SCIOPERO GENERALE E RIFORMISMO
L’atto di proclamazione dello sciopero generale da parte della CGIL, per il prossimo 6 Settembre, ha scatenato un fuoco di fila di polemiche, provenienti non soltanto dal governo e dalla destra, ma anche da settori dell’opposizione che, in teoria, dovrebbero risultare ancora legati a un certo “concetto” e a una sorta – almeno – di collocazione “a sinistra”.
Il risultato finale, da quella parte, è il solito “ma, anche” quindi la presenza in tutti i cortei e in tutte le manifestazioni indipendentemente da contenuti e piattaforme: inoltre il massimo teorico del “ma anche” spiega oggi, usufruendo di un’intera pagina di “Repubblica”, i “punti del riformismo che può salvare l’Italia”, esprimendo la propria contrarietà alla cultura del “no” che, a suo giudizio percorrerebbe la straordinaria ondata di mobilitazioni sociali che stanno percorrendo il mondo in questa fase; cultura del “no” che ovviamente accomunerebbe in negativo anche il nostro sciopero generale (nel testo non lo si scrive, ma il “sottinteso” è evidente).
Eppure sciopero generale in Italia contro questa manovra economica non sono temi disgiunti e vale la pena, molto brevemente di entrare nel merito.
Prima di tutto è necessario affermare che lo sciopero va fatto riuscire con l’impegno di tutti per una precisa motivazione di carattere politico: nessuno di noi, credo, intende recuperare la cultura soreliana dello “sciopero generale come atto salvifico”. La proclamazione dello sciopero generale indica, però, con grande chiarezza la gravità del momento, l’attacco “ideologico” che attraverso la “cultura della crisi” viene portato verso il movimento dei lavoratori con i rischi, seri, per la democrazia che ne derivano. Tutto questo va messo all’ordine del giorno, con grande chiarezza e senso di responsabilità, senza indulgere alla cultura dell’emendamento buona soltanto per i giochi tattici in Parlamento.
Egualmente è necessario alzare il tiro, esprimere una piattaforma, fornire una base di confronto a chi deciderà di scendere in sciopero. Alzare il tiro proprio sul terreno del riformismo.
Non basta, non è sufficiente, elaborare proposte nel tentativo di modificare “questa manovra”, si può fare ma non è decisivo.
Sarà decisivo, invece, affermare con grande forza che è necessario un riequilibrio nella distribuzione delle risorse, un “riequilibrio” forte che, partendo dalla Patrimoniale (non a tempo, ma inserita strutturalmente nelle dinamiche fiscali) fornisca risorse agli investimenti; sarà decisivo affermare che le liberalizzazioni dei servizi pubblici oltre a favorire i soliti “noti” serviranno anche a limitare ancora un poco di più la democrazia, politica ed economica di questo Paese che ha bisogno invece di un nuovo livello d’intervento pubblico in economia, di capacità collettiva di affrontare la crisi, d’investimenti sui veri, grandi, elementi di ritardo della nostra economia dalla ricerca, alle infrastrutture, al rapporto territorio/ambiente, all’assetto idrogeologico, alle energie rinnovabili, a una diversa politica estera.
Così come risulterebbe fondamentale agganciare lo sciopero generale del 6 Settembre prossimo a un’idea “europea” di mobilitazione, definendo proprio il terreno dell’Europa come fondamentale per lo sviluppo di qualsiasi politica innovativa, di ampio respiro.
Risuonano già le voci contrarie: questa sarebbe di nuovo la vecchia idea anni’70 del “sindacato come soggetto politico generale” : ebbene sì, senza alcuna idea di sostituzione di ruoli e di riempimento di vuoti che purtroppo ci sono, eccome ci sono, l’idea è proprio quella del “sindacato come soggetto politico generale”, non come ritorno all’indietro, ma come visione per il futuro rivolta essenzialmente alle nuove generazioni.
Scusandomi per lo schematismo.
Savona, 26 agosto 2011 Franco Astengo
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