Cari milanesi
sono passati appena due mesi da quando mi avete eletto sindaco della nostra città. La ricchezza più grande di questa esperienza, quella che non possiamo permettere che vada dissipata, è stata la vostra straordinaria partecipazione in risposta alla mia volontà di ascolto. Ho assunto con voi l’impegno di trasformare Milano e sono certo che è quello che faremo, insieme, nell’arco dei cinque anni che ci aspettano. Oggi che il compito di governare ci impone scelte difficili eccomi dunque a parlare direttamente con voi e a spiegare le nostre decisioni. Non vi parlo delle tante cose fatte in queste poche settimane, ma affronto un tema delicato come credo sia mio dovere, con chiarezza e trasparenza.
Non sono state decisioni facili. Conoscete le ragioni: il bilancio che abbiamo trovato era un bilancio non veritiero, le entrate più importanti semplici voci astratte (cessione di quote di società importanti come Serravalle e Sea), come se nel vostro bilancio casalingo ci fosse il corrispettivo del servizio buono di piatti, che però dovete ancora vendere. E i primi a riconoscerlo sono stati proprio i revisori dei conti del Comune che avevano anche informato l’ex sindaco della reale situazione del bilancio comunale. La Moratti aveva annunciato 48 milioni di attivo mentre c’era un disavanzo di 186 milioni di euro A questo si è aggiunta la manovra del Governo, che, per superare le difficoltà dello Stato ha spostato nuovi oneri sui Comuni. Al Comune di Milano questa manovra costerà 100 milioni di euro. Ma la cosa più difficile sono i vincoli che siamo costretti a rispettare per quello che si chiama Patto di stabilità: se i conti non sono a posto, calano i trasferimenti. E ciò vorrebbe dire per il 2012 altri 90 milioni in meno, oltre all’obbligo di eliminare spese correnti per 353 milioni.
Sono cifre impressionanti. Ma dietro quei numeri che possono sembrare astratti si nascondono cose molto concrete: il posto all’asilo nido, il bonus per i bambini, la ristrutturazione della case popolari che oggi sono sfitte e che vogliamo mettere sul mercato, i pasti a domicilio per gli anziani, i contributi attraverso il Fondo anticrisi alle persone in difficoltà. Se non risanassimo, non potremmo nemmeno pagare i fornitori del Comune; dovremmo cancellare lo sportello imprese; non saremmo in grado di sostituire i 42 «ghisa» che a settembre andranno in pensione; saremmo costretti a tagliare il 10 per cento delle corse dei mezzi dell’Atm.
Non avevamo molte strade. Non è affatto vero, come qualcuno ha affermato, che avremmo potuto tassare i grandi patrimoni; «castigare» i Suv; far pagare di più chi ha un reddito più alto o intervenire sulle transazioni finanziarie. Il Comune non ha questo potere. Sono le leggi dello Stato a stabilire che cosa si può fare. Introdurre l’addizionale Irpef era l’unica cosa che la legge ci consentiva di fare. L’aliquota dello 0,2%, quella che abbiamo introdotto, è la più bassa tra quelle di tutte le grandi città italiane: a Roma è dello 0,9; a Torino 0,7; a Bergamo 0,6; a Bologna 0,5. Mentre la nostra soglia di esenzione è la più alta del nostro Paese: oltre il 70% dei milanesi non pagherà nulla.
Sul rincaro dei biglietti - che ci è imposto per legge – siamo stati costretti ad alzare il prezzo del biglietto ordinario a 1,50 euro per evitare ogni aumento degli abbonamenti annuali e mensili, così che chi utilizza regolarmente i mezzi pubblici non dovrà pagare nulla in più rispetto ad oggi. Potrà viaggiare gratis chi supera i 65 anni e ha un reddito basso; l’abbonamento studenti è stato esteso a tutti i ragazzi sotto i 26 anni, comprendendo quindi anche i giovani lavoratori, e saranno anche introdotte misure a favore di cassintegrati e disoccupati.
Non c’era alternativa e la sofferenza per dover percorrere questa strada mi porta ad impegnarmi ancora di più in quello che era già il mio intendimento: una seria e severa lotta all’evasione. Quello che chi ci ha preceduto, nei suoi 18 anni di governo, non ha fatto e oggi noi non siamo disponibili ad accettare lezioni da chi ha impoverito la città e imbrogliato i milanesi. Abbiamo assistito a un surreale ribaltamento della realtà: abbiamo sentito difendere le categorie deboli da chi ha sempre fatto gli interessi dei forti; da chi ha cercato di trasformare una grande capitale morale in una piccola capitale ministeriale.
Cari milanesi, avevamo solo due strade: chiudere gli occhi, mantenere il deficit e ipotecare il futuro oppure chiedervi sacrifici, risanare il bilancio e investire risorse per costruirlo, il futuro. Sto chiedendo a tutti voi di fare la vostra parte per dare a Milano il futuro che vogliamo. Tutta l’Italia guarda a Milano. Non possiamo condannare Milano, non possiamo deludere l’Italia.
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