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sabato 16 luglio 2016
Franco Astengo: Proposta per l'assemblea di Sinistra italiana
PROPOSTA PER L’ASSEMBLEA DI SINISTRA ITALIANA DEL 16 LUGLIO 2016
FUORI DAL MINORITARISMO: VOLARE ALTO, AGIRE NEL CONCRETO di Franco Astengo
Nell’impossibilità di poter partecipare, per motivi di salute, all’assemblea del 16 Luglio mi permetto inviare un contributo scritto che mi auguro possa risultare utile.
I fenomeni determinanti nel mutamento della fase politica possono essere così riassunti:
a) La crisi (nel senso classico di “krisis”) dello “Stato – Nazione” (il filosofo tedesco Teubeuer scrive di “sistema aperto del nuovo mondo");
b) La qualità nuova della situazione economico-finanziaria a livello globale e i suoi specifici risvolti europei, dei quali vanno disvelati alcuni punti – chiave (debito pubblico/ debito privato, ecc.)
c) L’evidenziarsi di un vero e proprio mutamento di paradigma nell’“agire politico” con l’emergere di una sorta di ideologia della “politica tecnica”, che trova in un “caso Italiano” di segno ben diverso da quello che eravamo abituati storicamente a considerare, un rilevante punto di saldatura .
Si tratta di fenomeni interconnessi che hanno dato origine a quello che risulta essere, dal nostro punto di vista, l’elemento centrale da affrontare nella fase: Il recupero del nostro antico bagaglio, in un’idea di intreccio tra rinnovamento e recupero.
Sotto quest’aspetto:
1) E’ necessario partire da noi, dalla nostra autonomia, dalla capacità di far politica della sinistra, in rapporto con i settori sociali, più avanzati in Italia e in Europa;
2) Nella crisi che stiamo vivendo (della quale abbiamo enucleato i fenomeni sopra accennati ai punti a,b,c) sta arrivando a compimento, infatti, un gigantesco processo storico di integrazione di massa, nel segno della “rivoluzione passiva”;
3) Per leggere questa crisi con gli occhiali giusti è necessario assumere tre avvertimenti “profetici” che hanno avuto il torto di essere stati lanciati con anticipo rispetto alle dinamiche della storia e aver cozzato “contro” l’impatto fornito dal processo di “rivoluzione avvenuta” in URSS: Hilferding e la finanziarizzazione dell’economia; Luxemburg socialismo e barbarie (un fenomeno che vediamo svilupparsi impetuosamente nell’attualità, proprio sotto i nostri occhi); Gramsci “americanismo e fordismo” (certo il fordismo è finito, ma è rimasto in piedi il concetto devastante di asservimento al ciclo produttivo nella forma di una nuova qualità di intreccio tra struttura e sovrastruttura”);
4) IL cuore dello scontro è ancora qui, nell’Occidente sviluppato, il cui meccanismo di produzione è ancora regolato dai rapporti di classe e dall’intreccio tra questi con lo sviluppo più avanzato delle contraddizioni post-materialiste (platea degli sfruttati che si allarga fino a comprendere settori dei produttori; i livelli di consumo acquisiti – qui sta il nodo dell’intreccio appena citato – impediscono di pensare di poter far leva su di un avanzamento della pauperizzazione che porterà, invece, a un ulteriore sfrangiamento e all’emergere di nuove contraddizioni sociali sempre più complicate da regolare (verrebbe alla mente il maoista “contraddizioni in seno al popolo”);
5) Dobbiamo uscire dal pantano della crisi attraverso la politica. L’Italia è stata il luogo dove la presenza politica della sinistra, attorno ai temi fin qui sommariamente descritti, aveva raggiunto lo sviluppo più avanzato sia sul piano teorico, sia su quello politico, rispetto soprattutto al tentativo di inveramento statuale di fraintendimento del marxismo che avevano attraversato il ‘900 in una dimensione anche tragica;
6) In questo quadro è necessario riprendere i temi di fondo della nostra elaborazione “storica” senza nessuna concessione di facciata a una presunta “modernità”: serve una lettura adeguata dello stato di cose in atto, una corretta analisi della crisi e delle prospettive del capitalismo (per fare un riferimento storico, qualsivoglia ipotesi di carattere programmatico dovrebbe partire da un dibattito del livello di quello svolto, proprio sul tema delle tendenze del capitalismo, nel 1962 dall’Istituto Gramsci);
7) Su queste basi la costruzione di un nuovo soggetto politico, senza aver paura di chiamarlo partito, da edificarsi, come è già stato richiamato, attraverso una strategia di tipo “consiliare” senza concessioni al movimentismo e comprendendo anche le ragioni, non meramente propagandistiche, di rinnovamento del gruppo dirigente centrale e periferico e con un’idea precisa di soggetto di acculturazione di massa e di creazione di un nuovo quadro dirigente “diffuso”.
8) Fondamentale importanza avrà, nella costruzione di questa nuova soggettività, lo schierarsi dalla parte di una certa idea del “far politica” che coincida con quanto indicato dalla Costituzione Repubblicana: in questo senso il NO nel referendum confermativo collegato con la più ferma opposizione alla legge elettorale “Italikum”
NELLA SOSTANZA DELLA PROPOSTA POLITICA:
1) Emerge, in Italia e fuori d’Italia, l’esigenza di lavorare sia sul terreno teorico sia su quello immediatamente politico, per la ricostruzione di una soggettività di sinistra per l’alternativa collegata a precise istanze che derivano dalla nostra storia, all’identificazione nell’attualità di precisi filoni culturali di riferimento, alla progettazione di adeguate iniziative politiche sia al riguardo della struttura del soggetto sia sul piano progettuale – programmatico. La qualità stessa della gestione capitalistica della crisi impone un discorso di questo tipo;
2) Un lavoro da impostare seguendo filoni ben precisi di orientamento proprio sul piano teorico tenendo fermi due punti: il prevalere della tensione etico – politica sulla banalità dell’economicismo e la capacità, sempre e comunque, di un’espressione piena di “critica della modernità”. “Critica alla modernità” che deve essere espressa anche rispetto all’utilizzo di massa dell’innovazione tecnologica che sta verificandosi all’interno del filone del “consumismo individualistico” e dell’isolamento soggettivo;
3) Per quel che riguarda il “caso italiano” (dizione da rivalutare: in senso opposto però al significato che aveva assunto tra gli anni’60 – ’70) sono almeno tre i punti sui quali soffermarci prioritariamente: il primo riguarda l’omologazione culturale tra le forze maggioritarie del sistema politico, sulla base del quale si sta costruendo un vero e proprio “regime; il secondo riguarda la degenerazione nella qualità della democrazia italiana, sia rispetto al tema europeo (che va affrontato specificatamente come non faccio in quest’occasione) sia rispetto alla logica della riduzione del rapporto tra politica e società in nome dell’eccesso di domanda (presidenzialismo, centralità del governo, legge elettorale: tanto per toccare i punti nevralgici di questa strategia riassumibile, alla fine, nella logica espressa da JP Morgan al riguardo della Costituzione e nella sostanziale indifferenza o malcelata soddisfazione di tutti per la verticale espressione di disaffezione al voto. Il terzo riguarda il deserto politico esistente nell’area della sinistra alternativa. Ma movimentismo e rivendicazionismo che appaiono essere, alla fine, l’altra faccia della medaglia ( o forse la complementarietà degli elementi, davvero rozzi, che hanno portato al successo del movimento 5 stelle) debbono essere affrontati con rigore sulla base di un’analisi delle nuove dimensioni di classe e con la precisione dei riferimenti teorici e politici.
PER CONCLUDERE
Il solo punto di partenza possibile al fine di inquadrare questo obiettivo risiede nell’espressione piena di un’identità dalla quale è possibile far discendere una visione di egemonia politica.
La visione dell’egemonia che s’intende qui richiamare è quella della capacità di individuare le forme che devono regolare i comportamenti delle diverse soggettività politiche a partire dalla comprensione piena della loro funzione, delle loro caratteristiche morali, delle loro capacità progettuali.
Una visione opposta a quella della politica intesa come potenza, che individua la direzione che la classe operaia è in grado di esercitare sulla società.
Non sono parole vuote o antiche: rappresentano ancora oggi, nel senso dell’indicazione di un filone, di una precisa direttrice di marcia, l’intendimento al riguardo del quale è necessario muoverci, a partire dall’opposizione a questa società per arrivare a trasformare davvero “lo stato di cose presenti”.
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