lunedì 1 agosto 2011

Vittorio Melandri: I ladri di speranza e la solitudine dei cittadini ultimi

ladri di speranza e “la solitudine dei cittadini ultimi”



A mio parere credo si possa parlare di vero e proprio lapsus, non so quanto freudiano.



Volendo rendere omaggio alla memoria di Enrico Berlinguer e alla sua lungimiranza, allorché più di trent’anni or sono lanciava l’allarme a proposito della questione morale che già da allora affliggeva il paese, e volendo anche rilanciare il suo appello, affinché la politica non si riduca a “scettico politicismo”, Livia Turco (Unità del 1° agosto 2011), afferma fra l’altro la necessità della “scrupolosa applicazione dell’Art. 49 della Costituzione là dove si afferma che i partiti devono concorrere alla formazione della volontà politica della Nazione e cessare di occupare lo Stato”.



Parlo di lapsus, perché l’Art. 49 indica come soggetti titolari del diritto di “concorrere a determinare la politica nazionale”, non già i partiti, che lo stesso articolo individua chiaramente come “associazioni – strumenti”, ma i “cittadini”, e solo nelle mani dei “cittadini” detti strumenti possono rivelarsi utili.



Se non si coglie questo ordine logico di priorità, l’occupazione dello Stato da parte dei partiti, non potrà mai essere evitata, e nessuna diversità, genetica o ideologica che sia, potrà mettere al riparo da una deriva che è sotto gli occhi di chi vuol vedere.



L’idea, non già “comunista” ma “leninista” e poi “sovietica” e per decenni introiettata nel DNA dei “comunisti italiani”, che prima venisse l’avanguardia-partito (un po’ come per i “cattolici italiani”, prima viene la Chiesa di Roma e solo poi la loro stessa fede) e solo poi i cittadini, ancorché cittadini comunisti, ha travolto le migliori intenzioni, e contribuito a rendere la nostra splendida Costituzione, quella “incompiuta” che Piero Calamandrei aveva per tempo identificato.



Oggi più che mai, quello che mi angoscia è la “solitudine dei cittadini ultimi”.



Ascoltando a Bobbio, nell’ambito del Filmfestival di Marco Bellocchio, il regista Saverio Costanzo, chiamato a discutere con gli spettatori in coda alla proiezione del suo film “La solitudine dei numeri primi”, tratto dall’omonimo libro di Paolo Giordano, mi sono confermato nella convinzione che oggi, più che mai in passato, la fortuna editoriale di un libro è anche legata a tutto ciò che è paratesto, a cominciare dal titolo e dalla copertina.



Nel caso qui richiamato “la solitudine” dei personaggi, che come “numeri primi” si sfiorano per l’intera loro esistenza senza mai riuscire a legarsi, ha una indubbia capacità evocativa, confermata dalla riuscita sia del libro che del film, nel rispetto dell’autonomia dei diversi linguaggi e dei diversi autori.



Oggi a mio modestissimo parere, quel titolo si presta anche ad evocare appunto un’altra solitudine, quella appunto dei cittadini italiani, sempre più “ultimi” e sempre meno “primi”, che anche quando indignati, anch’essi, come i personaggi di Giordano e di Costanzo, riescono ad avvertire la propria condizione di sofferenza, ma non riescono trasformarla in una condizione di comunanza, vivendo una solitudine che fa di ciascuno cittadino un’isola, ciascuno separato dall’altro anche da “pozzanghere di malaffare” che anziché prosciugarsi, sempre più assomigliano a veri e profondi bracci di mare.



In questo paese per altro, non sono solo i lapsus a farci mesta compagnia, e leggere per la firma di un “terzista cerchiobottista” (Ernesto Galli Della Loggia sul Corriere) in servizio permanente effettivo, una dotta prosa vaticinare come la “grande stampa d’informazione non (possa) fare alla sinistra gli sconti che abitualmente e da anni non fa alla destra”, segnala che il livello di solitudine di noi cittadini (di sinistra, ma penso anche tantissimi di destra), è più prossimo all’amara conclusione del libro di Giordano, laddove i suoi personaggi registrano la loro definitiva separatezza, piuttosto che all’esile filo di speranza con cui si chiude il film di Costanzo.



Oggi in particolar modo ferisce che anche a sinistra prevalgano, chi addirittura in mala fede, ed altri pure in buona fede, i ladri di speranza.



È un segnale che ormai il limite di non ritorno per la nostra comunità nazionale è davvero prossimo, e i cittadini tutti, sono sempre più soli.



vittorio melandri

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