci, nel concreto e nel pagano delle proposte amministrative, su quale futuro vogliamo per l’una e per l’altra.
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6 commenti:
Caro Tomaso, si può essere o meno d’accordo su Pisapia, ma non vedo che cavolo c’entri il salottismo radical. Personalmente sono stato eletto nel Comitato del PD con molti voti tutti a Baggio, grazie naturalmente all’appoggio dei compagni di lì, ma certo non a quello di salotti radicali, che non frequento e per quanto ne so non li frequenta neppure Pisapia. Se a sinistra si pensa che l’appoggio di una parte certo non maggioritaria ma importante di quella che Ginsborg chiama la borghesia riflessiva, professionisti, imprenditori, docenti, artisti eccetera, bene accomodatevi e andate a cercare voti altrove dando il solito calcio nei denti a chi vuole aiutare ( e davvero da Pisapia riesce difficile immaginare favori consistenti per questo ceto). Vogliamo forse una volta tanto riflettere prima di usare le parole d’ordine di Arcore? G
E' bene prendere atto con favore dell'ammissione di errore di Tomaso Greco sul conto della candidatura di Pisapia. Ciò significa che certi radicati pregiudizi e torcicolli che oppongono riformisti e radical non sono poi così "imbattibili". Il giustizialismo è una patologia della sinistra italiana che tuttavia è stato alimentato anche da comportamenti riprovevoli e reiterati di molti esponenti della stessa. La sensibilità socialista e riformista milanese ha, sì, fatto tanto per lo sviluppo economico e sociale della città ma, non di rado, avvalendosi proprio ed anche (ed in qualche caso soprattutto) del "salottismo radical".
Sta a noi discernere, con i fatti storici alla mano, in quali e quante occasioni il riformismo socialista milanese abbia veramente tratto giovamento dall'influenza di tale "salottismo".
Mario Francese
Caro Guido,
posto che credo sia difficile da negare che in città esista un salottismo radical, estremista a suo tempo, giustizialista poi, la tua risposta mi ha sorpreso. Hai letto il mio intervento? Il salotto milanese non c'entra nulla né con le periferie né con il mondo del lavoro e delle professioni. Difatti è dai tempi della candidatura di Dalla Chiesa che prende fischi dall'una e dall'altra parte. Pisapia ha il tempo, la possibilità e la storia politica per costruire una proposta per la città che viaggi su altri binari. Quelli, ad esempio, di un'amministrazione che cerchi di costruire una maggiore giustizia sociale in un'area come quella milanese dove negli ultimi vent'anni sono aumentate le disparità e le zone d'esclusione. Ce la farà? I prossimi mesi ce lo diranno, in parte dipenderà dalla qualità del dibattito politico che si riuscirà a costruire in città. Anche per questo sarebbe utile disfarsi in fretta dell'immagine di una sinistra che palpita per il contratto di Santoro e si disinteressa, ad esempio, dei tanti giovani milanesi costretti a aprirsi una partita iva per avere un posto di lavoro subordinato.
T.
Caro Tomaso,
la tua autocritica ti fa onore e dunque non ho nessun desiderio di
infierire.
Però devo dirti che se tu conoscessi meglio Milano sapresti che il cuore dei
salotti radical (chic) - ammesso e non concesso che vi sia cuore in quei
consessi - batteva per Boeri, non per Pisapia.
Un saluto fraterno.
Luciano.
avevo a suo tempo contestato il giudizio di tommaso su pisapia,pur non essendo milanese e non conoscendone i salotti.Gli dò atto volentieri di questa correzione di giudizio,tanto più necessaria alla luce dei dati sul voto delle primarie ricordati da d'alfonso in altro post di questa mlist,in cui si vedono un pò di numeri interessanti sugli elettori di pisapia alle primarie.Anch'io penso che ora si deve far passare nell'opinione pubblica i punti caratterizzanti di una politica di sinistra per il futuro di milano.Verosimilmente questi punti c'erano già nel programma per le primarie,ma altra cosa è farli penetrare nel più vasto elettorato delle amministrative.Non sarebbe male che si avvertisse che c'è qualcuno che ha proposte vere per i ceti popolari della città al di là dei necessari orizzonti della milano europea e dei soliti costruttori che sembrano l'unica forza che conta a milano.
Bisogna aggregare elettorato e non disperderlo. Una quota di voto borghese è necessaria per vincere a Milano: le grandi fabbriche sono state delocalizzate. Ne ho fatto nel 1996 diretta esperienza nel mio collegio, senza il voto del ceto medio alto non sarei stato eletto neppure con il recupero. Al candidato di Forza italia son andati in modo massiccio i voti della parte più povera del Collegio. I compagni ci rimasero male, ma era così e se è cambiato è nel senso di un aumento del voto del ceto medio deluso perché impoverito in questi anni. Si tratta di recuperare l'astensionismo e chi ha lavorato nei comitati Pisapia per le primarie non provenendo da una precedente esperienza politico può essere un segno positivo. Finora l'astensionosmo a colpito il centro-sinistra basta federe i risultati della Sinistra Arcobaleno alle politiche del 2008 e di SeL e FdS alle europee 2009 e ai risultati complessivi nelle regioni settentrionali. Questa volta è possibile che aumenti l'astensionismo di destra, I due astensionismi non si devono sommare se vogliamo vincere. Pisapia può recuperare l'astensionismo di sinistra deluso o incazzato che sia. Questo dovrebbe essere il momento di riscatto di un'area di sinistra socialista laica e libertaria se avesse una visibilità e un candidato di spicco che si spenda a sostegno di Pisapia
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