Il Circolo Carlo Rosselli è una realtà associativa presente a Milano sin dal 1981. http://www.circolorossellimilano.org/
venerdì 31 maggio 2013
Aldo Penna: Le mura di Gerico
Letta che tira un respiro di sollievo dopo le elezioni amministrative equivale a un sorso di acido scambiato per acqua fresca. La massiccia astensione che da nord a sud ha caratterizzato i dati elettorali, è il fatto più evidente. Milioni di cittadini hanno votato con i piedi: restando a casa invece di recarsi alle urne. Il distacco tra paese reale e politica ha preso le vie della fuga.
L'astensione è il partito di maggioranza. La sfiducia la sua dama di compagnia. Pensare al voto come una convalida dell'ammucchiata di governo è vedere con strabismo interessato l'attuale disastro. A parole tutti vogliono cambiare il Porcellum, poi appena una mozione prevede la cancellazione della legge e il ripristino dell'uninominale, l'oligarchia del Pd grida al sabotaggio della sacra unione e all'eresia mentre i caporali degradati del Pdl si allineano ai nuovi compagni di coalizione,
opponendosi al buon senso e tradendo le loro stesse dichiarazioni precedenti.
Dunque Porcellum per sempre. Almeno fino a quando qualche tornado non spazzerà le roccaforti dell'oligarchia italiana di ogni colore ben salda e poco disposta a farsi soppiantare.
Già durante le elezioni presidenziali il Pd si era bruciato i ponti alle spalle, affossando Prodi, nel timore dell'irruzione di un Presidente che avrebbe spianato la strada a collaborazioni di governo eversive dell'ordine consolidato. Poteva il cerchio magico del Pd immaginare per se stesso un percorso che comprendeva riduzione degli stipendi, divieto del cumulo delle cariche, limitazione dei mandati, abolizione di migliaia di privilegi corporativi? Quelle proposte equivalevano a una
persecuzione, a una condanna sicura per molti. L'agguato a Prodi ha fugato il pericolo e ha fatto sospirare di sollievo i fautori, moltissimi, del nuovo governo.
Le mura che difendono Letta e la sua maggioranza sono solide come le imprendibili mura di Gerico, che si sgretolarono sotto i colpi dell'arca dell'alleanza. L'enorme astensione è un esercito per ora in fuga che può improvvisamente fare dietrofront e abbattersi contro chi lo spaventa e opprime. "La storia è un cimitero delle elite" scriveva Pareto. La libera circolazione delle dirigenze politiche e amministrative, sono il sale e il segno di distinzione delle democrazie. Le oligarchie italiane
truccano i dadi e cambiano le regole ogni partita pur di non rassegnarsi.
Così mentre trascorrono le settimane, deprimono i consumi, aumenta la disoccupazione, tracolla e si dissolve la speranza per milioni di cittadini. Sulle mura di Gerico, Letta guarda i falliti assalti e sorride.
Intanto i mansueti, sempre meno silenziosi, girano attorno a quelle mura in attesa del grido liberatorio che le faccia crollare.
Aldo Penna
giovedì 30 maggio 2013
Paolo Bagnoli: Più di un campanello d'allarme
Dall'Avvenire dei lavoratori
La situazione politica
Più di un campanello d’allarme
Quando un così grande numero di cittadini rimane a casa deve essere dichiarato lo stato di crisi della democrazia rappresentativa.
di Paolo Bagnoli
Se ci è permesso aprire con una battuta, vorremmo dire che le recenti elezioni amministrative sono state le elezioni del non voto. Infatti, rispetto alle precedenti comunali, il calo dei votanti è stato del 19,2%; se si esclude Roma, ove si è votato meno che in altri comuni, la percentuale si riduce al 14,4%. Le cifre fanno riflettere ed è doveroso farlo perché l’astensione alle elezioni comunali in un Paese quale l’Italia ove i Comuni sono, storicamente, la centralità della vita pubblica, suona come un qualcosa di più rispetto al solito campanello di allarme. Per cercare di capire il giudizio esso deve essere politico, globale e non, come talvolta avviene, sociologico o statistico.
Vediamo un po’. Intanto, quando un così grande numero di cittadini rimane a casa, la prima considerazione è che lo stato di crisi della democrazia rappresentativa deve essere obbligatoriamente dichiarato. Ciò rende tutto più relativo e carico di responsabilità collettive. Tale situazione, per esempio ci dice, che pur essendo incontrovertibile la buona riuscita del Pd dovuta anche al fatto che tutti gli altri sono andati peggio, a cominciare dal principale partner di governo, il Pdl, essa non può sbrigativamente essere considerata come un’inversione di tendenza rispetto alla crisi di credibilità della politica. Né, oggettivamente, ricondotta alle performances del governo se pur Enrico Letta, che onora bene l’incarico di presidente del consiglio, ha giocato a favore del suo governo improbabile il risultato del proprio partito. Di sicuro, per uno di quei paradossi veloci che talora la politica ci riserva, a meno di problemi che gli provengano dal suo stesso partito, da quanto ieri poteva temere di più, ossia il Pdl ora, invece, il governo trae forza, considerate le panie giudiziarie di Silvio Berlusconi che di esso ha bisogno per giocare la propria personalissima partita.
Se il Pdl perderà, come sembra negli atti, anche la guida del comune di Roma, esso non esprimerà più il sindaco di alcuna delle grandi città italiana. Un fatto significativo di un altro avvio di processo, considerato che, data un’occhiata ai risultati della Lega, non basta più l’asse verde-azzurro per guidare non solo il Paese, ma neppure suoi segmenti rilevanti. Ciò aumenta le responsabilità del Pd anche perché Marino, da tempo più sulla scia di Sel che del suo partito, sembra essere un corpo centrifugo in una massa cui la segreteria Epifani dovrebbe rimettere ordine: vasto programma!
Il terzo rilevante fattore è lo sgonfiamento del movimento di Grillo. Con la facilità con la quale era emerso, e in che misura, così si è reimmerso, potremmo dire in virtù della più elementare delle leggi della politica: che per starvi dentro, se pur contestandola oppure sfasciarla come loro si propongono di fare, non si può rinunciare ad averne una. Non solo, ma occorre un personale che può benissimo esservi catapultato da altro, ma che, al pari di ogni qualsiasi attività umana, una volta che si trova lì, deve sapere il da farsi; imparare, insomma, il mestiere. Si può dire che i grillini se la sono suonata e cantata. Se volessimo essere scientifici dovremmo aggiungere che il disegno non politico di Grillo, di cui pure egli stesso ha fatto le spese, è riuscito in pieno in quanto, essendo molto attendibile che le astensioni provengano proprio da chi li aveva in precedenza votati, niente è più non politica che lo stare a casa il giorno delle elezioni disertando le urne. Beppe Grillo quindi, se pur paradossalmente, potrebbe vantare – pardon – urlare vittoria.
La parabola del movimento grillino consumatasi tra le elezioni politiche e quelle amministrative, tuttavia, ci consegna un ulteriore campo di riflessione; ossia, i danni della raffigurazione della politica quale casta; il castismo come la causa della crisi democratica. La casta, non l’assenza di politica. Ci siamo spesso domandati perché, relativamente ai costi della politica, il saggio di diversi anni orsono redatto da Cesare Salvi e Massimo Villone non abbia prodotto un effetto pari a quello di Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo. Per dirla in breve, crediamo perché il primo si poneva una questione politica e della politica; l’altro certo si occupava della politica, ma solo in senso accusatorio e inquisitorio. La categoria del castismo – nata con Stella e Rizzo non certo con Salvi e Villone – ha finito per riassumere tutta la politica e il suo operare nel problema dei costi, quale questione riassorbente alla fine tutte le altre questioni, ma in modo agitatorio, non curandosi di correggere le abnormità – il finanziamento ai partiti così concepito è il più grande di tutti – né di garantire l’esemplare punizione della malversazione del pubblico denaro.
E il bello è che, usciti Salvi e Villone dal Parlamento, quasi tutti hanno alzato le mani e non c’è stata carica istituzionale che, appena insediatasi, non abbia subito preso le forbici per tagliare qualcosa; lo stesso governo ha abolito ora l’indennità di carica per i ministri che siano anche parlamentari, ma un decreto per bloccare subito un finanziamento indebito, e le conseguenti rate, non è stato fatto. E poiché tutti hanno tagliato, tutti vogliono ancora tagliare, se si raffronta ciò con l’astensione dalle elezioni e la sua portata, i loro gesti non hanno riavvicinato i cittadini alla politica e Grillo ha, paradossalmente, avuto estrema ragione.
Tra il fare politica e il fare notizia non sempre vi è coincidenza e allora se è giusto riconsiderare stipendi e spese complessive, ciò non può basarsi né sul moralismo né sulla demagogia, ma su una ricomposizione della statualità e della politica democratica che, come diceva Sturzo, porti la politica “ad inginocchiarsi alla morale” e la democrazia a sviluppare non “riformismi” che non si sa cosa sono, ma riforme: di struttura, di lotta, d’intervento e consistenza sociale vera.
L’Italia non si salva nella strettoia di un’Europa assurda e pericolosa anche a se stessa, ma reinventando una politica democratica per la quale i cittadini non sono il “popolo delle primarie” o coloro ai quali appioppare listini e liste bloccate, bensì i soggetti della sovranità. E i partiti, dal canto loro, non sono centri mobili di raccolta a capienza variabile, ma soggetti identitari di cultura politica e fautori di chiarezza programmatica sulla base dell’idea di Paese che hanno e degli interessi di cui si sentono portatori. In altri termini, né “novisti” né “rottamatori”, ma ideologicamente e identitariamente conformati, vale a dire dotati di una precisa nozione razionale di realtà e su come la rappresentano e, quindi, la vogliono cambiare
Felice Besostri: Giù le mani dalla Costituzione
Il Mattarellum non è un'alternativa al porcellum. Bisogna tornare ad un sistema proporzionale senza trucchi. La maggioranza politica si costruisce insieme a quella sociale. La maggioranza degli italiani è vittima di questa politica economica dettata da gruppi di potere in grado di condizionare l'opinione pubblica intossicata dai costi della politica, che guarda caso ha come obiettivi principali gli organi rappresentativi elettivi. Un Parlamento di nominati con la copertura di esperti lottizzati con il bilancino si appresta a cambiare/stravolgere la Costituzione prima di averla attuata. In Cile tutta la sinistra chiede l'Assemblea Costituente, vogliamo almeno chiedere un referendum preventivo sulla forma di governo:1)parlamentare 2)semipresidenziale 3) presidenziale? Questa maggioranza ha i 2/3 per manomettere la Costituzione senza un referendum confermativo come hanno fatto con gli articoli 81,97,117 e 119 Cost. Per 8 anni ci hanno tolto il diritto di eleggere i parlamentari ed ora addirittura di sceglier in quale tipo di Stato vivere. Basta. Torni lo scettro nelle mani del popolo sovrano( art. 1 Cost), solo così potrà rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese(art. 3 Cost.).Non è un programma grandioso! Non c'è bisogno di essere degli estremisti per indignarsi per il pericolo che corre la nostra Costituzione , basta essere dei democratici incazzati
Felice Besostri
Vittorio Melandri: Il carro e i buoi
IL CARRO E I BUOI …. CON LE CORNA INFIOCCHETTATE
A chi non è capitato di uscirsene con “battute infelici”?
E non di rado capita anche di accorgersi con il senno del poi, quanto siano rivelatrici di un “non detto” che ci portiamo sepolto nell’inconscio, e che a volte erutta improvviso come lava da un vulcano in sonno.
Da ultimo, persino il “Divo Giulio”, è stato indicato come portatore (ovviamente sano) di una battuta infelice, a detta di uno che lo conosceva bene, il figlio; e riferita ad una battuta (l’avv. Giorgio Ambrosoli che se le l’era cercata, la pallottola commissionata da Sindona e sparata da Aricò), che nel caso, una battuta infelice non era, ma rivelatrice senz’altro sì.
La battuta eruttata ieri dal petto del Primo Ministro pro tempore in carica Enrico Letta, quella per cui la mozione presentata da Roberto Giachetti che chiedeva l’immediata abolizione del Porcellum e il ritorno al sistema elettorale del Mattarellum sarebbe stato un ……
… “mettere il carro davanti ai buoi” ….
… rivela appunto quanto attenzione, questa immonda classe politica, riservi al …..
… “parco buoi”!!
Che nel caso, si deve intendere come una espressione che una subalterna in tutto classe politica, mutua inconsapevolmente dal gergo della finanza, ma rivelando appunto la considerazione vera in cui tiene i “buoi elettori”, che dopo essere stati da tutti derisi, rivoltando ciascuno per la sua parte (Grillo Casaleggio e relativi ‘buoi’ compresi) il senso del voto, oggi vengono anche ulteriormente derisi e truffati da una iniziativa legislativa che subordina l’approdo ad una nuova legge elettorale, addirittura ad uno stravolgimento della Costituzione.
Segnalo per altro il veleno truffaldino che si insinua nelle pieghe dell’iniziativa.
Dice Letta che alla fine del percorso di revisione della Costituzione, che dovrebbe essere fatta con i cittadini per i cittadini, si dovrà andare a referendum confermativo.
Or bene, posto che ci si arrivi…. all’approvazione ‘condivisa’ della detta “revisione”, questa non potrà che passare per l’attuale Art. 138.
Primo problema:
pensano forse di cambiare il 138 come prima cosa? e come????, come si modifica un articolo che regola le modifiche???
Secondo problema:
Se il 138 rimane com’è, al terzo comma recita…..
“Non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti.”
Ergo, se la revisione viene approvata dai 2/3 come i numeri oggi consentono, col cavolo che si arriva al referendum…. e se i 2/3 non ci sono, col cavolo che al referendum si arriva per gentile concessione di Enrico Letta…
Insomma, gira e rigira, una volta infiocchettate le corna dei buoi, questi come sempre si portano al macello, che il carro sia dietro e sia davanti, la destinazione resta segnata, ed è facile scommettere che alle prossime elezioni, l’unica consolazione saranno le dimissioni cariche di “vibrante indignazione” del sig. Presidente Giorgio Napolitano, ma la legge elettorale sarà ancora quella porcata in vigore….
O …. Qualcosa di peggio, molto peggio!!!!
mercoledì 29 maggio 2013
Felice Besostri: Contributo al CN del PSI
Cari Compagni del Consiglio Nazionale
Non ci sarò al CN. Sono rientrato da un lungo e politicamente interessante soggiorno in Cile e l'arretrato che mi trovo in studio con scadenza processuali proprio mercoledì mi impediscono di esserci. D'altra parte compito di questo CN è quello di convocare il Congresso per l'autunno. Dovrebbe essere un Congresso di rinnovamento, ma con la nostra norma del tesseramento biennale c'è poco da rinnovare. La platea degli iscritti, pare, si sia ridotta alla metà. Dovremmo mettere una norma transitoria che preveda per giovani e donne una deroga. In parallelo al Congresso del PSI si devono prendere iniziative di aggregazione dell'area che possiamo definire di "socialismo largo": circoli ed associazioni spesso hanno tenuti vivo il nome anche dove il PSI era scomparso.Il risultato elettorale e le vicende del PD si riflettono sull'intera sinistra e dentro questa sinistra la voce socialista è flebile, anche perché nbon ha mai perseguito con decisione una politica: si è passati da alleanze elettorali con Segni a quelle coi Verdi, da quelle con Dini alle liste di Sinistra e Libertà nel 2009. Scegliere di essere collocati a sinistra dello schieramento politici non comportava di far sconti a nessuno o di dover rinunciare ai nostri valori ed ad un nostro profilo autonomo. La Costituente Socialista poteva essere lo strumenti, se non fosse fallita anzitempo. I gruppi dirigenti del PSI, tra i quali mi metto anch'io, hanno le loiro responabilirtà, ma è evidente che le elezioni anticipate del 2008, frutto della convergenza tattica di Bertinotti e Veltroni, tanto per semplificare, hanno impedito che si celebrassero le Europee con un PSI e una sinistra complessivamente ancora in Parlamento, invece che eliminata dalla L. 270/2005 per il Parlamento Nazionale e con le modifiche alla legge elettorale europea anche da quello europeo. Nella sinistra non si doveva portare pace, ma guerra, ma avendo ben chiara la meta di una sinistra parte integrante del socialismo europeo ed internazionale. Porre la "Questione Socialista" non come il problema dei socialisti, ma dell'intera sinistra italiana, che se non risolta è la causa prima della sua debolezza. Allo stesso modo che la Questione Meridionale da Dorso a Salvemini e fino a Gramsci è una questione nazionale, non degli sfortunati abitanti di quelle plaghe. Il progetto del PD, che è nato accelerando la Caduta de Prodi e che ha fatto il deserto a sinistra, è in affanno, e non saranno i risultati di questa tornata amministrativa di questa tornata amministrativa a rianinarlo. Tuttavia finché sarà la migliore macchina elettorale del centro Sinistra le sue contraddizioni non scoppieranno. D'altra parte siamo in una crisi economica, istituzionale sociale, politica e morale, di cui non si vede la fine e perciò chi ha qualcosa da difendere interessi, potere lo difende anche a costo di nettersi di traverso dell'opinione pubblica o di assecondarne gli istinti più bassi. La politica rinuncia ai suo ruolo, quello previsto dall'art. 49 Cost., che non a caso è stato attuato. Veniamo a noi. A un precedente appuntamento impegnato in uno dei tanti episodi della mia lotta al porcellum avevo sottoscritto i due documenti delle opposizioni, antipando a loir fusiuone. Da allora poco ho sapurto e anche in questi giorni nulla so di comne le opoisizioni si presenteranno al CN. Si continua così in un metodo poco partecipato, che ha un senso per chi è in maggioranza e politicamente sbagliato. Chi non è mai stato in maggioranza, a differenza di alcuni di voi, vuole portare avanti una linea politica alternativa a quella praticata. Come è possibile farlo ? Materializzandosi in un CN, leggendo un documento preparato da un gruppo ristretto e alzare la manina. Questa idea di partito e di politica in cosa si differenzia da quella della maggioranza? Il Congresso porrà a confronto programmi e idee alternative, per fare crescere, e non frantumare, il Partito, farlo diventare un riferimento dell'area socialista grande, di cui è parte , ma che nel PSI non si esaurisce.Per la costruzione della piattforma congressuale non dobbiamo rinchiuderci nel passato, ma avere riferimenti anche fuori, anzi soprattutto fuori. A questa sfida di conquistare donne e giovani, nel gruppo parlamentare c'è una sola deputata, sono chiamati tutti maggioranza ed opposizione. Quando la crisi richiederebbe risposte socialiste nel senso di ridurre drasticamente le diseguaglianze e le ingiustizie, non si può tollerare che non ci sia un grande ed autorevole soggetto politico socialista e non solo nel nome.
Felice Besostri
martedì 28 maggio 2013
Franco Astengo: Amministrative 2013
AMMINISTRATIVE 2013: UN’ANALISI “POLITICISTA”
dal blog: http://sinistrainparlamento.blogspot.it
La valutazione più sconcertante che è stata sviluppate in queste ore post-elettorali viene da alcuni membri del governo Letta che hanno giudicato positivamente la crescita dell’astensionismo, considerandolo un potenziale “voto di fiducia” allo stesso governo.
Un “voto di fiducia” quasi d’attesa verso gli sviluppi che l’attività dell’esecutivo potrà avere, risolvendo i problemi più urgenti che le cittadine e i cittadini si trovano ad affrontare al centro della crisi: disoccupazione, taglio drastico del welfare, riduzione del potere d’acquisto, precarie condizioni di vita per milioni e milioni di persone.
Una valutazione, questa dei ministri, che davvero dimostra come non ci renda conto ( o meglio, non ci si voglia rendere conto) dello stato delle cose in atto: quello di un vero e proprio “logoramento” nella trama democratica del Paese, ben oltre il fenomeno già denunciato e analizzato della cosiddetta “disaffezione al voto” (un tempo giudicata come fenomeno di allineamento della democrazia italiana, alle considerate “più mature” democrazie occidentali, quelle dell’alternanza).
La affrettata analisi che seguirà in questo testo sarà costruita su di un impianto analitico volutamente “politicista”, non rispettoso prima di tutto della regola aurea del confronto “elezione per elezione”, amministrative con amministrative, politiche con politiche.
In questo caso volutamente si è cercata la comparazione tra elezioni politiche ed elezioni amministrative per almeno due motivi: il brevissimo lasso di tempo intercorso tra le due consultazioni e l’esito dirompente che la consultazione politica aveva avuto, presentando un tasso di volatilità tra i più alti della storia repubblicana, che aveva portato alla rottura dello schema bipolare su cui si erano attestate le forze politiche negli ultimi quindici anni.
Adesso si dirà che si è verificato un ritorno a quello schema: tutti i ballottaggi saranno tra centrodestra e centrosinistra (con quest’ultimo schieramento in netto vantaggio) ed il “terzo incomodo” rappresentato dal M5S appare già fortemente ridimensionato.
Il calo di consensi del M5S c’è, indubbiamente, e sarà analizzato più avanti.
Ma il bipolarismo non è tornato in auge: il “terzo incomodo” c’è, ben consistente, e con il quale l’intero sistema dovrà fare i conti. Si chiama astensionismo.
Un astensionismo di notevolissima portata, con un risultato che solidifica ed amplia da questo punto di vista quello già molto rilevante delle elezioni politiche.
Andiamo per ordine.
Allo scopo di realizzare questo primo abbozzo d’analisi sono stati, infatti, presi in considerazione 33 comuni: quelli capoluogo più altri considerati i più importanti tra quelli presenti nella lizza elettorale. Anche in questo caso ci saranno obiezioni, sia rispetto al metodo, sia rispetto alla scelta specifica: ma era necessario poter avere, infatti, dei dati “politici” sui quali lavorare nel più breve tempo possibile e questa è stata considerata l’opzione di lavoro maggiormente opportuna.
Sarà presente nel dibattito anche un’altra obiezione: quella relativa al peso del risultato di Roma rispetto all’intera analisi, ma si tratta di un dato inevitabile comunque e quindi da accettare considerandolo come elemento del beneficio d’inventario che, in questi casi, deve essere sempre e comunque richiamato.
Oltre ai comuni capoluogo sono stati quindi presi in considerazione anche i comuni di: Cinisello Balsamo, Sestri Levante, Sarzana, San Donà di Piave, Imola, Monte Argentario, Viareggio, Massa, Sabaudia, Velletri, Maddaloni, Grumo Nevano, Molfetta, Monopoli, Bisceglie, Locri, Castellamare di Stabia e Scafati.
Nella sua crudezza il dato dell’astensionismo sta riassunto in queste due cifre: elettori vanti diretto 3.817,384; voti espressi validamente 1.888.328. Nella sostanza la maggioranza assoluta degli aventi diritti non si è espressa attraverso la non presentazione alle urne, la scheda bianca o quella nulla ( esattamente 1.929.056 elettrici ed elettori). Altro che “fiducia preventiva”!
Il “non voto” è quindi cresciuto, tra il 24 Febbraio ed il 25 Maggio di 689.737 unità per quanto riguarda ovviamente i 33 comuni presi in considerazione ( tutti omogeneamente hanno fatto segnare un calo, in questo senso).
Il calo del M5S è evidente e vistoso: il 24 Febbraio raccolse, in queste realtà, 684.227 voti; il 25 Maggio ridotti a 186.685 con un meno 498.542. Si potrà discutere sulla “qualità” di questa flessione, ma sulla sua consistenza credo proprio che non risultino obiezioni da apportare.
Tutte le altre aree politiche risultano in calo, rispetto al “campione” preso in considerazione.
L’area di centrosinistra (PD,SeL, Centro democratico) aveva ottenuto 859.514 voti, mentre alle amministrative lo stesso schieramento (anche se Sel in alcune occasioni, come ad Imperia e a Siena ha preferito lo schieramento di sinistra) oltre alle liste civiche apparentate si è fermato a 744.789 voti, con un calo di 114.725 unità.
E’ andata peggio al centrodestra (PDL, Lega Nord, Fratelli d’Italia e La Destra): alle politiche 651.082 voti, alle amministrative (comprese le liste civiche apparentate) 475.844 (con una crescita in valori assoluti di Fratelli d’Italia che, grazie al buon risultato di Roma hanno acquisito circa 14.000 suffragi in più) con un calo di 175.238 voti.
Al centro il trio Scelta Civica-UDC- FLI a Febbraio si era attestato su 271.173 ( i dati delle politiche che sono stati considerati sono quelli relativi alla Camera dei Deputati), adesso pur con l’ausilio di liste civiche (comprese quelle cui faceva capo il candidato sindaco di Roma, Marchini) siamo a 148.467 voti, con un calo di 123.706 consensi: una cifra davvero rilevante.
Infine l’area che aveva dato vita (si fa per dire) a Rivoluzione Civile che, nei 33 comuni presi in considerazione si era fermata a 75.475 voti, ridotti adesso a 49.129, con un meno 23.346.
Da notare che a Liste Civiche non classificabili d’acchito sono toccati, nella tornata amministrativa del 25 Maggio, ben 283.434 voti.
Sono state usate le cifre assolute e non le percentuali proprio per rendere immediata l’idea della consistenza dei vari risultati: se ne evince, ad esempio, che il M5S nei 33 comuni presi in considerazione ha ceduto poco meno dei ¾ dell’elettorato acquisito alle elezioni politiche.
La conclusione non può essere altro che quella di ribadire la realtà di un vero e proprio “logoramento” del tessuto democratico e del quanto appaia illusionistica l’idea di un improvviso ritorno di fiamma del bipolarismo.
La situazione è grave e, contraddicendo Flaiano (anche con il pensiero rivolto agli effetti drammatici della gestione capitalistica della crisi) anche seria.
Franco Astengo
lunedì 27 maggio 2013
sabato 25 maggio 2013
venerdì 24 maggio 2013
Francesco Maria Mariotti: Italia, USA, Libia
"Noi andiamo e liberiamo il mondo, ma poi ce ne andiamo. e quella palla continua a rimbalzare" Così - più o meno, riscrivo a memoria - viene fatto dire al deputato Charles Wilson (impersonato da Tom Hanks) nel film a lui dedicato, che racconta con toni quasi farseschi come si decise di cambiare "ritmo" alla resistenza afghana contro i sovietici negli anni '80.
Scelta che ha portato alla vittoria contro i sovietici, ma anche al conseguente prevalere di forze integraliste in Afghanistan.
"Questi fatti sono accaduti, sono stati grandiosi, e abbiamo cambiato il mondo... e poi abbiamo scazzato il finale."
Scusandomi per la non particolare eleganza dei termini, anche questa è una frase (viene presentata come virgolettato, quindi realmente pronunciata) di Charlie Wilson, che scorre nelle ultime immagini del film.
Guardavo questo film l'altro sera, con la mente rivolta alla Libia, al fatto che - come racconta Molinari in un articolo di pochi giorni fa - Obama chiede aiuto all'Italia per gestire quel caos irrisolto.
Non si capisce esattamente cosa questo voglia dire in termini strettamente pratici (nuovo invio di soldati? solo rafforzamento dei controlli lungo i confini? solo "base operativa" per i nuovi marines arrivati a Sigonella?)
Comunque nulla di nuovo sotto il sole, viene da dire: una guerra pessima, partita in fretta, ideata male (ma per "idearla" sarebbe stata necessaria un'idea, le cui tracce non si sono mai viste), gestita così così, e il cui esito appare quanto mai dubbio.
Perché? Perché queste guerre umanitarie per definizione - temo di averlo già detto in passato - non hanno "esito". Per avere un esito bisogna che ci sia un calcolo, un qualcosa di materiale da vincere. Non un valore per cui combattere. Se si combatte per un valore, non c'è soluzione, non c'è exit strategy (anche se poi magari bisogna andarsene comunque); perché i nuovi governanti spesso sono peggio dei vecchi, e il valore che hai difeso una volta richiederebbe ancora il tuo impegno.
Che naturalmente - però - non può essere infinito: gli americani - ma non solo loro, soprattutto in questo caso - "scazzano nel finale" (chiedo venia), e... "la palla continua a rimbalzare".
Ecco che Obama lusinga Letta parlando dell’«importanza del ruolo dell’Italia per la stabilità della Libia»; detta in breve: grane pesanti in arrivo.
Fossi uno dei soldati italiani di stanza a Sigonella o già in Libia (se non erro ufficialmente abbiamo per lo più mandato istruttori; anche se spero che vi siano nutrite truppe di osservatori e "collaboratori" "non ufficiali"), comincerei a preoccuparmi. Anzi, probabilmente sono già molto preoccupati.
Ottimi professionisti della guerra, come oramai ci viene riconosciuto da più parti, i nostri soldati sapranno comunque gestire al meglio questa situazione. Ma non sarà facile, anche se venisse confermato - temo sia difficile che ci si limiti a questo - il solo compito di preparare le truppe libiche "regolari".
Dal punto di vista politico, c'è da sperare che il governo italiano contratti al meglio - anche in sede europea - cosa ce ne viene da un impegno simile, che durerà parecchio; oltre naturalmente alla tutela dei nostri diretti interessi.
Dal punto di vista strategico-militare, spero che le sinergie fra esercito americano, italiano e altri presenti siano migliori di quelle viste in alcuni momenti in altre situazioni, altrimenti saranno guai.
Dal punto di vista umano, spero naturalmente che la cosa si risolva con una gestione difficile, ma senza troppi danni e lutti per noi (ma temo sia un'illusione...)
Un pensiero alle donne e agli uomini che forse stanno volando in questi giorni in Libia, e a quelli che sono già lì; a coloro che da qui collaboreranno alle operazioni, quali che esse siano: molte di queste persone rimarranno per noi dei "senza volto", per sempre.
Un pensiero anche alle donne e agli uomini che attenderanno con ansia notizie dei loro cari.
FMM
giovedì 23 maggio 2013
Paolo Bagnoli: Un volgo disperso
Dall'AdL
Un volgo disperso
Sul fermento nel campo vasto del socialismo italiano
di Paolo Bagnoli
Non è poco il fermento nel campo vasto del socialismo italiano; la diaspora dopo la fine del Psi, cui fa seguito il travaglio seguito alla vicenda complessiva della sinistra italiana, fatta naturalmente eccezione per coloro che hanno scelto di stare a destra, non ha significato dispersione e nemmeno negazione della possibilità di un reincontro in una qualche maniera strutturato anche se ciò non significa pensare di far rinascere il Psi finito nel naufragio del craxismo.
Non è finito il socialismo; né i suoi valori, né, tantomeno, il portato di una presenza storica fondamentale e incancellabile nella storia italiana: culturalmente, civilmente, socialmente, politicamente. Da tempo tale spazio, vitale per la democrazia e la sinistra italiana, non è adeguatamente interpretato, soggettivizzato e politicamente interlocutore della vicenda italiana. I socialisti che non sono andati a destra – e non ci riferiamo solo a coloro a suo tempo militanti nel Psi ma anche a quelli che, nel post Psi, hanno maturato una scelta socialista – da tempo oramai si vanno, in varie forme e modi, incontrando, discutendo, interrogandosi su un futuro che non riguarda le loro possibili nascoste intenzioni di personalismo politico, ma il modo in cui restituire quella dignità di ruolo, organizzazione e interlocuzione politica che spetta al socialismo nel contesto della crisi aspra della democrazia italiana. È alla rinascita del socialismo che si collega l’opzione possibile di rinascita della sinistra italiana; di un soggetto concretamente ancorato a valori di ragione e funzione storica.
Esiste una vitalità che fa molta fatica a emergere e comporre un canone di intenzione politica comune. Essa, in più, non è sicuramente favorita dal fatto che non pochi compagni militino in diversi partiti del centro-sinistra, svincolati da una comune appartenenza partitica. E’ una constatazione che non vuole essere critica di libere scelte; il problema è se si considera la questione di cui sopra nell’ottica del proprio pensarsi autonomamente oppure in quella di far sì che si ritenga che essa possa essere avviata a soluzione, basti che questo o quel partito marci, come qualche autorevole compagno ha auspicato, verso un “orientamento” socialista. E’ quasi banale controbattere che il socialismo non è un “orientamento”, ma una scelta identitaria piantata nella storia e nelle lotte del Paese e se l’orientamento può essere assolto dallo stringere rapporti con sigle socialiste sovranazionali, per esempio il Pse, ciò è certo rilevante, ma non dirimente poiché il tutto continua a rimanere aperto.
Bisogna anche dire che, tra le tante drammatiche irrisolutezze e difficoltà della nostra democrazia, ve ne è una che può apparire tutta concettuale mentre è genuinamente politica. Essa consiste nel considerare come sinistra quella parte che si oppone alla destra. Non è così. Chi si oppone alla destra è, o dovrebbe essere, un “progressista”. Chi è progressista oggi in Italia? Sul partito di Monti avremmo qualche riserva e sul movimento di Grillo qualcosa di più. Dopodiché, certo, chi si oppone alla destra è, in quanto tale, un alleato possibile per la sinistra. Ma definire “di sinistra” il Pd tutto quanto è cosa che nemmeno i democrat sostengono. Mentre Sel è senza dubbio una forza di sinistra, pur se talora pare modularsi più in funzione delle dinamiche interne al Pd che non di una ricomposizione della sinistra italiana.
Parimenti, scommettere sui giochi di ruolo interni al Pd affinché si sposti un po’ più a sinistra, ci sembra inutile e non certo perché gradiremmo un Pd più a sinistra, ma in quanto la logica di quel partito non gli permette di andare oltre la frontiera del “progressismo”.
Siamo, insomma, dentro una fase che è non solo di transizione, ma di sbandamento, e però anche di ricerca. E siamo convinti che dai socialisti, “volgo disperso” che partito non ha, ci si aspetta che un colpo venga battuto.
Ora, affinché tale colpo si senta, occorre che qualcuno ritenga di avere la soluzione in tasca e, quindi, cerchi di imporre la propria idea; e occorre che si ricompongano le basi culturali della ragione socialista in un’ottica non solo “culturale”, bensì politica e, quindi, nelle condizioni di cercare di interloquire pensandosi autonomamente rispetto al quadro complessivo del centro-sinistra, della stessa Sel e pure del Psi, oggi ovattato nelle pieghe del Pd.
Ciò detto, che fare? Come sappiamo bene non esistono soluzioni tecniche che risolvano quelle politiche. Per cui non sarebbe possibile pensare di procedere con un passo di nuovo partitismo e non per la logica frusta del nuovo “partitino” – anche Sel è un partitino e del Psi non se ne parla.
Un soggetto politico, grande o piccolo che sia, è tale se vi sono ragioni identitarie che lo rendono non uno strumento politicista di un dato momento della vicenda politica, ma espressione di un disegno che coinvolge la storia, le idee, la concezione del mondo e dello Stato in rapporto a un blocco sociale che vuole rappresentanza. Inoltre, per incidere nel presente e sperare nella costruzione di un futuro più giusto e migliore, occorre non avere la scarlattina del “governismo”, rifuggendo dalla logica, fortemente insediatasi nell’Italia del bipolarismo, che riduce la politica al governo.
E’ evidente che ogni operazione tesa a ricompattare, in qualche modo, il disperso mondo socialista richiede chiarezza e serietà d’intenti. Chi scrive ritiene che sui debba compiere ogni sforzo in siffatta direzione pur non nascondendoci la complessità dell’impostazione e del procedere. Certo è che, stare in attesa di iniziative altrui è sicuramente legittimo, ma altro rispetto a ciò di cui parliamo; infatti, una cosa è se si determina una “interlocuzione” socialista interna al Pd o a Sel – cosa finora non avvenuta e non crediamo per dimenticanza di qualcuno – altro è disporre di una forma soggettiva che, cosciente di se stessa, pone al Pd il perché non riesce a essere il pilastro vincente dell’Italia che non è di destra e a Sel quello della ricostruzione della sinistra; di una sinistra, beninteso, non a “orientamento” socialista, ma socialista punto e basta. Questo è l’unico modo nel quale essa possa essere. E questo è dunque anche l’unico modo nel quale essa possa reggere all’urto a venire, tenendo il campo della democrazia contro ogni tentazione tecnicistica, qualunquistica o addirittura sfascista. E, visto che ci siamo, chiediamo anche al Psi le ragioni di una totale afonia sulle questioni inerenti lo stato e le vicende del socialismo in Italia.
Le forze interessate, prescindendo dalle analisi del presente che ognuna può fare, debbono chiarire, a se stesse innanzi tutto, se esiste una convergenza possibile sul futuro – quello più prossimo, intendiamo – e se i fattori di convergenza prevalgono. Occorre focalizzare i punti di valore e di cultura che fissano l’insieme – e trattandosi di socialismo non dovrebbe essere impresa ardua. Occorrono ipotesi pratiche sul presente, nonché quel minimo organizzativo che responsabilizzi l’operazione.
Su tutto, comunque, prevale l’intenzione che è il dato sul quale si determina la politica; se l’intenzione non è comune, tanto vale nemmeno provarcisi; se lo è, rispetto a quelle che abbiamo accennato, e ve ne possono essere pure altre, è questione della discussione.
Sarà possibile? C’è chi ci sta lavorando e ci auguriamo che l’esito sia positivo. Perché non possiamo assistere a un insieme di monadi alcune delle quali confidano nella proposta del “governo di cambiamento” avanzata da Bersani – e si è visto che era un pensiero ipotetico dell’irrealtà, ma non c’era bisogno di essere indovini per capirne l’esito. Né possiamo solo attendere che l’annunciata adesione di Sel al Pse, se avviene, chiuda il problema. Tutto questo è un po’ poco; anzi più poco che un po’. Naturalmente, poi, nessuno è obbligato a stare dietro a ciò in cui non crede, come non è vietato continuare a credere in ciò di cui si è convinti.
Felice Besostri: Lettera da Santiago
Dall'AdL
Lettera da Santiago del Cile a margine
del dibattito per una sinistra europea
Chi è il “nemico principale” per
una svolta di sinistra in Europa?
Hollande ha preso una posizione importantissima nel perorare un rilancio il progetto europeo che prenda le mosse dalla solidarietà. L’Europa deve mettere in comune i debiti pubblici nazionali, facendosene carico, al di là di sterili tecnicismi.
di Felice Besostri
Pensiamo, ad esempio, al redemption fund, progetto molto caro a Peer Steinbrueck, ma certo non altrettanto ai suoi potenziali elettori, visti i sondaggi.
La SPD non ha ancora capito che non si va avanti con tecnicismi da compromesso, mirati a non spaventare l'elettorato moderato, che può recuperare voti, ma solo con il coraggio di presentare un progetto realmente alternativo per l'Europa. Giudico l'intenzione di procedere anche senza la Germania una provocazione culturale, mirata proprio a indurre la SPD a prendere una posizione più coraggiosa di quella di Steinbrueck sull'Europa.
Hollande sa bene quali siano i pericoli insiti in un isolamento della Germania, che farebbe percepire il progetto europeo come antagonista agli interessi tedeschi. Conosce le conseguenze del nazionalismo e del germano-centrismo sviluppatesi nella storia. Ad ogni modo, oggi, l'elaborazione politica del socialismo francese è decisamente più avanzata e fertile di quella della SPD, che, da Schroeder in poi, sembra essersi smarrita.
Allora una delle richieste della DGB era il salario minimo. Nei Laender ex orientali c’erano e ci sono lavori sottopagati. Un aumento salariale avrebbe avuto e avrebbe effetti positivi sul consumo con effetto benefico su tutto il continente e sul surplus del commercio estero. Questa misura oggi rafforzerebbe il consenso elettorale. Qui le difficoltà discendono da un condizionamento culturale e da vera e propria intossicazione demagogica da parte della stampa popolare, tipo Bild Zeitung.
Ma parliamo chiaramente: in Spagna, Italia e Grecia l'evasione fiscale è molto, ma molto, superiore a quella tedesca. E il costo della corruzione? Occorre un segnale chiaro: l'aiuto comunitario non deve servire a coprire le inefficienze strutturali dei paesi in difficoltà.
Quando sento economisti appartenenti alla sinistra italiana affermare che un deficit di bilancio è comunque buono come stimolo alla crescita, quasi che non ne importasse la destinazione (cultura e ricerca o falsi invalidi e clientele?), penso che difficilmente il ceto medio tedesco, che è quello che fa vincere le elezioni, cambierà idea.
Altro punto: la politica industriale in Italia. Se il ceto medio italiano preferisce le Volkswagen, le Opel e, sul segmento alto, le BMW e le Mercedes, invece che Fiat, Lancia o Alfa, non c’entra la SPD. Per fortuna, i ricconi tedeschi non hanno alternative alle Ferrari.
Qualcuno mi sa raccontare iniziative comuni tra i sindacati italiani e quelli tedeschi sia confederali sia di categoria? La Funzione Pubblica della CGIL promuove seminari insieme all’organizzazione omologa del pubblico impiego tedesco, che si chiama ver.di ed è il più grande sindacato europeo oltre che uno dei più combattivi, tanto che nel 2009 non appoggiò, come nel passato, la SPD alle elezioni? Quando parlo di “iniziative”, non intendo gruppi di lavoro tra super-esperti, ma qualcosa che arrivi almeno agli attivisti.
La Fondazione ItalianiEuropei, che fa Parte della FEPS, di cui D'Alema è presidente, prevede programmi di ricerca congiunti con la Ebert-Stiftung della SPD o con la Boeckler-Stiftung e le altre fondazioni dei sindacati tedeschi? Se sì, su quali temi? Politica internazionale? Privatizzazioni e liberalizzazioni?
Qui in Cile, da dove scrivo queste righe, ho appreso non senza stupore che il processo di privatizzazione del rame, della scuola, della sanità e della previdenza si è accentuato con i governi democratici post-dittatura, anche se è stata la Costituzione di Pinochet a fornirne il quadro legale. Mi vengono in mente pensieri che non condivido sul primo governo dell'Ulivo.
Sono d'accordo con Turci quando dice che nelle nostre scelte dobbiamo tenere conto dei nostri interessi. Smettiamola di aspettare che gli altri facciano i nostri interessi. Ma dobbiamo salvaguardare i nostri obiettivi di fondo, come l'Unità politica dell'Europa.
Dietro al Manifesto di Ventotene c’erano personaggi frutto delle migliori tradizioni della sinistra italiana: Spinelli al confino perché comunista, Colorni perché socialista e Rossi liberal-democratico di filone azionista.
Altro punto: se trovassimo una via comune, sarebbe meglio per tutti. Perciò dobbiamo tentarla. E allora va benissimo denunciare i ritardi del PSE e della Confederazione Europea dei Sindacati come pure dei soggetti italiani che ne fanno parte. Vogliamo fare esempio concreto? La vertenza FIAT. La giusta opposizione ai piani di Marchionne sarebbe stata rafforzata da un'iniziativa che avesse messo insieme anche gli interessi dei lavoratori polacchi, serbi e brasiliani della multinazionale torinese.
mercoledì 22 maggio 2013
Vittorio Melandri: Dalle legge porcata a un'ennesima porcata
Spero ardentemente di sbagliare la mia previsione, ma in queste ore, con la vigliacca e pavida complicità del PD, in tema di legge elettorale, si sta disegnando uno scenario ben peggiore di quello ipotizzato con la più nera delle fantasie.
La classe politica più incostituzionale che mai sia esistita in Italia, messa con le spalle al muro appunto dal gruppo di cittadini milanesi guidati dall’Avv. Aldo Bozzi, che sono riusciti tramite un pronunciamento della Cassazione a portare la “porcata” al giudizio della Corte Costituzionale perché si pronunci sulla sua incostituzionalità, sta sì lavorando per superare l’incostituzionalità della legge, ma con una toppa che rende la legge di fatto analoga a quella esistente, al solo scopo di evitare il pronunciamento della Corte.
Insomma ancora una volta, una classe politica infame, individuata la forza del suo nemico, ovvero del “popolo sovrano”, si comporta come una cintura nera di judo, e per atterrare il popolo, sfrutta proprio la sua forza.
La parola «Judo trova la sua composizione da due caratteri giapponesi, “jū” (cedevolezza) e “dō” (via) e significa quindi via dell’adattabilità e della cedevolezza riferita alla forza nemica».
L’esito nel breve periodo, sarà dunque ….
…. ad un Parlamento incostituzionale (perchè se è eletto con una legge incostituzionale, per una evidente proprietà transitiva, non può che essere a sua volta incostituzionale), e per le stesse ragioni, ad un Presidente della Repubblica ed un Governo a loro volta incostituzionali….
… quello …. di assicurare loro tutto il tempo di ritagliarsi su misura quanto da loro desiderato.
E se, come dice un irriconoscibile Michele Ainis, ha pure ragione a scrivere sul Corriere della Sera di oggi, che esiste......
“uno specifico statuto del diritto parlamentare. Dove ogni norma non è che la somma delle sue precedenti applicazioni, delle sue interpretazioni divenute vincolanti. Dicono i 5 Stelle: su Berlusconi fin qui avete sbagliato, perché mai dovremmo perseverare nell’errore? Risposta: perché nel diritto parlamentare ogni errore reiterato si trasforma in verità.”
….non resta proprio che lasciare ogni speranza.... oppure lavorare perchè anche il “popolo sovrano” diventi cintura nera.... ma comunque servirà molto più tempo di quanto la generazione cui appartengo ne abbia a disposizione.
vittorio melandri
"Internazionale socialista. Crisi e strumentalizzazioni", Paolo Borioni - Luca Cefisi
"Internazionale socialista. Crisi e strumentalizzazioni", Paolo Borioni - Luca Cefisi l'Unità 19-5-2013
L’annuncio (dato per esempio da “Europa quotidiano”) della morte della IS, l’Internazionale Socialista, richiede la classica precisazione alla Mark Twain: si tratta di una notizia grandemente esagerata. E’ vero invece che l’Internazionale, già molte volte snodo storico indispensabile, (nella Ostpolitik negli anni 70, gli accordi di Oslo tra Rabin e Arafat negli anni 90), appare oggi in crisi.
In parte è una crisi dovuta a cambiamenti profondi del sistema di relazioni globale: il consolidamento istituzionale dell’Unione Europea ha reso il PES, il Partito del Socialismo Europeo, e il suo eurogruppo parlamentare (a cui gli eurodeputati democratici italiani opportunamente aderiscono), degli efficienti organismi di coordinamento e di iniziativa politica, che tendono quindi, almeno nel nostro continente, a sostituirsi al ruolo storico della IS. Quest’ultima, trovandosi, per così dire, disimpegnata in Europa, ha trovato a livello globale un limite arduo da superare nella relativa debolezza della sua istituzione di riferimento (l’ONU) e ancor di più nell’assenza di forze socialdemocratiche in Cina, Russia, Stati Uniti, e quindi ha scontato un’assenza di influenza in alcuni teatri cruciali. L’Internazionale è però attivissima in America Latina e in Africa. L’iniziativa dei socialdemocratici tedeschi, olandesi e, in parte, scandinavi di una cosiddetta “Alleanza progressista” internazionale vuole rispondere a queste difficoltà, ma, francamente, è un segno di insoddisfazione per l’attuale funzionamento della IS, e non è in grado di sostituirsi ad essa.
Piuttosto, la discussione verte sugli strumenti e l’organizzazione, e ci sono anche ragioni spicciole (succede ovunque…), dopo che l’ultimo congresso della IS in Sudafrica ha respinto con stretta maggioranza una candidatura svedese alla carica di segretario generale, rimasta a una figura storica come il cileno Ayala. Da qui le polemiche: la principale su Tunisia ed Egitto, dove la IS è stata lenta a reagire alle novità (ma in Algeria, Libano, Iraq la stessa IS ha invece ben operato…). Un tempo pochi leader autorevoli si sarebbero riuniti per risolvere i contrasti, ma oggi non ci sono più i Mitterrand, i Soares, i Brandt, i loro successori non hanno la loro facilità nell’imporsi, e oggi la governance dell’Internazionale è molto più complessa. Non sarebbe un bene se alcuni partiti europei si rinchiudessero nella dimensione organizzativa del PES: l’annunciata Alleanza appare, in buona sostanza, uno strumento utile a un nucleo fondatore europeo che si rapporta poi con differenti interlocutori in giro per il mondo. E sarebbe una disdetta se il presidente della Is, Papandreu, fosse percepito, in Germania o altrove, come un leader debole per la vicenda greca, dove invece l’ex primo ministro greco ha dimostrato coraggio e dedizione.
Evitiamo equivoci ideologici: non ci sarà una nuova internazionale “progressista” (qualunque cosa la parola significhi), né una sostituzione della visione socialdemocratica in Europa (sebbene sia questo che qualcuno spera). Il presidente Spd Gabriel, nel sostenere recentemente la campagna elettorale di Italia Bene Comune, ha rivendicato a piena voce come la Spd non abbia cambiato nome e valori in 150 anni di storia, e che le ragioni ideali della fondazione dell’Internazionale nel lontano 1889 sono sempre all’ordine del giorno. Del resto, dove sarebbero le famiglie politiche in grande progresso con cui contaminarsi dissolvendo il socialismo europeo? I verdi sono rilevanti in pochissimi paesi, e solo in Germania sono importanti. I post-comunisti in nessun luogo guadagnano voti dalle difficoltà, innegabili, dei socialdemocratici. Lo stesso vale per i liberali progressisti: solo i Liberaldemocratici britannici erano cresciuti grazie ai delusi da Blair, ma la scelta di andare coi conservatori li ha gettati in una forte crisi. I delusi della socialdemocrazia sono molti perché essa fatica a contrapporsi alle ricette fallimentari dell’austerità, essi confluiscono però soprattutto verso astensione o partiti di protesta. Tuttavia anche nella Grande Crisi fra le due guerre fu così: si stentò a trovare soluzioni, ma poi avvenne. Ancora oggi, pur nelle difficoltà, il socialismo democratico è attrezzato a trovare soluzioni, grazie agli impulsi forti che gli provengono dai think tanks sindacali (come la Hans Böckler Stiftung), dal lavoro critico delle sue fondazioni di studio (la tedesca Friedrich Ebert, la danese Cevea, la britannica Fabian Society e molte altre che collaborano). Infine l’Internazionale Socialista, grazie per esempio alle esperienze latinomericane, può aggiungere il contributo di nuove esperienze, che (come bene indica Salvatore Biasco nel suo ultimo libro) usano senza complessi e con efficacia l’azione pubblica del governo per intervenire nel libero mercato. PES e IS, che devono certo superare le loro difficoltà contingenti nel collaborare tra loro, possono potenzialmente smentire i desideri di chi voleva, nel 2011, che l’ortodossia economica della BCE divenisse il programma obbligato della sinistra europea ed italiana. Forse questo spiega certe esagerazioni riguardo alle vicende della Internazionale Socialista.
martedì 21 maggio 2013
lunedì 20 maggio 2013
Vittorio Melandri: Sinistra sinistra
SINISTRA SINISTRA
La vicenda del referendum consultivo sul finanziamento delle scuole private da parte del Comune di Bologna, che vede contrapposti due schieramenti cosi disegnati ….
da un lato
PD – PDL – CISL – CL – Conferenza Episcopale
e dall’altro
i cittadini di Bologna riuniti in “Comitato Art 33” insieme a
Assemblea Genitori e Insegnanti di Bologna e provincia, Associazione Nuovamente, Associazione Per la Sinistra Bologna, Chiesa metodista Bologna, Circolo UAAR Bologna, Cobas Scuola Bologna, Comitato bolognese Scuola e Costituzione, Comitato genitori nidi e materne, Coordinamento precari scuola Bologna, CUB Bologna, Federazione Lavoratori Conoscenza – CGIL, FIOM Bologna, Rete Laica Bologna, Scuola Infanzia LiberA Tutti, USB Bologna.
Evidenzia che c’è sempre più bisogno di sinistra sinistra, in questo paese, perché quando il gioco si fa duro, quelli che sono dell’altro campo, che siano cattolici adulti, o atei devoti, poco importa, sanno immediatamente rispondere al “richiamo della foresta”.
Anche da questo punto di vista, emerge tutto il valore sciagurato del scelta strategica che sta alla base del PD, che appunto annullando l’esistenza di una possibile massa critica a sinistra, inseguendo un informe ammasso politico, come conseguenza provoca anche il fatto che la massa dei “cattolici” che tradizionalmente guardavano a sinistra e con la sinistra dovevano fare i conti, in termine di rapporti di forza che modellavano una alleanza tendenzialmente alla pari, tendono naturalmente a fagocitare sino a deformarle quelle che sono posizioni diverse dalle loro naturali.
In Italia, con il Concordato incistito in Costituzione e la Chiesa Cattolica insediata nel cuore della Capitale, è inutile farsi illusioni, l’unico centrosinistra possibile è quello con il trattino.
Centro – Sinistra
BOLOGNA - Scende in campo anche Romano Prodi in merito al referendum di domenica 26 maggio nel quale si dovrà decidere se il Comune dovrà continuare o no a finanziare le scuole materne private con un milione di euro l'anno. Il Professore, senza molti giri di parole, dice che voterà "B", ovvero l'opzione che mantiene la convenzione tra pubblico e privato. La stessa che hanno auspicato personalità come il cardinale Bagnasco. "Se, come spero, riuscirò a tornare in tempo da Addis Abeba, domenica prossima voterò sui quesiti riguardanti le scuole dell’infanzia e voterò l’opzione B" scrive l'ex premier sul suo sito.
Ma, a pochi minuti di distanza, arriva anche il messaggio di Francesco Guccini a sostegno dei referendari: "Accompagno con il cuore la vostra campagna". Un sostegno non isolato, quello del cantautore, visto che il primo firmatario dell'appello per la "A" è Stefano Rodotà. Insomma, non è solo uno scontro politico ma anche uno scontro di simboli per Bologna, mentre l'atmosfera si fa incandescente.
domenica 19 maggio 2013
Paolo Zinna: Modesta e provvisoria proposta
Facendo sempre riferimento al nostro incontro del 2 Maggio u.s. c/o il De
Amicis, vi inoltro un'interessante riflessione inviatami dall'amico Paolo
Zinna.
Cordialmente
Franco D'Alfonso
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Modesta e provvisoria proposta per un'azione politica non autodistruttiva
Caro Franco,
la situazione NON è eccellente, concordo con quanto tu hai detto.
Trovare almeno una direzione generale per migliorare le cose è necessario e
ormai anche urgente. Individuare alcune idee che possano ottenere il
consenso dell'area vasta di ascendenza socialista, laica, riformista
sarebbe il primo passo, ma non è facile.
Per questo mi sarebbe piaciuto partecipare alla discussione del 2 maggio al
De Amicis. Non mi è stato possibile, ho trovato solo in questi giorni il
tempo per riorganizzare le mie opinioni e mandartele. Le manderò poi anche
ai compagni del Rosselli.
ELOGIO DELL'APPROSSIMAZIONE
Gli ultimi mesi ci lasciano smarriti, di fronte ad una situazione politica
insoddisfacente, che si presenta però, al di là delle apparenze, con una
sua intrinseca stabilità. La stabilità non nasce da
speciali meriti del nuovo governo o da un naturale consenso diffuso; nasce
dalle opposizioni incrociate che susciterebbero le alternative ipotizzabili
e, in fondo, anche da un'istintiva aspirazione dell'opinione pubblica ad
una soluzione purchessia, ad uscire da una fase di incertezza vissuta come
stress.
Per rilanciare il cambiamento, è essenziale individuare linee di azione il
più possibile operative. Dobbiamo riconoscere che i possibili interlocutori
hanno idee non coincidenti, eppure è necessario aggregare un consenso
vasto. Bisogna dunque limitarsi umilmente ad avanzare ipotesi di massima,
magari un po' grossolane, che facciano emergere i punti di accordo e
rimandino all'esperienza concreta la definizione dei temi in astratto più
controversi; e persino rinunciare all'eccesso di approfondimento
intellettuale nell'analisi.
A CHI RIVOLGERSI: LA SINISTRA DI GOVERNO
Il titolo esprime il "mercato politico potenziale" di riferimento e,
nell'apparente genericità, è piuttosto preciso. "Di governo" corrisponde ad
un movimento politico che si preoccupa della compatibilità tra risorse e
obbiettivi, che si pone domande sulle priorità, che conosce la pesantezza
dei meccanismi di attuazione; insomma, che si propone di governare il
paese. Se poi lo governerà effettivamente, sarà una libera scelta
dell'elettorato.
Essere "di governo" è cosa diversissima dalla "vocazione maggioritaria": la
sinistra di governo non dovrebbe proporsi di essere un movimento catch-all
capace di "raccogliere tutti gli onesti". La pretesa di piacere a tutti ci
ha portato a due conseguenze negative: essere costretti ad una linea
politica, a sua volta, catch-all, cioè priva di qualunque identità,
insipida, piegata a qualunque cosa risulti vincente nei sondaggi (e poi
magari perdente nelle urne) – essere costretti a demonizzare tutti i
non-simpatizzanti, che del "partito dell'Italia giusta" non vogliono fare
parte (e pertanto saranno giudicati o sciocchi o poco onesti). Basti questo
per rispondere alla superficiale considerazione "con Renzi avremmo vinto"
(perché avrebbe avuto un immagine più gradita all'elettorato moderato,
ecc). Se questo fosse un ragionamento convincente, ne discenderebbe
logicamente anche che, per vincere ancor di più, avremmo dovuto candidare
Berlusconi come nostro premier.
Anche "sinistra" ha ancora un significato preciso: vuol dire riaffermare il
valore del lavoro, di ciò che uno fa e sa fare, piuttosto che le condizioni
di partenza e le rendite di posizione. Vuol dire proporsi di invertire il
trend di aumento delle diseguaglianze che ha caratterizzato la storia della
società italiana negli ultimi vent'anni. Vuol dire infine, riconoscere
valore al contributo di tutti i singoli individui, valorizzare la comunità,
il pensiero collettivo piuttosto che il leader televisivo del partito o
l'affabulatore, o il comico. Anche: "piuttosto che il sindaco amato" a
Milano o a Napoli, a Torino come a Cagliari, su questo bisogna essere
chiari. Se veramente il vasto consenso popolare ottenuto da una parte
dell'elettorato fosse garanzia di corretto agire politico, anche in questo
campo Berlusconi avrebbe da insegnarci. Sottolineo questo punto, perché mi
pare il più significativo dissenso da alcuni recenti scritti.
CONTENUTI
Una direzione comune, ma per fare cosa? In realtà, non credo che sia il
disaccordo sui contenuti ciò che ha impedito finora alla "sinistra di
governo" di collaborare ad un'azione comune. E'utile limitarsi ad elencare
alcuni titoli piuttosto banali, che in gran parte evocheranno a tutti noi,
grosso modo, le stesse "cose da fare".
Bilancio: stabilizzazione (e non riduzione) del rapporto debito su pil
Entrate: mantenimento IMU e alleggerimento invece delle tasse sul lavoro
-patrimoniale straordinaria una tantum- serietà nella lotta all'evasione -
piano selettivo di alienazioni del patrimonio improduttivo.
Uscite: completo pagamento dei debiti PA che eccedano il limite medio
europeo – lavori pubblici di piccola complessità – finanziamenti generosi
al sistema educativo pubblico riesame del welfare sanitario
per i non indigenti – taglio delle spese per difesa e missioni estere.
Finanza: seria TTF, lotta decisa ai paradisi fiscali (senza troppe
prudenze), separazione fra banche commerciali e d'affari.
Politica industriale selettiva – interventi per la sostenibilità ambientale
PA: riorganizzazione complessiva delle autonomie locali,
convergenza/avvicinamento fra regole nel pubblico e nel privato.
Istituzioni: "rappresentare il paese com'è, non distorcerne la volontà":
legge elettorale proporzionale, salvaguardia del ruolo del parlamento.
Azioni specifiche per contrastare le lobbies: imprenditoriali, della
comunicazione, degli apparati dello Stato, professionali, dei media…
Attuazione dell'art.49
Esteri: Europa Federale, politica attiva nel Mediterraneo….
Diritti civili
Troppo? Troppa carne al fuoco, che non si riuscirà ad affrontare? Oppure
troppo poco, troppi punti ne restano fuori? L'una e l'altra cosa, ma non
importa: questo è solo un "programma massimo", un quadro di riferimento per
farci riscoprire che, in fondo, vogliamo tutti più o meno le stesse cose.
GLI STRUMENTI PER LA POLITICA
Siamo tutti rattristati dalla diaspora infinita degli eredi dell'area
socialista e laica della Prima Repubblica, ma dobbiamo convincerci che essi
sono ormai una piccola parte della base potenziale di una sinistra di
governo. E "rimetterli insieme" è davvero una parte piccolissima dei
compiti di una sinistra nuova.
E' vero invece che esiste un "partito che c'è", un'area potenziale di
consenso indifferenziato per una proposta della sinistra, che è molto più
vasta di qualunque filone di eredi del passato, se non altro per ragioni
anagrafiche. E' vero che questo popolo si manifesta con più efficacia
quando è chiamato a partecipare ad un'impresa unitaria, o almeno
apparentemente unitaria, nell'ambito della sinistra stessa. E' vero,
purtroppo, che questa apparenza di unità è realizzabile meglio da una
singola figura (il candidato sindaco, ad esempio) che da una o più
organizzazioni politiche.
Ma è anche vero che questo "miracolo del consenso popolare ottimo" è
difficile da realizzare, perché indebolito sia dal discredito che colpisce
i partiti storici della sinistra soprattutto fra i militanti più giovani e
attivi, sia dal fastidio che i militanti dei partiti storici provano
istintivamente per l'ambiente dei nuovi movimenti: "*sinistra radical-chic,
rinserrata tra le mura spagnole, senza collegamento, neanche
intellettuale, col tessuto economico culturale lombardo". Tale reciproco
fastidio è alimentato anche da una polemica non sempre utile condotta da
riflessioni e scritti politici, in base a critiche con qualche base nella
realtà ma assolutamente negative negli effetti pratici. Inoltre, è un
consenso deteriorabile nel tempo, quando all'entusiasmo della campagna
elettorale si sostituisce l'azione amministrativa, più grigia e non sempre
felice.*
Si tratta dunque di un oggetto delicato da trattare. Si confrontano tre
ipotesi: attivare un meccanismo partecipativo nuovo in grado di consolidare
gli entusiasmi transitori –dar vita ad un nuovo grande
partito/movimento/rete "della sinistra socialista" in generale immaginato
attorno al nucleo dell'attuale SEL - rivitalizzare un grande partito
esistente attraverso una drastica autoriforma: chi lo sostiene in generale
opera nel PD e individua lì il terreno del futuro.
Purtroppo, sottoposte alla dura verifica dei fatti, tutte e tre le ipotesi
hanno per ora ottenuto più sconfitte che risultati:
▫ **I nuovi meccanismi partecipativi risultano piuttosto effimeri:
la sostanziale irrilevanza dei "comitati per Milano" ce lo dimostra ogni
giorno. Quando poi cercano di tradursi in ipotesi politico-elettorali
(liste civiche, movimenti arancioni autentici o meno) ottengono modesti
successi.
▫ **Le sensibilità politiche emergenti sono molto diverse dal
passato. Progettare a freddo nuove organizzazioni o anche nuove reti per
gestire il consenso potenziale sembra una risposta che sostanzialmente non
coglie questo elemento di novità.
▫ **Il lavoro per "rinfrescare" e rendere più autentico (e quindi
più autorevole) il PD finora ha dato risultati modestissimi e, anche quando
è sembrato che si fosse determinata una svolta, essa si è subito esaurita
in una stanca prosecuzione del passato.
Che fare, allora? Nessuno ha una risposta attuale, incontrovertibile. E'
opportuno dunque che ciascuno prosegua, per ora, nel percorso politico che
si è scelto, aspettando che il tempo ci indichi quale era la via del
successo. Nel frattempo, dovremmo mettere il silenziatore alle polemiche,
anche se giustificate, e alle rivendicazione di superiorità (meno
giustificate). Forme blande di collaborazione e di confronto reciproco,
come quelle proposte, senza pretese di primazia, dal Network per il
Socialismo Europeo, sono in questo momento le più utili a rafforzare la
sinistra.
Paolo Zinna
Vittorio Melandri: Scalfari-Munchausen
"Scalfari - Munchausen" che sbarca insieme a Napolitano, Letta e Berlusconi
..sulla Luna-Europa Federale
"Spaccare la società in due è quasi sempre una semplificazione e semplificare i
problemi complessi è quasi sempre un errore. Senza dire che bisogna analizzare con
attenzione il significato delle parole."
Come non condividere queste parole, puro distillato di saggezza, detto senza nessun
sarcasmo né manco ironia, che in questo caso sarebbe fuori posto.
C'è però un problema non da poco, quanto sopra, è scritto dallo stesso autore che
appunto tre righe prima ha scritto quelle che seguono.
"Riformisti o rivoluzionari? Questa domanda sta al centro del problema italiano ed
europeo, ma può essere declinata in molti altri modi. Per esempio: socialisti o
liberali? Progressisti o moderati? Di destra o di sinistra? Innovatori o
conservatori? Sostenitori dei diritti o anche dei doveri?"
L'artificio retorico di formulare una dietro l'altra una serie di domande come
fossero omogenee ed appunto tutte formulate a dimostrare che "spaccare la società in
due" porta quasi sempre all'errore, è quanto di più ingannevole si possa consumare
ai danni di chi legge, tanto più se le si formula come fa Eugenio Scalfari su la
Repubblica del 19 maggio 2013, dall'alto di una autorevolezza conquistata con merito
nei decenni, e da qualche tempo in qua, purtroppo, spesa solo per sostenere ragioni
che non sono sostenibili.
Riformisti o rivoluzionari?
Già nel 1981 Riccardo Lombardi liquidava così questa finta contrapposizione, che il
"radical-socialista-liberal-demitiano. ed oggi napolitiano", Eugenio Scalfari
propone con trent'anni e più di ritardo alla nostra attenzione di caotici plebei.
". la scelta che la corrente maggioritaria ha recentemente fatto, della parola
riformista non è una scelta indolore compagni , non pensate che io voglia fare una
lezione di semantica , no, le parole fanno figli, contrariamente a quello che dicono
i nostri compagni toscani, "che le parole non fanno figli", qualche volta esse sono
indice di scelte, e la scelta della parola riformista ha un significato, perché le
parole non sono neutre, non sono innocue, sono cariche di una storia del significato
che la storia, gli eventi, decenni, anzi secoli dirò, hanno attribuito a queste
parole.
Contro chi e da chi si vuol distinguere la maggioranza del partito chiamandosi
riformista. Forse fino dal dopoguerra o dal primo dopoguerra ad oggi, la
contrapposizione (aveva senso), ci si chiamava riformisti in quanto non
rivoluzionari nel senso classico della parola, nel senso del colpo violento di massa
che occupa il potere già maturo nella società.
Allora non c'è partito italiano nell'arco democratico, non ci sono i comunisti in
tutte le loro correnti e frazioni, che abbiano ancora optato per una soluzione
rivoluzionaria nel senso classico della parola, e quindi il binomio
riformismo-rivoluzione ha perso di significato; a cosa si vuol riferire quando tutti
sono riformisti nella sinistra italiana, una corrente che si vuol chiamare
riformista, evidentemente si riferisce al carico ambiguo, se volete, che questa
parola ha avuto dal cumulo dello spessore che decenni e decenni di lotta hanno
dato. Cos'è stato il riformismo, non più la contrapposizione alla rivoluzione, è
stato l'emblema di una scelta, la scelta socialdemocratica, con i suoi lati positivi
e con i suoi lati negativi con la quale alcune società e alcune sinistre e alcuni
partiti socialisti hanno scelto, chiamandola appunto scelta riformista, una tattica
e una strategia che non contestava al fondo il sistema capitalistico, non pensava di
rovesciarlo ma pensava di utilizzarlo. (.) ma questa scelta della parola riformista,
avviene proprio nel momento in cui questo tipo di riformismo ha fatto purtroppo,
devo dire, il suo tempo."
"socialisti o liberali?"
Or bene, se si vogliono usare le parole per distinguere gli appartenenti al fu
partito di Nenni o a quello che fu di Malagodi, la domanda dicotomica ha senso, ma
se si vuole contrapporre il significato di socialista a quello di liberale, per poi
approdare ad una virtuosa ed ipocrita commistione all'inglese dei due termini, oggi
riproposta anche dalla "berlusconiana" Stefania Craxi, con la formula lib-lab,
questo è proprio il contrario di una analisi corretta delle parole.
Così come è quanto mai artificiosa la dicotomia fra .
Progressisti o moderati?
e quella fra
Innovatori o conservatori?
Dato che l'esperienza insegna che si può essere moderati che progrediscono e
progressisti che moderano, innovatori conservando, e conservatori innovando.
E che dire poi della falsa contrapposizione fra..
"Sostenitori dei diritti o anche dei doveri?"
Diritti e doveri sono due facce della stessa medaglia, inscindibili, essendo
impossibile godere dei propri diritti senza ad esempio assolvere al dovere di
rispettare i diritti degli altri, come d'altronde è scritto nella Carta
Costituzionale che i diritti e i doveri li squaderna senza separarli, ma
mescolandoli indissolubilmente.
E si arriva così all'unica vera contrapposizione enunciata da Scalfari, quella fra .
chi è
"di destra o di sinistra?"
E perché proporre questa contrapposizione vera e insanabile, o si è una cosa o si è
l'altra, insieme a contrapposizioni che tali non sono?
L'unica risposta che riesco a darmi è quella di voler sostenere a tutti i costi, da
"napolitiano" convinto, che non c'è alternativa all'incesto in atto con il governo
Letta-Letta.
Al punto che Scalfari conclude come doveroso, ovvero possibile, che l'approdo ad una
Europa Federale, auspicata oggi da Hollande, possa essere sostenuta da questa Italia
e da questo Governo.
Come dire che, poiché è giusto andare sulla Luna, basta mettersi a cavallo di una
sfera e come il Barone di Munchausen.. ci si arriva.
vittorio nelandri
Vittorio Melandri: Depistaggi
Depistaggi
Premessa.
Per essere valido un depistaggio deve funzionare come un virus parassita, ovvero ha
bisogno di un corpo ospite nel quale infilarsi e che sia ben credibile e visibile, e
così il virus-depistaggio si può sviluppare in tutta sicurezza, produrre i suoi
effetti, e quando anche l'ospite si accorgerà del danno, gli effetti avranno inciso
su tutto quello cui erano da principio destinati, e magari ci sarà anche
quell'effetto collaterale, una specie di ciliegina sulla torta, che consiste nella
distruzione del corpo ospite, ovvero della sua credibilità.
Maggio 2013 depistaggio 1 - l'agenda rossa
Su la Repubblica compare l'immagine di quella cosa indicata come l'agenda rossa di
Borsellino, ancora il giorno dopo lo scoop, si legge, ad esempio su "il manifesto"
che l'agenda è accanto al corpo dilaniato del giudice massacrato in via D'Amelio. Ma
non è vero, il corpo accanto al quale appare una "macchia rossa" è quello
dell'agente Emanuela Loi, e la macchina accanto alla quale giacciono non è quella
del giudice. Come mai, proprio all'indomani di altre immagini in cui si scorgono
maneggi attorno alla borsa del giudice dove da sempre si è ritenuto l'agenda dovesse
essere, l'agenda viene di colpo immortalata fuori dalla borsa e lontana dal giudice?
Opera di un maghetto?, conseguenza della prudenza del giudice che ogni volta che
scendeva dalla macchina affidava la preziosa agenda ad un agente diverso?, opera di
un caso su un milione infine che l'esplosione dilania il corpo della povera Loi e
deposita intatta accanto a lei l'agenda che aveva in mano?
Maggio 2013 depistaggio 2 - l'ineleggibilità di Berlusconi
Guglielmo Epifani neo segretario del PD, interpellato sul tema della ineleggibilità
di Silvio Berlusconi, dichiara che i parlamentari interessati dall'argomento,
dovranno studiare il dossier che verrà presentato alla Giunta per le elezioni del
Senato. Ad essere franchi in questo caso, visto che il dossier è studiato da circa
vent'anni, vedasi le firme di Paolo Sylos Labini ed altri in calce ad uno dei tanti
studi fatti, più che di un "depistaggio", sembra trattarsi di un "desegretario".
Maggio 2013 depistaggio 3 - la non testimonianza del Presidente Giorgio Napolitano
Poichè il Presidente della Repubblica, se chiamato a testimoniare in un processo,
deve essere ascoltato dai giudici richiedenti presso la sua dimora al Quirinale,
basta che il Presidente non apra la porta, e certamente non si possono mandare sul
Colle i carabinieri a prenderlo. Come è stato con sconforto osservato, parola di un
irriconoscibile Michele Ainis, sino a qualche tempo fa apprezzato costituzionalista.
Maggio 2013 depistaggio 4 - la non riforma della legge elettorale detta porcata
Basta cambiare la dimensione del premio di maggioranza ed il gioco è fatto, oppure,
in alternativa, basta tornare al Mattarellum che era meglio del Porcellum.
Ovviamente il tutto dopo che si sia stabilito con riforma costituzionale che
richiederà mesi se non anni, il nuovo assetto delle istituzioni da eleggere.
Andremo di nuovo a votare con il porcellum e tutti diranno che non c'era
alternativa.
vittorio melandri
venerdì 17 maggio 2013
mercoledì 15 maggio 2013
martedì 14 maggio 2013
lunedì 13 maggio 2013
sabato 11 maggio 2013
Felice Besostri: Di riffa o di raffa questo è e resterà un governicchissimo
Di riffa o di raffa questo è e resterà un governicchissimo
di Felice Besostri
Nelle mie analisi parto sempre dalla ferita grave inferta alla nostra Costituzione dall'approvazione della legge 270/2005 di riforma della legge elettorale: una legge di fatto concordata tra i due poli apparentemente alternativi. E' sufficiente ripercorrere l'iter parlamentare per scoprire il gioco delle parti: quando si esce dalla sede deliberante per protesta tutti capiscono, che si vuole l'approvazione della legge. D'altra parte il suo modello era la legge elettorale toscana. Si è introdotta una specie di elezione /designazione diretta del Primo Ministro in una Costituzione con forma di governo parlamentare. Un sistema maggioritario travestito da proporzionale, così da sommare i difetti dei due sistemi. Con quella legge e con il suo abnorme premio di maggioranza era inevitabile la creazione di un bipolarismo artificiale, un sistema diviso in due campi necessariamente alternativi: bastava un voto un più del blocco avversario per prendersi il premio di maggioranza. Non solo si era costretti a dar vita a coalizioni altrettanto posticce, incapaci di governare. Coalizioni che non reggevano ad una legislatura come le vicende del 2006 e del 2008 e infine del 2013 hanno dimostrato. Le liste bloccate hanno dato il colpo finale alla democrazia rappresentativa: un centinaio di persone ( ad essere larghi ) che nominano 945 parlamentari invece di farli eleggere da 44 milioni di cittadini . Uno spropositato ed incontrollato potere in mano ad oligarchie, nel migliore dei casi, quando non, a destra e sinistra, nelle mani di un capo o padrone di una lista. In nessun paese c'è un tale potere in capo a partiti in assenza di ogni legge regolatrice degli stessi: una regolamentazione tra l'altro richiesta dall'inattuato art. 49 della Cost.. In tale contesto la delegittimazione del capo dello schieramento avversario non era un espediente ma una necessità. Quando si sono invocate le Grandi Coalizioni tedesche ci si dimentica che quello è un sistema proporzionale con soglie di accesso e che i partiti hanno una chiara identità politico-programmatica: mentre in Italia la vocazione maggioritaria ha comportato partiti, con unico vincolo quello del successo elettorale: PD e PdL ne sono l'esempio. Si sono intaccate le prerogative presidenziali nella scelta del Presidente del Consiglio dei Ministri( chiamiamolo con il suo nome) e di fronte al fallimento delle coalizioni indicate dagli elettori (2006 e 2008) o alla mancanza di un'univoca indicazione(2013) era naturale l'espansione dell'unico potere costituzionale legittimo e in grado di decidere: il Presidente della Repubblica. L'altro potere quello legislativo, teoricamente il più importante in una democrazia rappresentativa con forma di governo parlamentare era ed è fuori gioco: si tratta di nominati che non rispondono ai loro elettori, ma a chi li ha collocati, d'autorità o in seguito a trattative tra gruppi di potere, in posizione eleggibile. Nelle vicende dell'elezione del Presidente della Repubblica è stato chiaro che nelle scelte dei parlamentari a voto segreto non c'è l'esclusivo interesse della Nazione( art. 67 Cost.) o la disciplina di partito, ma la dinamica dei gruppi federati momentaneamente in un partito. Chi vede gli effetti e non le cause si è messo a gridare al tradimento della Costituzione, di inammissibile interventismo presidenziale, addirittura di degenerazione presidenzialista. In Italia, a differenza della Germania dove il Cancelliere è eletto a scrutinio segreto dal Bundestag, tutti i governi sono governi del Presidente, perché è il Presidente che li nomina ed entrano in carica con pieni poteri con il giuramento nelle sue mani. La fiducia parlamentare è una ratifica, che presuppone parlamentari senza vincolo di mandato. Da qui, da uno stato di necessità, cui per insipienza politica tutti i soggetti parlamentari e partitici hanno concorso, passare ad un'esaltazione di un accordo il passo è più lungo delle gambe. Questo è e resta un governicchissimo. Per dimostrare il contrario dovrebbe dare quello che non può assolutamente fare: una nuova legge elettorale. Non lo farà perché teme per la sua durata, se ci fosse una legge elettorale più potabile e meno incostituzionale, alle prime difficoltà andrebbe in pezzi. Quindi prende tempo e lega la riforma elettorale alla diminuzione del numero dei parlamentari e alla riduzione di costi della politica ( abolizione del finanziamento pubblico ai partiti) tanto per dare qualcosa in pasto ad un'opinione pubblica intossicata), cioè a scelte contro il pluralismo della rappresentanza invece di riformare la politica e i partiti. Che duri o no il governo è irrilevante se non per le emergenze finanziarie, ma i problemi del nostro sistema politico di assetto non europeo resteranno tutti irrisolti
Felice Besostri
Lanfranco Turci: Lettera a Nichi Vendola
Al Presidente di SEL Nichi Vendola
Caro Vendola
Il Network per il Socialismo Europeo desidera anzitutto esprimere a te e
alla Direzione di SEL il più convinto apprezzamento per la vostra decisione
di richiedere la iscrizione al PSE. Tu sai come fin dalla nostra
costituzione, due anni fa, noi abbiamo sollecitato questa decisione,
convinti che essa rappresentasse e rappresenti un passo avanti importante
per contribuire, nel nostro paese, a una riorganizzazione unitaria della
sinistra. Riorganizzazione che non può a nostro avviso realizzarsi se non
nell'ambito di un comune riconoscimento nella famiglia del Socialismo
Europeo. Solo da questa base è possibile dare efficacia alla ricerca e alle
lotte contro la globalizzazione neoliberista e contro la crisi che di essa è
espressione, per costruire un'Europa democratica, capace di difendere il
lavoro e il welfare, e per costruire un nuovo modello di sviluppo. Fra
l'altro l'anno prossimo si terranno le elezioni per il rinnovo del
Parlamento Europeo. Il PSE si è impegnato a presentarsi al voto con un
proprio candidato alla guida della Commissione . La sinistra italiana non
potrà mancare la occasione di presentarsi con una sua lista unitaria che
condivida il comune programma e il comune candidato dei socialisti europei.
L'obiettivo della riorganizzazione della sinistra sembrava, se non a portata
di mano, comunque avviata solo poche settimane fa. Dopo il deludente
risultato elettorale della coalizione di centrosinistra si era infatti
aperta nel PD e in SEL una riflessione autocritica molto importante, che si
era poi tradotta nel tentativo del "governo del cambiamento "di Bersani.
Sembrava appunto che lo sviluppo di questo progetto avrebbe potuto prendere
corpo in un congresso del PD che segnasse una svolta di tipo socialista, cui
anche SEL guardava come l'occasione attesa per la costruzione di una casa
comune della sinistra. Questo processo avrebbe inevitabilmente coinvolto
anche il PSI e soprattutto le vaste aree diffuse di circoli e associazioni
di sinistra e socialiste di cui anche il nostro Network è espressione.
Purtroppo la sconfitta del tentativo di Bersani, le confuse vicende della
elezione del Presidente della Repubblica e la nascita del governissimo
sembrano aver riportato questo processo in alto mare, anche nel dibattito
interno al PD. Noi restiamo tuttavia convinti che senza la costruzione di
un grande partito di sinistra, popolare, unitario e di orientamento
socialista non sarà possibile avviare a soluzione la crisi del nostro paese
e soprattutto ridare speranza e motivazione alle grandi masse di lavoratori,
di disoccupati e di giovani e donne che più soffrono questa crisi. Voi
volete rilanciare con l'incontro dell'11 maggio la costruzione di un
progetto comune, "una nuova soggettività politica di sinistra in Italia".
Apprezziamo questo intendimento e apprezziamo il fatto che vogliate farlo
con spirito aperto, non dando per scontate e irreparabili le divisioni che
si sono aperte con le ultime vicende politiche. Con lo stesso spirito
unitario il Network è interessato, insieme ad altre associazioni e circoli
di cultura di sinistra e socialista, a riprendere insieme a voi , dopo la
manifestazione dell'11, questa ricerca, mantenendo nel contempo aperta una
iniziativa di sollecitazione e confronto con il PD e le altre forze della
sinistra. Auguriamo un forte successo alla vostra manifestazione cui saranno
presenti anche molti compagni e compagne aderenti al Network.
Un cordiale saluto
Lanfranco Turci Coordinatore del Network per il Socialismo Europeo
9 maggio 2013
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