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venerdì 24 maggio 2013
Francesco Maria Mariotti: Italia, USA, Libia
"Noi andiamo e liberiamo il mondo, ma poi ce ne andiamo. e quella palla continua a rimbalzare" Così - più o meno, riscrivo a memoria - viene fatto dire al deputato Charles Wilson (impersonato da Tom Hanks) nel film a lui dedicato, che racconta con toni quasi farseschi come si decise di cambiare "ritmo" alla resistenza afghana contro i sovietici negli anni '80.
Scelta che ha portato alla vittoria contro i sovietici, ma anche al conseguente prevalere di forze integraliste in Afghanistan.
"Questi fatti sono accaduti, sono stati grandiosi, e abbiamo cambiato il mondo... e poi abbiamo scazzato il finale."
Scusandomi per la non particolare eleganza dei termini, anche questa è una frase (viene presentata come virgolettato, quindi realmente pronunciata) di Charlie Wilson, che scorre nelle ultime immagini del film.
Guardavo questo film l'altro sera, con la mente rivolta alla Libia, al fatto che - come racconta Molinari in un articolo di pochi giorni fa - Obama chiede aiuto all'Italia per gestire quel caos irrisolto.
Non si capisce esattamente cosa questo voglia dire in termini strettamente pratici (nuovo invio di soldati? solo rafforzamento dei controlli lungo i confini? solo "base operativa" per i nuovi marines arrivati a Sigonella?)
Comunque nulla di nuovo sotto il sole, viene da dire: una guerra pessima, partita in fretta, ideata male (ma per "idearla" sarebbe stata necessaria un'idea, le cui tracce non si sono mai viste), gestita così così, e il cui esito appare quanto mai dubbio.
Perché? Perché queste guerre umanitarie per definizione - temo di averlo già detto in passato - non hanno "esito". Per avere un esito bisogna che ci sia un calcolo, un qualcosa di materiale da vincere. Non un valore per cui combattere. Se si combatte per un valore, non c'è soluzione, non c'è exit strategy (anche se poi magari bisogna andarsene comunque); perché i nuovi governanti spesso sono peggio dei vecchi, e il valore che hai difeso una volta richiederebbe ancora il tuo impegno.
Che naturalmente - però - non può essere infinito: gli americani - ma non solo loro, soprattutto in questo caso - "scazzano nel finale" (chiedo venia), e... "la palla continua a rimbalzare".
Ecco che Obama lusinga Letta parlando dell’«importanza del ruolo dell’Italia per la stabilità della Libia»; detta in breve: grane pesanti in arrivo.
Fossi uno dei soldati italiani di stanza a Sigonella o già in Libia (se non erro ufficialmente abbiamo per lo più mandato istruttori; anche se spero che vi siano nutrite truppe di osservatori e "collaboratori" "non ufficiali"), comincerei a preoccuparmi. Anzi, probabilmente sono già molto preoccupati.
Ottimi professionisti della guerra, come oramai ci viene riconosciuto da più parti, i nostri soldati sapranno comunque gestire al meglio questa situazione. Ma non sarà facile, anche se venisse confermato - temo sia difficile che ci si limiti a questo - il solo compito di preparare le truppe libiche "regolari".
Dal punto di vista politico, c'è da sperare che il governo italiano contratti al meglio - anche in sede europea - cosa ce ne viene da un impegno simile, che durerà parecchio; oltre naturalmente alla tutela dei nostri diretti interessi.
Dal punto di vista strategico-militare, spero che le sinergie fra esercito americano, italiano e altri presenti siano migliori di quelle viste in alcuni momenti in altre situazioni, altrimenti saranno guai.
Dal punto di vista umano, spero naturalmente che la cosa si risolva con una gestione difficile, ma senza troppi danni e lutti per noi (ma temo sia un'illusione...)
Un pensiero alle donne e agli uomini che forse stanno volando in questi giorni in Libia, e a quelli che sono già lì; a coloro che da qui collaboreranno alle operazioni, quali che esse siano: molte di queste persone rimarranno per noi dei "senza volto", per sempre.
Un pensiero anche alle donne e agli uomini che attenderanno con ansia notizie dei loro cari.
FMM
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1 commento:
temo che la richiesta di Obama a Letta non sia solo dovuta alla decisione USA di diminuire le spese militari concentrandosi sul Pacifico, ma al bisogno di USA e GB di avere alleati nella loro strategia di mantenere le loro valute le uniche per trattare il petrolio mentre Cina, Iran Russia e Venezuela si sono sganciati e cercano alleati anche loro, a condizioni più vantaggiose del cartello OPEC. Il problema quindi è di avere l'Italia a sorvegliare che non ci si aggiungano anche i libici, nella speranza che noi ne capiamo di più degli USA in Iraq
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