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sabato 23 luglio 2016
Aldo Penna: Turchia
In Turchia dopo il golpe del 12 settembre 1980 che consegnò un paese, percorso da decine di omicidi politici e un durissimo confronto tra formazioni di destra e di sinistra, a tre anni di dittatura militare, la repressione del dissenso raggiunse livelli altissimi.
Centinaia di migliaia di arresti, duecentomila persone processate nelle corti marziali, oltre duecento morti per tortura, quasi cinquecento scomparsi mentre erano in carcere, 50 giustiziati, licenziamenti di massa per gli insegnanti furono la conseguenza devastante di un golpe che si impresse profondamente nella cultura della società turca.
Nel 2012, a distanza di oltre 30 anni e solo come conseguenza dell’abolizione di un articolo della Costituzione che ne garantiva l’immunità, furono portati alla sbarra il vecchio generale Evren poi morto nel 2015 e Tahsin Şahinkaya ultimi supersiti del gruppo di cinque generali che capeggiarono il colpo di stato.
Quello che sorprende analizzando la vastità, l’immediatezza, la profondità della reazione di Erdogan è la scientificità con cui le liste dei proscritti sono state redatte.
Di solito come insegna l’analisi comparata dei colpi di stato in tutto il mondo sono i golpisti ad avere pronte le liste degli individui da epurare. E una volta preso il potere procedono con spietatezza a radere al suolo l’infrastruttura sociale loro invisa.
Il fatto che queste liste oltre ai golpisti li avesse Erdogan è una spia su quello che probabilmente è accaduto il 15 luglio e nei mesi che precedono questa data.
Se non si vogliono giudicare pivelli o sprovveduti uomini che hanno avuto al loro comando decine di migliaia di uomini e con una salda tradizione di colpi di stato alle spalle, allora forse il golpe in preparazione era conosciuto da tempo. Generali di altissimo rango avevano dato le loro coperture, gli stessi che probabilmente hanno spinto i golpisti all’azione per poi ritirarsi, solidali con il governo, lasciandoli al fallimento e favorendo lo scatenarsi del vero golpe contro la democrazia: la resa dei conti di Erdogan nei confronti dei seguaci di Gulen, della magistratura, del mondo della cultura, dei militari e dei corpi di polizia che se realmente avessero preso parte attivamente al complotto avrebbero certamente vinto.
Ma questo non è solo un golpe del governo contro la dialettica democratica, le opposizioni sociali questo è un golpe che mira al ridisegno della società turca e pensa ad Erdogan come a un nuovo Ataturk, anzi all’uomo che sostituirà Ataturk (da lui in diverse occasioni dileggiato) come padre della patria. D’altra parte il modello del primo presidente della Repubblica Turca nata dalle ceneri dello sconfitto impero ottomano è un modello che a Erdogan piace: partito unico, legislazione che rivede alle fondamenta gli assetti sociali, culturali ed economici.
E se l’attuale padre della patria transitò a tappe forzate un paese immerso nelle tradizioni alla modernità, il nuovo presidente della Repubblica che vuole soppiantarlo come padre dei turchi imporrà lo stesso ritmo per demolire quanto novanta anni fa Kemal ha edificato. Se le gigantesche immagini di Ataturk andranno gradualmente in soffitta sostituite da nuove gigantografie il processo diverrà irreversibile.
Aldo Penna
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