mercoledì 29 gennaio 2014

Lorenzo Borla: Un'ipotesi

Per capire meglio il nostro Renzi, mi chiedo se non sarebbe utile fare un ragionamento: rovesciare la prospettiva e passare dal nostro angolo di visuale a quello suo, di Matteo Renzi (inaudito! scandaloso!). Matteo Renzi vuole diventare presidente del Consiglio: lo ha dichiarato esplicitamente da tempo, dai tempi delle primarie con Bersani. E’ una aspirazione legittima per qualsiasi politico, ma in questa forma è politicamente non corretta, non si conforma alle paludate abitudini, specie democristiane: si fa ma non si dice (pensiamo che Andreotti accettò la candidatura a presidente della Repubblica propostagli da Cirino Pomicino con un : o così almeno vuole la leggenda). Renzi si propone di raggiungere il suo obiettivo con tre strumenti: primo un linguaggio semplice e accessibile (se noi sottoponessimo il blog del Rosselli a un camionista, ci metterebbe un microsecondo per mandarci… a quel Paese). In questo è simile a Berlusconi, con una differenza: Berlusconi parla un italiano semplice ma artefatto per apparire tale; per Renzi è il linguaggio spontaneo della strada e in questo è avvantaggiato. Il politichese parlato dalla sinistra, invece, segna il distacco dal popolo: non c’è poi da stupirsi che la cultura voti a sinistra, ma la pancia del Paese dal ’94 in poi voti Berlusconi (e più di recente Grillo). Il secondo strumento di Renzi è la trasmissione di energia e ottimismo (a leggere certi piagnistei frutto di un lugubre e ponderato pessimismo a metà strada fra Leopardi e Kierkegaard, vien da scappare nell’isola di Samoa, lo so perché ci sono stato prima del turismo di massa, almeno lì si sta un pochino più allegri). Il terzo strumento per raggiungere il suo scopo è la concretezza: ci sono cose da fare, da realizzare, da condurre in porto. La legge elettorale non sarebbe fra queste: ma Renzi si è trovato, per circostanze temporali, davanti a due strade obbligate. La prima è la segreteria del Partito: non poteva aspettare, a pena di logoramento, le prossime elezioni. Il secondo passaggio obbligato era la legge elettorale: era quella più fattibile per le vie brevi, e dalla forte valenza simbolica. Quindi si può capire come per Renzi sia importante che una legge elettorale venga approvata al più presto almeno dalla Camera, perché su questo si gioca la credibilità, avendo intorno tante iene pronte a saltargli addosso a cominciare dagli umiliati e offesi del suo partito. Meno importante è quale legge elettorale, entro certi limiti. Mentre tutta la politica e la cultura è in armi proprio su questo problema, per Renzi è solo un passo del suo cammino politico. E’ giusto? E’ sbagliato? Vale la pena di riversare fiumi di inchiostro e di preoccupazioni, tirare in ballo Molotov/Ribbentrop, se non Mussolini e Hitler, il cesarismo, la deriva autoritaria, la minaccia alla democrazia e chi più ne ha più ne metta? Renzi è spiccio, sbrigativo, decisionista; vuole ottenere risultati e per giunta in fretta. Si può capire che chi ha guazzato nella palude per tanti anni, sempre pagato (bene) da noi, senza arrivare a risultati, lo detesti. Insomma, Renzi, dove sono le buone maniere? Il bon ton, il rispetto per le convenzioni, l’esprimersi cardinalizio e circonvoluto, dove sono le pratiche corporative per cui le sera ci si insulta in televisione e il mattino si fa colazione assieme, alla faccia dei fessi che pagano? 2070 miliardi di debito pubblico e i poveri che aumentano, dovrebbero scoraggiare spiritosaggini. Cari saluti. Lorenzo

10 commenti:

Giovanni ha detto...

"E' vero che Parigi val bene una messa, ma ci sono messe che non valgono Parigi" (Benedetto Croce: il camionista mi tiri pure sotto).
Ecco, la legge elettorale (ancora di più con la norma salva Lega) è un esempio perfetto di questo tipo di messe, soprattutto considerando i celebranti....
Cari saluti
Giovanni

Pierpaolo ha detto...

L'unico risultato che Renzi otterrà sarà quello di realizzare le profezie di Renato Brunetta, secondo cui le prossime elezioni saranno vinte dallo schieramento che mostrerà il maggior "potere coalizionale".
E alle prossime elezioni il PD si presenta in sostanziale isolamento.

Il recente congresso di SEL ha mostrato quale sia l'avversione nutrita oggi verso il principale partito del centrosinistra italiano dalla base e dai dirigenti di quello che poteva benissimo essere un alleato minore e facilmente controllabile. Stavolta il richiamo al "voto utile" non funzionerà - ve lo dice uno che, avendo militato fino a ieri in SEL, conosce abbastanza bene i polli di quel pollaio.

E' molto probabile che "l'uomo del fare" finisca per rivelarsi soprattutto come "uomo dello strafare".
E voler strafare, in politica, spesso non è il miglior viatico per il successo, ma la strada più diretta per la rovina.

Pierpaolo Pecchiari

dario ha detto...

Caro Lorenzo, in realtà capire Renzi non è difficile, è sufficiente pensare alla sua carriera politica: presidente di una Provincia e poi Sindaco, in estrema sintesi è il miglior esponente di una cultura, quella dei Sindaci-Podestà, che la legge Bassanini ha creato in nome dell'efficienza, togliendo il potere ai consigli per consegnarlo nelle mani dei Sindaci (o ancora peggio alle determine dei dirigenti comunali).
Nello scorso ventennio senza che gli italiani se ne accorgessero si sono creati piano piano dei politici abituati a "comandare" non a dirigere e Renzi è l'esito di questo processo, è il figlio di una cultura autoritaria che ha pervaso tutta la cosiddetta seconda Repubblica, oggi siamo ai titoli finali ma questa cultura resiste, il Sindaco di Firenze è il suo ultimo epigono non il nuovo che avanza.
Riflettiamo attentamente su quanto è avvenuto nel corpo politico e sociale dei Comuni e vi troveremo i germi del porcellum e del berlurenzellum.
Fraterni saluti
Dario Allamano

claudio ha detto...

probabilmente la coalizione del PD sarà quella coi “partiti perduti”: una fetta di SeL, mentre gli altri andranno a perdersi in altra compagnia, i montiani, forse i casinevoli

lorenzo ha detto...

Caro Dario, si tratterebbe di stabilire se funziona meglio (dal punto di vista del cittadino e nell'interesse del cittadino) il governo del Sindaco oppure quello centrale. Non sono sicuro che l'esito sia scontato. E cioè che si leverebbero cori contro l'autoritarismo dei sindaci. Ma è solo la mia opinione.
Cordialmente. Lorenzo

lorenzo ha detto...

Tutto può essere, ma un po' troppe lugubri profezie si accompagnano alle sorti del Pd, e non da oggi. Ad esempio, da quando esiste (il Pd), viene accusato dalla sinistra di non essere un partito ma una ameba, di non essere di sinistra ma di destra, non keynesiano ma neoliberista, viene data per sicura, per prossima, per inevitabile, la spaccatura, lo scioglimento, l'evaporazione... Adesso viene tirato in ballo l'autoritarismo di Renzi, la deriva, la minaccia alla democrazia, il sindaco/podestà che comanda troppo. Insomma: arriva uno che vuol tentare di risolvere problemi che tutti (o quasi: c'è sempre il bastian contrario) riconoscono come tali, e trova da parte della sinistra un fuoco di sbarramento: ben altri i problemi, ben altre le soluzioni. Sempre così da quando è cominciato il declino dell'Italia, più o meno vent'anni fa. Cordialmente. Lorenzo

alberto ha detto...

Ma perchè continuate a ragionare in questi termini contorti?
Il problema è che questa proposta di legge elettorale è piena di
contraddizioni di cui la peggiore è la presenza di sbarramenti diversi tra:
partiti singoli, partiti in coalizione, eccetera. Per esempio se in una
coalizione di 10 partiti si raggiunge una percentuale alta di coalizione al
punto di andare al ballottaggio ( cosa possibile), ma nessun partito singolo
ha superato il 4,5%, risulterebbe che la coalizione va al ballottaggio ma
nessun parlamentare sarebbe eletto.
Basterebbe togliere la sbarramento per i partiti di una stessa coalizione
( avere cioè solo la soglia di lista, sia essa fatta da un solo partito o da
più partiti) anche perchè è ridicolo che il mio voto, se il partito per cui
voto non supera lo sbarramento, debba concorrere ad eleggere un parlamentare
di un altro partito anche se della stessa coalizione. Se il partito maggiore
( PD per esempio) non vuole parlamentari di un piccolo partito ( Psi per
esempio) , non ha altro da fare che rifiutare di accoglierlo nella
coalizione. E' farisaico ( ma Renzi è fariseo???) volere i voti di partiti
minori ma fare di tutto perchè non abbiano poi parlamentari.
Si può obiettare che così si potrebbero formare allora maggioranze con
parlamentari troppo eterogenei che rendono difficile la governabilità. Ma
per evitare questo basterebbe introdurre, come in Germania, la sfiducia
costruttiva, e per evitare i cambi di casacca introdurre la semplice norma
che, per tutta la legislatura, se coloro che eletti in un partito, decidono
di uscirne possono solo entrare nel gruppo misto e non costituire un
partito nuovo rispetto a quelli che si sono presentati alle elezioni.
Grazie

luciano ha detto...


È sempre un problema di misura.
I treni che arrivano in orario sono una bellissima cosa, ma immagino che qui siamo tutti d'accordo sul fatto che se il prezzo fosse quello di fare del parlamento un bivacco di manipoli sarebbero preferibili i ritardi.
Personalmente considero un po' troppo incisivo lo svuotamento delle funzioni dei consigli comunali (non solo per ragioni di principio, ma anche perché trovo disfunzionale la distanza che si crea tra le aspettative di rappresentanza generate da accanite campagne per l'elezione dei consiglieri comunali, con le preferenze tra l'altro, ed il ruolo quasi ornamentale che poi viene attribuito agli eletti).
Tuttavia ritengo che tutto sommato questa forma di accentuato presidenzialismo (più alla russa che all'americana, per intenderci) che è stato adottato per gli enti locali sia sopportabile in un ambito, quello amministrativo, nel quale non sono in gioco diritti fondamentali, sicché il criterio dell'efficacia può prevalere senza eccessivo danno su quelli della rappresentanza e della divisione dei poteri.
Invece la trasposizione del modello sul piano nazionale - il "sindaco d'Italia" caro a Renzi - è una delle più grosse sciagure che ci possano capitare.
Io amo esattamente come Borla il parlar chiaro in politica, ragione non ultima che mi fece apprezzare Craxi che all'epoca rivoluzionò, lui sì, un linguaggio politico fino ad allora dominato dalla nebbiosa eloquenza morotea e dal codice iniziatico di scuola comunista.
Ma parlar chiaro non significa negare la complessità dei problemi, passare come un rullo compressore sui principi costituzionali, perseguire la propria convenienza a scapito dei diritti delle minoranze e della verità.
Un conto è farsi capire dal camionista, un altro conto è ingannarlo.

Luciano Belli Paci

Giovanni B. ha detto...

Caro Borla, sono sempre stato un socialista riformista, non ho mai avuto debolezze nei confronti dei comunisti e dei democristiani. Ho votato più di una volta il PD (ex comunisti più ex democristiani) ed ho fatto fatica a farlo. Non lo farò nelle prossime tornate elettorali: la svolta di Renzi mi è parsa di destra e con venature decisioniste e autoritarie. Ti faccio notare che criticare chi è politicamente lontano da te è sterile in rapporto ai risultati. Una forza politica deve preoccuparsi di estendere l'area del consenso, a mio giudizio Renzi la sta progressivamente riducendo. Se è vero che Renzi toglierà più voti ai moderati di quanti ne perderà a sinistra vincerà le elezioni, diversamente soccomberà. Problemi suoi: tra due mali pressoché uguali non vedo perché dovrei mettermi di mezzo. Cari saluti. Giovanni Baccalini

dario ha detto...

concordo in toto con Pierpaolo, Renzi ha portato il PD in una condizione di isolamento, e il berlurenzellum favorirà qualcun altro, in tutte le elezioni vince l'area che fa coalizione non quella a vocazione maggioritaria (chiedere informazioni a Veltroni).
E' tempo che i compagni intelligenti del PD escano da un sogno che per loro rischia di diventare un incubo e si attrezzino per cercarsi un altro segretario un po' meno arrogante ed un po' più aperto a capire i pensieri divergenti da quelli del PD.
Dario Allamano