domenica 3 luglio 2016

Franco Astengo: La fragilità del sistema politico italiano

LEGGE ELETTORALE, PD, MOVIMENTO 5 STELLE: MIOPIE E OPPORTUNISMI di Franco Astengo La fragilità del sistema politico italiano si sta dimostrando in tutta la sua gravità con la riapertura del dibattito intorno al nodo della legge elettorale. L’approvazione dell’Italikum e il collegamento tra la legge elettorale e le “deformazioni costituzionali” sembrava aver bloccato il confronto, trasferendolo di fatto sul terreno referendario. Invece l’esito dei ballottaggi del 19 Giugno ha rimesso tutto in discussione, la minoranza PD e SI (che ha presentato una apposita mozione) puntano a modifiche: una iniziativa dovuta anche all’approssimarsi dell’esame della legge stessa da parte della Corte Costituzionale. Il M5S, che pure nell’occasione referendaria sembra propendere per il NO, sta assumendo invece una posizione di difesa dell’articolato così come uscito dall’approvazione parlamentare. Posizioni dettate, entrambe, sia ben chiaro dall’assenza di una cultura politica che veda, come sarebbe giusto, la legge elettorale quale elemento costituivo di un sistema proiettato nel lungo periodo e soprattutto collegato con le istanze di fondo nei meccanismi della democrazia rappresentativa, così come questa è intesa nel testo della Costituzione. In realtà chi si occupa di questa vicenda appare mosso più da determinazioni di carattere immediato, contingente, di utilità sommaria e non certo di analisi della prospettiva politica di sistema. Ciò avviene, ed è molto negativo, perché i gruppi dirigenti della maggioranza del PD e del M5S appaiono formati in modo pressoché omologo da veri e propri “assetati del potere”( tra “vaffa” e rottamatori le assonanze sono evidenti, in un quadro di “pensiero unico” al servizio dei reggitori del ciclo capitalistico) che non intendono recitare un ruolo “pivotale” rispetto al sistema, ma pensano di utilizzare l’esito del voto per poter solidificare l’ormai già avvenuto passaggio a un regime autoritario in dispregio, prima di tutto, della dimenticata Costituzione Repubblicana. La chiave di volta per ottenere questo risultato è la legge elettorale considerata soprattutto sotto l’aspetto dell’assegnazione del premio di maggioranza e di un meccanismo che riduca il più possibile il sistema a un bipartitismo che qualcuno ha già definito come “monopartitismo imperfetto”. Sorge così l’ipotesi di assegnazione di un premio di maggioranza del 15% (soglia al 40% e 55% dei seggi assegnati), oppure, in assenza del 40%, attraverso un ballottaggio tra i primi due partiti. Perché, s’insiste: di partiti (o liste) deve trattarsi e non di coalizioni. Vale la pena di ricordare che l’entità del premio è pressoché identica a quella che prevedeva la famosa “legge truffa” del 1953, con due differenze importanti: i partiti “apparentati” (quindi una coalizione) avrebbero dovuto raggiungere il 50% più un voto per avere diritto al 65% dei seggi. Il primo punto di differenza riguarda quindi, in allora, la necessità di una coalizione; il secondo è che, allora, si trattava di un vero “premio di maggioranza” (occorreva cioè superare il 50% dei voti validi) e non di un “premio di minoranza” com’è stato nel caso della legge 270/2005 smantellata dalla Consulta e come continuerebbe a essere con l’Italikum. Svolti questi necessari punti di analisi è il caso però di riprendere l’interrogativo di fondo: i soggetti politici attualmente presenti nel sistema politico italiano dispongono di un dato di rappresentatività politico – elettorale tale da giustificare l’assegnazione di un premio di maggioranza di tale portata? I dati ci dicono che questa rappresentatività non c’è e che un sistema molto fragile come quello attuale potrebbe implodere per una seconda volta dopo quella del ’94 e aprire la strada a soluzioni, anche sotto l’aspetto formale, molto drastiche con il superamento della forma parlamentare della Repubblica. Ricostruendo i dati elettorali dal dopoguerra in avanti rileviamo che fino al 1983 la percentuale dei due maggiori partiti (o liste) ha sempre superato il 50% degli aventi diritto al voto. Nel 1948 la DC e il Fronte Popolare assommarono addirittura il 71,09% (ma il Fronte Popolare comprendeva assieme PCI e PSI), nel 1953 DC e PCI arrivarono al 56,10%, nel 1968 la somma dei due maggiori partiti rilevò, rispetto al totale degli iscritti nelle liste, una percentuale del 59,01% salita al 66,35% nel 1976. Il calo iniziò fin dal 1983: in quell’occasione DC e PCI toccarono assieme il 52,07% Una crisi del sistema, alimentata dall’avvio di Tangentopoli fece rapidamente discendere questa percentuale fino al 37,85% del 1992 (somma tra DC e PDS). Ancora in calo la rappresentatività elettorale dei primi due partiti anche nella prima occasione di voto con il sistema misto proporzionale (25%) e maggioritario (75%): 1994 33,27%. L’adozione di un profilo bipolare più marcato consentì, all’inizio del nuovo secolo di risalire la china: alle elezioni del 2001 la somma percentuale sul totale degli elettori tra Casa della Libertà e Ulivo toccò il 66,72%, una percentuale che fornì l’impressione di una possibilità di consolidamento del sistema. Un’operazione di consolidamento messa a rischio dalla modifica della legge elettorale nel 2005 e dalla formazione del PD veltroniano “a vocazione maggioritaria”. Nell’occasione delle elezioni del 2008 la somma tra PDL e PD toccò infatti il 55,42%: 11 punti in meno rispetto al 2001, segnale tangibile della frantumazione in atto del concetto bipolare. Alle elezioni del 2013 si presentò, infatti, attraverso il M5S il fenomeno di una “tripolarizzazione” del sistema, con il risultato dell’abbassamento del grado di rappresentatività dei due maggiori partiti, in questo caso proprio il M5S e il PD, al 36,96%. Un dato ancora abbassatosi in occasione delle elezioni europee 2014, quelle del tanto vantato 41% del PD. Cosa vale, per davvero, quella percentuale sommata a quella del M5S secondo arrivato rispetto alla totalità dell’elettorato ?: il 34,44% (il 41% del PD si contrae in questo caso al 22,68%). Nell’occasione delle ultime elezioni amministrative, giugno 2016, i due maggiori schieramenti hanno assommato (per quel che riguarda i comuni capoluogo) il 31,17% dell’intero elettorato (percentuale complessiva comprendente anche i voti assegnati alle liste civiche di sostegno ai sindaci candidati). In sostanza si può affermare che i sindaci eletti, in media, rappresentano non più del 20% dell’intero elettorato di loro specifico riferimento: insomma non siamo lontani dal 25% dei voti validi previsti come soglia dalla legge Acerbo per assegnare il premio di maggioranza ( in allora, 1924,si attribuivano però il 65% dei seggi). Un fenomeno evidente, quello della fragilità della rappresentanza e di conseguenza dell’intero sistema ormai a dimensione europea. Insomma, per concludere l’interrogativo pare legittimo: come può essere possibile affidare un premio di maggioranza così grande a partiti così poco rappresentativi della realtà sociale? Forse sarebbe il caso di introdurre una clausola di salvaguardia: nel caso in cui i primi due partiti non superano la soglia del 50% rispetto al totale degli aventi diritto non si assegna premio di maggioranza, né si svolge l’eventuale ballottaggio ma i seggi dell’unica residua Camera elettiva dovrebbero essere distribuiti con il sistema proporzionale. L’ansia della governabilità e dell’esercizio indiscriminato del potere ha fatto smarrire il dato che maggiormente stava a cuore ai Padri Costituenti: quello della rappresentanza politica e sociale e di conseguenza del ruolo dei Partiti come soggetti aggregatori, capaci di sviluppare un’azione di pedagogia politica e sociale che rimane ancora del tutto decisiva. La sola strada percorribile per contribuire(parzialmente, perché il discorso nel suo insieme appare molto complesso e investi temi come quelli del rapporto con l’etica politica, il progetto, il radicamento sociale, alla ricostituzione di soggetti politici adeguati (il vero tema in ballo è quella del sistema elettorale proporzionale, proprio come è stato oggettivamente proposto dalla Corte Costituzionale con la sentenza 1/2013 con la quale fu dichiarata incostituzionale la gran parte della legge del 2005.

6 commenti:

Claudio ha detto...

mi sembra che nella tua analisi mischi due cose diverse: la partecipazione al voto in diminuzione e il voto ai due primi partiti. La partecipazione al voto diminuisce per tante ragioni, tra cui la convinzione diffusa che votare non conta niente perchè le decisioni vere le prendono altri: come votano quelli che fanno a votare è quello il dato da rispettare, in una democrazia. Sembra che quasi i due terzi dei giovani inglesi, psicologicamente più europeisti, non siano andati a votare, e adesso sono pentiti: come i bambini che quando giocano dicono “non vale, rifacciamo”: imparino le regole, e si rendano anche conto del sincero giubilo che ha provato il resto dell’Europa per l’uscita di questi inglesi pieni di pretese e nemici dell’unità. L’Europa di oggi si basa su 5 assunti: libera circolazione delle merci, dei servizi, dei capitali , delle persone e accettazione del diritto comunitario che viene faticosamente ampliandosi: prendere o lasciare tutto insieme, non sono ammessi sconti, è la cosa più intelligente che ha detto Juncker quando lo squallido Cameron dopo la botta si è messo a balbettare “riapriamo le trattative e torniamo a votare”.
Tutto ciò premesso, per come votano gli italiani, il proporzionale puro ci ha dato governi instabili e legiferazione lentissima, sempre soggetta a tutte le lobby. Ma il maggioritario di coalizione non corregge il problema, e dà un enorme potere ai Mastella, ai venduti di Di Pietro, agli affaristi di Forza Italia: al potere delle lobby esterne aggiungiamo quello dei ladroni interni.
Certo, rischiamo che le elezioni le vincano i 5 stelle: bè, non mi sembra una catastrofe, sono le regole, ragazzi. E devo dire che i nomi che han messo nella giunta comunale di Torino non sono male, e che le roboanti dichiarazioni dei notav, noinceneritori, no città della salute si stanno ridimensionando a un corretto riesame dei problemi.
Tanto i 5 stelle naufragheranno presto nella palude piena di trappole della più antica burocrazia del mondo, quella romana. Pensate solo a quanti papi riformatori sono stati affossati nella storia dagli intrighi della curia...

Franco ha detto...

Anch’io condivido l’idea che l’eventuale successo dei 5 stelle non sia una catastrofe. Non condivido invece l’idea della fase in cui vigeva il proporzionale (e c’erano i grandi partiti di massa) fosse d’instabilità e di inefficace produzione legislativa. In sostanza abbiamo avuto tre schemi di riferimento, centrismo, centrosinistra,pentapartito ben ancorati al centro del sistema. Ecco: il punto non è l’alternarsi dei governi, ma la solidità del sistema. Grazie Franco Astengo

roberto ha detto...

A proposito di sistemi elettorali, l' alternativa non è tra proporzionale puro o altri sistemi che rendono difficile la governabilità, da una parte, e italicum, che da' un premio di maggioranza eccessivo (al ballottaggio poi del tutto abnorme) e limita il diritto di scelta dei cittadini - elettori, dall' altra.
Il punto è che occorre una legge elettorale conforme alle statuizioni della nota sentenza della Corte Costituzionale n. 1 del 2014.
Il problema è quando si pensa di "portare a casa" la legge elettorale più utile ai propri interessi di bottega del momento.
Purtroppo problema ancora maggiore è forse rendere i cittadini-elettori stessi consapevoli di ciò.
Ma dobbiamo provarci fino in fondo.

mimmo ha detto...

Ma la solidità di un sistema la definiscono sia gli elettori con il loro comportamento e sia la classe dirigente di governo, se entrambe vengono meno la solidità di sistema e' assolutamente virtuale, anzi non lo e'.
Oggi ciò che è' venuto meno e' la fiducia nei confronti delle istituzioni, istituzioni che in sistema globale non riescono più a tranquillizzare quella gran parte del ceto medio, che per dirla con Deaton, e' riuscita nella grande fuga dalla povertà e che si sente direttamente o indirettamente ( i propri figli) minacciata.
La crisi di fiducia e' verso la politica tour court, e che si manifesta nel suo ripudio per la sua 'lontananza' e per la sua 'lentezza'.
Qualunque sistema presunto perfetto, tre quarti di secolo fa, e' assai facile che sia percepito come superato o superabile, soprattutto se in mezzo vi e' una continua rivoluzione economica e sociale, che i padri fondatori non si potevano nemmeno immaginare.
Il nodo sta nella crisi della democrazia rappresentativa, che se non ha bonus di scambio finisce per essere valutata solo nei risultati. Provate a chiedere agli operai della Fiat se sia più credibile Landini o Marchionne, confrontando premesse e risultati.
I movimenti sono credibili, là dove il bilancio del governo e' in rosso, la fiducia ai limiti, e le conoscenze modeste, ma assunto il governo evidenziano tutte le loro difficoltà ( vedi podemos in Spagna) e sono costretti a fare i conti con la realtà.
A Milano nelle ultime amministrative i 5 stelle si sono impantanati, la sinistra autoreferenziale dopo, sollecitando il voto inutile, ha regalato alla destra ben 5 municipi, dando dimostrazione di assoluta incapacità di visione amministrativa nonché politica al grido di mi scelgo io la mia opposizione.
Il proporzionale finisce per essere l'estero genesi dei fini, ma se si analizza con distacco la Costituzione, la sua applicazione ed i regolamenti parlamentari,ciò che si evince e' un sistema premiante per chi cerca di impedire la governabilità.
È' giunto il tempo di affrontare senza pregiudizio la questione della democrazia nella società globale e 2.0 che non è' non può più essere solo quella analogica di ben 70 anni fa.
I 5 stelle non spaventano perché anche loro esaurito il bonus di una presunta innocenza virtuosa, dovranno fare i conti con i problemi della gente ed allora si farà la loro nobilitate.

luciano ha detto...

Prendo atto dell’assoluta incomunicabilità con Beppe Merlo sui temi della democrazia.

È evidente che per lui tutto si riduce alla scelta di un capo che decide (la governabilità !!), meglio se è un Marchionne.

Io invece resto affezionato alle idee di Lord Gladstone: anche le tribù dei selvaggi hanno un capo, solo il parlamento di sua maestà britannica ha un capo dell’opposizione …

Quanto ai 5 municipi persi, questa che è colpa della sinistra è bellissima.

Hanno fatto una legge demenziale che per i municipi (ex zone) copia l’italicum e fa vincere al primo turno chi supera il 40 %, sebbene si voti contemporaneamente per il comune dove invece c’è il ballottaggio se non si supera il 50 % !!

Hanno optato per una candidatura sbagliata, imponendola attraverso primarie addomesticate nonostante la grande maggioranza del popolo della sinistra fosse contro Sala.

Hanno rischiato seriamente di perdere Milano dopo avere suonato la grancassa “con Sala si vince” ! (variante del “con Renzi si vince”)

Dopo di che è colpa degli altri, che dovevano fare largo al passaggio di cotanta genialità.

Ma non avete ancora capito che con questa vostra arroganza finisce male ?

Continuate così e la gente non voterà solo il M5S, voterà proprio chiunque pur di liberarsi della vostra insopportabile spocchia.

Luciano Belli Paci

felice ha detto...

Le nove zone erano governate dalla maggioranza "Pisapia" se si è rotta la maggioranza erano possibili due soluzioni fare un legge elettorale che prevedesse il ballottaggio ovvero discutere
con tutti per trovare candidati presidenti espressione di uno schieramento più vasto. I municipi sono 9, partiamo pure dall'assunto che Sala avrebbe vinto al primo turno e quindi 6 andavano ai salisti e 3 ad altri soggetti della maggioranza uscente. Si può essere arroganti e non sapere fare le leggi elettorali, ma se si è arroganti ed incapaci " chi è causa del suo mal pianga se stesso" A proposito di abbagli i difensori del suino italico sono fgli stessi che dopo il primo turno delle regionali in Francia scrissero che non darebbe successo se avessero avuto il Franzellum, la traduzione in francese dell'Italikum. Infatti se i francesi avessero loro dato retta ci sarebbero state 2 regioni governate da fronte nazionale e gli altri ballottaggi tranne 1 col PS, tra la destra e l'estrema destra. Se non si è di sinistra un risultato auspicabile, mentre con la possibilità di modificare le alleanze al secondo turno il PS ha salvato 5 regioni e la Le Pen non ne ha presa nemmeno una. Ma vuoi mettere queste quisquilie quando è importante sapere la sera delle elezioni chi governerà, non importa se rappresenta il 20/25% degli aventi diritto.

Felice C. Besostri