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sabato 11 gennaio 2014
Lorenzo Borla: Sul neoliberismo
Sul neoliberismo
Oggi in Italia circa il cinque per cento dei votanti accusa il restante novantacinque per cento di neoliberismo. Non ci sarebbe gara, ma gli accusatori sono muniti di adamantine certezze. Per cui bisogna prenderli sul serio. Dunque, posto che il cinque per cento sappia che cosa è il neoliberismo, di sicuro la stragrande maggioranza degli altri non ne ha la più pallida idea (e probabilmente non glie ne importa affatto). Per quelli a cui interessa, chiediamoci che cosa è il neoliberismo. Secondo Wikipedia: .
Non si può dire che questa definizione ecceda in precisione. Per cui prendo lo spunto da un autore di questo blog (Alberto Ferrari) che ne dà una spiegazione storica: (Alberto Ferrari, La crisi economica e la lettura politica, www.blog.libero.it) Qui si capisce anche perché fu adottato il termine di neoliberismo: non era altro che il vecchio liberismo rimescolato in salsa contemporanea, dagli anni ’80 in poi.
Del testo di Alberto Ferrari che ho citato, condivido anche la critica all’operato della sinistra nello scorso trentennio: . Le privatizzazioni infatti sono il capitolo nero della gestione governativa da parte della sinistra in Italia, a partire dal governo Amato nel 1992. .
Fatti i conti, le privatizzazioni effettuate in Italia dal 1992 al 2012 hanno portato nelle casse dello Stato circa 127 miliardi di euro, largamente insufficienti a colmare la voragine del debito pubblico che nello stesso periodo si è andata sempre più allargando: dal 1992 al 2012 il debito è aumentato di 1.139.000.000 euro. Dunque il liberismo della sinistra ha funzionato poco e male. In certi casi sono state permesse operazioni disastrose, che hanno distrutto ricchezza, come quella di Telecom Italia; in altri è stato permesso di comprare dallo Stato aziende profittevoli per un piatto di lenticchie, e per giunta a debito, come nel caso Autostrade; e potremmo continuare. Insomma, non ne sono venuti vantaggi allo Stato e all’economia che da vent’anni infatti mostra modestissimi segni di crescita. Il liberismo poi nell’ultima decade ha funzionato benissimo per fare soldi per mezzo di soldi, ai ricchi di diventare più ricchi, non ponendo ostacoli alle operazioni finanziarie più spericolate. Come in tutta Europa, d’altronde. Ma c’è una domanda che vorrei porre. Siamo sicuri che in Italia oggi domini il liberismo? Per non tediare il lettore che eroicamente è arrivato fino a qui, a questa domanda cercherò di rispondere la prossima volta. Cordialmente.
Lorenzo Borla
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11 commenti:
Il neoliberismo in Italia ha funzionato all'italiana, cioè nello stesso modo con cui gli italiani sono in stragrande maggioranza cattolici o fino a poco tempo fa europeisti. Un'adesione formale, ma una pratica lontana dai precetti per la religione ovvero un europeismo i facciata per cui siamo stati capaci di essere l'unico paese a voler affidare al parlamento europeo carattere costituente ed essrre sistemticamente in ritardo nel dare attuazione alle direttive europee. I principi compresa l'adesione di fatto o addirittura ideologica (COL PASSAGGIO DAL COMUNSMO AL LIBERALISMO SENZA NEMMENO CONCEDERSI UNA PAUSA SOCIALDEMOCRATICA) non significa che nelle privatizzazioni con si debbano privilgire gu amici ( SME e Autostrade) ovvero che la privatizzazione di enti od organismi pubblici in Spa non avvenisse per ragioni di efficenza m di sottrazione ai contreolli pubblici e all'ipotesi di reato una volta tipici della P.A. quali la corruzionee la concussione o il peculato: da questo punto di vista le vicende della milanese MM Spa( siamo o no la capitale morale d'Italia?) sono state esemplari e ben prima che scoppiasse Tangentopoli. Gli esempi vincenti di governance di Reagan e Thatcher dovuti ai modelli presidenziali e di preminenza del Premier non sono stati imitati con l'adozione delle rispettive forme di governo e di sistema elettorale, ma inventando modelli di elezione diretta con premio di maggioranza collegato all'elezione del vertice esecutivo, che è stato evitato per caso a livello delle istituzioni costituzionali nazionali con l'affondamento nel referendum confermativo 2006 delle riforme costituzionali di Berlusconi del 2005. Cioè si è distrutta la divisione dei poteri, principio fondamentale dello stato di diritto e della democrazia rappresentativa in tutte le sue forme e varianti dal Presidenziale,al semipresidenziale, dal Cancellierato al Premierato alle varie forme di governo parlmaentare razionalizzato( sono state introdotte soglie di accesso ma con deroghe e dove non son necessarie,elezioni europee, e non si è riusciti a fare semplici riforme del bicameralismo perfetto attrverso i Regolamenti parlamentari o introducendo il voto di sfiducia costruttivo).L'inerzia si trasforma in furia distruttrice per cui sotto la spinta emotiva di un'opinione pubblica intosicata da capagne mediatiche cuui non fanno resistenza corpi intermedi come partiti e sindacati, perchè si sono autodelegittimati da un lato non dando attuazione a 2 principi cardine della nostra democrazia modello economico-sociale, quali gli artt. 39 e 49 Cost. e dall'altro indulgendio a pratiche coiporative e di casta, che hannoprovocato disgusto e reazoni negative o fatti come la carsa organizzazione in corpi intermedi dei lavoratoi stranieri r dei pfecarizzati, cioè delle categorie numericamente in crescita, come il simulato lavoro autonomo di tante partite IVA. Fermiamoci qui, per il momento
Felice C. Besostri
Come ho anticipato in una puntata precedente il problema che vorrei porre è il seguente: quanto c’è di neoliberista nell’Italia di oggi? Mi limito a citare alcuni dati:
1) Il debito del settore pubblico, come tutti sappiamo, è al momento di 2085 miliardi, ovvero il 134,5% del Pil, che è di circa 1550 miliardi. Inutile dire che uno Stato neoliberista non dovrebbe avere un tale debito. Luigi Fasce scrive, commentando un testo di Francesco Gesualdi: . Benissimo, c’è molto di vero. Ma non c’è niente di neoliberista in questo. Anche se ho qualche dubbio che per una cospicua parte non si sia trattato anche di un selvaggio assalto alla diligenza in anni che si ritenevano di vacche grasse e in cui la distribuzione delle risorse derivanti dal debito è stata soprattutto clientelare: quindi squilibrata, ingiusta, iniqua.
2) Lo Stato ha speso - per esempio nel 2013 - circa 800 miliardi di euro, cioè il 52% della ricchezza prodotta nello stesso anno (1550 miliardi di euro). Sappiamo anche che il carico fiscale in Italia, secondo uno studio del Fondo monetario, è al massimo della sostenibilità: spazi per aumentare il carico delle tasse non ce ne sono praticamente più. Lo studio calcola che se si fa uguale a uno la capacità fiscale, l’Italia è a 0,99. La Francia ha circa lo stesso tasso di prelievo fiscale rispetto al prodotto lordo, ma si ferma a 0,98 quando si prendono in considerazione gli indicatori – reddito pro capite livello di istruzione demografia, burocrazia, corruzione e altro – che determinano la capacità teorica di imporre tasse. La Germania ha un indice di 0,84, gli Stati Uniti di 0,82, la Svizzera DI 0,70). Questi dati dovrebbe tenerli presente tutti quei settori dello Stato quando chiedono “più risorse” come soluzione di tutti i problemi, senza indicare dove reperirle. In ogni modo uno Stato con questo carico fiscale, e questo livello di spesa, secondo me non si può dire neoliberista.
3) Può dirsi neoliberista uno Stato dove ogni più insignificante atto della vita sociale viene regolato da qualche norma? Michele Ainis: . Insomma, la pietra al collo del nostro Paese è l’eccesso di normazione (e ovviamente la burocrazia che se ne serve) che non solo rende difficile la vita quotidiana dei cittadini, ma costituisce un ostacolo pressoché insormontabile all’apertura di attività produttive da parte di imprenditori esteri. Comunque sia, questo non è uno Stato neoliberista.
4) I dipendenti pubblici. Ufficialmente i dipendenti di Stato, Regioni, Province, Comuni, sono 3.274.000. Ma sono solo i dipendenti diretti. Se aggiungiamo i dipendenti di società ed enti controllati, in tutto o in maggioranza, dallo Stato, Regioni, Province e Comuni, non è inverosimile che la cifra raddoppi (questo dato l’ho preso da un articolo di Marco Vitale, che include, fra i dipendenti pubblici, anche quel milione, approssimativo, che vive di politica). Ora, gli occupati in Italia alla fine del 2013 sono 22,3 milioni. Il tasso di occupazione da noi (da 20 a 65 anni) è uno dei più bassi in Europa: il 56,8% contro l’80% della Svezia, il 76,3% della Germania, il 69,2% della Francia. Se poi, dai 22,3 milioni togliamo i 7 milioni di dipendenti pubblici diretti e indiretti, abbiamo che i lavoratori privati in Italia, semplificando, sono solo 15 milioni. A voler aumentare l’occupazione per decreto, salvo assumere altri dipendenti pubblici (così si è fatto sovente in passato), nessuno è capace, qui o altrove. Bisogna creare le condizioni perché possa aumentare il numero dei lavoratori privati. Anche in quest’area non mi sembra che il nostro Stato persegua politiche liberiste.
5) In conclusione, mi sembra di aver portato elementi a favore della tesi che l’Italia oggi non è un paese neoliberista. Eccetto che per un elemento di grande peso: la distribuzione della ricchezza. Ormai sappiamo a memoria i dati dell’indice Gini e mille altri indicatori che compaiono quotidianamente nella stampa: l’Italia ha uno squilibrio fra ricchi e poveri che in Europa è secondo (di poco), solo alla Gran Bretagna. Ciò è dovuto a un sistema fiscale non progressivo a sufficienza: basti pensare alle pensioni d’oro che non sono tassate adeguatamente, così come in genere i redditi dei ricchi. Per questo io ritengo che sarebbe giusta una patrimoniale una tantum per abbassare il debito, e quindi il peso degli interessi sul debito (che nel 2013 è pari a 85 miliardi). C’è un secondo fattore drammatico che influisce sulla distribuzione della ricchezza ed è la causa delle tasse eccessive su chi non le può evitare: l’evasione fiscale.L’economia sommersa viene calcolata in 450 miliardi di euro (circa il 30% del Pil) e le imposte evase in 180 miliardi di euro: basterebbe recuperarne la metà, e il nostro panorama economico cambierebbe completamente.
Cordialmente.
Lorenzo Borla
l'Italia oggi non è un paese neoliberista. Eccetto che per un
elemento di grande peso: la distribuzione della ricchezza.
Mi sembra già un bella e abbondante ammissione di sintomo grave di
pervasivo neoliberismo.
La questione è che non abbiamo mai ben chiarito il significato di
neoliberismo e dunque senza parametro di riferimento certo il dialogo
si fa difficile anzi impossibile come il detto "chi mal comprende
peggio risponde".
Ma il ragionamento che precede è assolutamente vero.
All'italiana dunque come sempre.
L'apparente contraddizione si spiega. Da un lato restano intatti
tutti i difetti della nostra spaventosa devastante macchina
burocartica che sforna leggi sulla lunghezza dei piselli di prima
scelta (anche l'Ue non scherza) e una caterva di leggi che prima o
poi, siamo al poi, si contraddicono. Ma già a suo tempo Pierfranco
Pellizzetti ha scritto un libro al vetriolo a questo proposito
"Italia disorganizzata: incapaci cronici in un mondo complesso -
Pierfranco Pellizzetti,Giovanni Vetritto - Ed Dedalo.
Resta il substrato luguleio che ci caratterizza leggi, codici,
delibere, tutte in perfetto burocratese, invece che dirigenti che
comoscono psicologia dell'organizzazione abbiamo nei Comuni segretari
generali infarciti di diritto pubblico e privato.
Dunque viaggiamo avvolti dentro alla dimensione burocratica di
qualsivolgia ente e servizio pubblico ma ... abbiamo abdicato come
Stato a influenzare l'economia anche là dove esistono ampi spazi di
monopolismo naturale e preminenza di interesse pubblico di banche,
moneta, impresa e difesa dei beni comuni. Neoliberismo per me è
quando la politica degli Stati è asservita al potere economico
finanziario e noi in Italia in modo spurio e bizzarro, in dispregio
totale del titolo terzo rapporti economici, abbiamo prontamente
obbedito fin dal tempo degli ultimi governi della prima cosiddetta
repubblica (Andreotti, Ciampi, ecc.) per poi seguire con Prodi e
D'Alema per passare per Berlusca e dunque Monti e Letta jr. sotto
regia del migliorista passato nel campo della triade neoliberista
mondiale ... Napolitano.
Per quanto riguarda l'accenno a Gesualdi, lì siamo al capolavoro del
neoliberismo per cui gli Stati accettano per legge autoimposta
(masochismo pubblico) di essere valutati (agenzie private di reting)
e così vengono messi sotto stress e poi obbligati a pagare interessi
alle banche private per ricolmare il debito pubblico oppure a
tagliare servizi oppure a svendere dopo le imprese pubbliche ora i
servizi pubblici e i beni comuni.
Siamo in regime dittatoriale neoliberista e la confusione di leggi e
regolamenti citati fanno sì che nessuno capisca che ci siamo ...
Se non ci capiamo nemmeno tra di noi a cui piace pensare ... il
problema è che partiamo da presupposti non condivisi ... figurarsi il
99% degli sfruttati ma mentalmente pigri e senza più ideologia di
riferimento che gli indichi la via per contrastare l'"Inequality for
All". . Eppure oramai c'è una massa di libri che convergono ...
Stiglitz, Gallino, Rampini, De Cecco, Piccioni, l'ultimo elenco a
disposizione di tutti perchè inserito nel settimanale per i programma
TV il Venerdì di Repubblica del 20 dicembre 2013.
Ma studiare stanca ... e bisogna superare la frustrazione di imparare
ancora ... alla nostra età ... ahibò.
Eppure l'Italia è sotto il giogo neoliberista ... in più è
attortiglionata nella sua tradizionale cultura leguleia e di
conoscenza di psicologia aziendale, lavoro di gruppo, dinamiche di
gruppo, disturbi della comunicazione ... nessuna traccia.
Un fraterno dialogante saluto socialista di sinistra.
Luigi Fasce
Caro Luigi , dici cose qua e la anche interessanti, ma c'è anche tanta
confusione e ciò non aiuta a portare avanti una analisi e un progetto
socialista. Per esempio: tu dici : "lì siamo al capolavoro del
neoliberismo per cui gli Stati accettano per legge autoimposta (masochismo
pubblico) di essere valutati (agenzie private di reting).....
In realtà le società di rating dovrebbero servire agli investitori ed in
particolare ai fondi di investimento per orientarsi nel mercato finanziario.
Per esempio i grandi fondi pensionistici hanno nel loro statuto l'obbligo
di investire in titolo solo se questi hanno ottenuto dalle società di
rating il massimo di affidabilità (AAA). Il problema è che queste società di
Rating non sono valutatori super partes , come dovrebbero essere per
tutelare gli investitori, ma anzi!! sono in gran parte conniventi con il
peggior potere finanziario. Ecco perchè da più parti si è detto che è oramai
ora che gli Stati istituiscano delle società di valutazione autonome
rigorose e super partes, come la SEC americana che controlla la borsa.
Un altro aspetto che a mio parere dovrebbe essere approfondito è la storia
della " nostra spaventosa devastante macchina burocratica" . In realtà la
mostruosa macchina burocratica e la farraginosità del sistema pubblico
italiano ha come causa prima il potere politico e le sue modalità di
legiferare. Se le leggi sono "levantine", ossia costruite apposta per essere
continuamente discutibili ed interpretabili, frutto di compromessi ed
ambiguità, inutile prendersela poi con chi le deve applicare e far
applicare. E' che se il sistema legislativo diventa più chiaro e lineare non
possono aumentare lobby come quelle degli avvocati ( Roma e il solo Lazio ne
hanno di più di tutta la Francia) dei commercialisti e dei maneggioni vari
e non può aumentare il potere della burocrazia . Il regolamento edilizio
della città di Monaco di Baviera ( Reset, Gabanelli) consiste di un solo
foglio di protocollo. In Italia quando va bene è di almeno 100 fogli. Quindi
non è la burocrazia ma il legislatore che deve essere denunciato per primo.
Poi tu dici " Neoliberismo per me è quando la politica degli Stati è
asservita al potere economico finanziario " . Ma perchè ciò avvenga (
auspicando che gli stati di cui parliamo siano democratici) è prima
necessario che la maggioranza degli elettori di quegli Stati siano andati a
votare per governanti che condividono politiche liberiste e che dunque non
asserviscono affatto lo Stato a quelle politiche, ma semplicemente le
promuovono perchè così vogliono sia lo Stato. Se ciò avviene è perchè le
sinistre non sono capaci di creare nel paese una cultura prima e una
politica poi opposta a quella neoliberista. Se l'elettore non ci vota non è
che possiamo pensare di "abolire l'elettore" ma di chiederci dove noi
sbagliamo o dove noi non simo convincenti.
Terza puntata di un ragionamento. Possiamo dunque dire che l’Italia è un Paese neoliberista? Ecco l’opinione di Felice Besostri (segue qui sotto l'opinione di Luigi Fasce): . Insomma, alla domanda: viene da rispondere: . Di neoliberista, secondo me, ci sono state soltanto le condizioni per cui una minoranza delle famiglie italiane ha potuto accumulare una indecente quantità di ricchezza. Per il resto abbiamo preso il peggio del socialismo: un apparato burocratico (la nomenclatura) abnorme, l’inefficienza del funzionamento delle istituzioni e dei servizi (eccezion fatta, bisogna dire, per la sanità, dove veniamo collocati al secondo posto al mondo dopo la Francia), il clientelismo, il familismo, le raccomandazioni, nonché, last but not least, la povertà crescente. E’ che l’inefficienza dello Stato, le complicazioni burocratiche, il parassitismo, la corruzione, la durata dei processi, le complicazioni del diritto del lavoro, hanno spento la voglia di intraprendere, mentre la scuola, non meritocratica, costruisce ignoranza e costringe i migliori ad emigrare. Abbiamo perso pure il primato del “Paese più bello del mondo” e cioè nel turismo, dove siamo precipitati dal primo al quarto o quinto posto. In compenso abbiamo l’evasione fiscale più alta del mondo occidentale (mi viene in mente la Sec americana, certamente uno Stato neoliberista, che obbliga anche gli espatriati a presentare la dichiarazione dei redditi negli Stati Uniti; se c’è una differenza in meno rispetto alle tasse Usa, si paga al Tesoro americano; mentre la differenza con noi sta nella severità delle conseguenze). Parlare di uno Stato neoliberista in queste condizioni mi sembra un tantino azzardato. Mi fermo qui. Cordialmente.
Lorenzo Borla
Non mi appassiona invece discutere circa il carattere più o meno neo-liberista del Paese, una disputa terminologica in cui si può sostenere tutto e il suo contrario. Certo non siamo liberisti come gli USA (per fortuna!) e sotto molti profili nemmeno come la GB e il Giappone. Bisogna però vedere di che parliamo. Infatti il Giappone ha un debito pubblico molto superiore al nostro e questo non lo rende certo un paese socialista (cosa c'entri il debito con il socialismo francamente non lo so). Inoltre non dimentichiamo che il liberale liberista Cavour del debito se ne fregava allegramente pensando che lo sviluppo del Piemonte e l'Unità d'Italia fossero obiettivi ben più importanti del pareggio di bilancio, di cui si occupò in tempi successivi Quintino Sella.
Nemmeno il numero degli impiegati pubblici di per sé è significativo: sappiamo tutti che ci sono settori ipertrofici e altri drammaticamente insufficienti. Del resto un paese da sempre arretrato in termini di sviluppo industriale, salvo brevi stagioni felici, ha sempre dirottato nel settore pubblico ampi strati piccolo-borghesi, soprattutto al Sud: lo fece lo Stato liberale post-unitario, lo fece il Fascismo e lo fece la DC.
In quanto all'ipertrofia legislativa diciamo la verità. Qui si regolano ossessivamente le stupidaggini e non si normano le questioni veramente importanti. Il risultato, sotto gli occhi di tutti, è il dominio dei pescecani.
Detto ciò non mi avventuro in definizioni, che ritengo eccessivamente astratte, per descrivere una realtà che sotto molti aspetti è ancora quella dell'Italia corporativa di sempre (quella per intenderci contro cui polemizzarono gli autentici e rigorosi liberisti d'altri tempi, da Luigi Einaudi a Ernesto Rossi) mentre sotto molti altri corrisponde prevalentemente a una versione casereccia dei mantra neo-liberisti degli ultimi trent'anni.
L'Ilva ai Riva, le autostrade ai Benetton e la Telecom ai "capitani coraggiosi" probabilmente non sono autentico neo-liberismo, ma soltanto privatismo alle vongole, per parafrasare l'indimenticabile Ennio Flaiano.
In ogni caso il risultato non cambia e, qualunque cosa dicano gli ineffabili Letta e Saccomanni, è pessimo non soltanto perché ingiusto ma perché sempre più recessivo e pericoloso per la tenuta della democrazia.
Maurizio Giancola
altro elemento neoliberista è il favore dei redditi più alti sia legali (
guadagni finanziari) che illegali( evasione fiscale) rispetto al carico fiscale
dei lavoratori
. La percentuale di partecipazione al reddito nazionale dei redditi di lavoro
è costantemente diminuita così come il potere di acquisto di stipendi, salari e
pensioni
. L'ascesa sociale è bloccata. Siamo quindi una società divisa in classi.
Nella legislazione il peso delle lobby, delle corporazioni come l'alta
dirigenza pubblica hanno un peso maggiore di quello degli interessi di milioni
di cittadini: questo a me basta per dire chebabbiamo sposato il neoliberimso,
che poi sia un neoliberismo inefficiente, corrotto e persino con tratti
criminali è la nostra variante
Felice C. Besostri
OK, compagno,
sono i parlamentari che fanno le il coaecervo di leggi astruse ma
con i consulenti burocrati di Stato, mico sono tutti i parlamentari
esperti di come si scrive una leggi come il nostro Besostri ...
E' un sistema che si mangia la coda ... poi però le leggi a contenuto
neoliberista le fanno sempre nell'ultimo quasi trentennio i nostri
deputati di destra e di sinistra, sempre con la consulenza leguleia
per confondere il semplice elettore.
Certo un partito socialista avrebbe dovuto mettersi di traverso e
invece da Blair - Schroeder compresi i nostri italiani sostituiti
dagli ex comunisti hanno perseverato nella politica neoliberista.
Mi pare chiara la dinamica.
Il problema è come uscrirne da questo medello di Ue neoliberista
costruito attivamente dai partiti socialisti al governo di ben 13
stati europei a suo tempo.
Aspetto con ansia il programma di Schulz dove mi aspetto ci siano le
indicazioni per la costruzione di una Ue solidale il che vuol dire
riformare in tal senso i trattati, non approvare l'ultimo trattato
...TTIP ... (vedasi in allegato documento di denuncia) attualmente
in gestazione tra USA e Ue con il quale si sancisce che le
multinazionali possono denunciare gli Stati ... gli Stati !!!, il
Tribunale privato delle multinazionali sovranazionale a ciò
proposto in caso di mancato rispetto delle ferree regole del Mercato
con enormi sanzioni pecuniarie per gli Stati trasgressori.
Bello no ? passeremo dal "tribunale della Santa inquisizione" al
"tribunale del Sacro libero mercato".
Il tribunale è in via di realizzazione ... fermiamolo prima che possa
emettere la prima sentenza.
Luigi Fasce
Caro Luigi, meglio di me può descriverti che cosa è il neoliberismo il link
che posto di seguito
http://files.meetup.com/1812775/Neoliberismo%20in%20sintesi.pdf
Come potrai leggere , il neoliberismo non è, come molti tendono a far
credere una dottrina economica con basi "scientifiche" e quindi "perfetta"
perchè non politica , come uno dei suoi principali esponenti tendeva a far
credere (Friedman) ma un pensiero politico ben preciso che potrei così
sintetizzare: esiste il singolo, l'individuo e non la comunità! come diceva
la Thatcher. Anzi: qualcosa di molto più vicino ad una "ideologia" di quanto
possa esserlo il pensiero socialdemocratico ( nell'interpretazione del
manifesto di Bad Godesberg). Quindi, politicamente parlando, o ci sforziamo
di capirlo a fondo e quindi di immunizzarci da esso ( Blair, per citarne uno
di sinistra, ne fu in parte attratto, svilendo cosi il Labour party), o non
riusciremo mai a combatterlo perchè : far credere che tutti possiamo essere
milionari come Berlusconi è più facile che far credere, e quindi impegnarsi
anche con il voto, in una società socialdemocratica che vede nel senso della
socialità, della comunità dell' eguaglianza, il modo migliore di essere
parte di una società.
Caro compagno,
intanto ti ringrazio per la segnalazione della esauriente e precisa
definizione di Neoliberismo ... personalmente ho appena finito di
scrivere un libro e l'argomento è trattato ampiamente ... spero che
questa definizione venga letta da quanto sembra che ancora non
conoscono il neoliberismo e le malafatte compiute ... stati attento
però che se credi a quello che è colà scritto ti devi accollare, come
me, il peso dell'accusa di complottista ... che per chi la lancia
significa paranoico.
Per costoro è questione di sistema, sistema che gira di per sè, senza
umana intenzionalità.
Ho appena letto lo spartiacqua individuato da Bellavita, finalmente
collima con quanto ho precedentemente segnalato in questa lista ...
l'instaurazione finale del neoliberismo ... con il corollario che è
dovuto a ogni regime ... il "Tribunale" supremo a cui le
multinazionali si possono rivolgere per accusare gli Stati di
illegale interferenza in campo economico-finanziario e sanzionare con
multe pesantissime.
Vedremo se Renzi l'illuminato del PD che indicazioni darà a Letta in
proposito ... Letta già si sa è prono al diktat annunciato del TTIP.
Siccome il compagno Bellavita dice che" E' sui ttip e non sull'art.
18 che si può misurare chi è di destra, chi è di sinistra, e chi un
provinciale scemo....", qualcuno sottoponga il dilemma a Renzi così
vediamo se è veramente di sinistra o gli piace cianciare.
Un fraterno dialogante saluto socialista di sinistra.
Luigi Fasce
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