LA CONTESA NELLA CRISI INTERNAZIONALE
Da molti anni un’insistente propaganda ha toccato il tasto del superamento dell’ideologia, della fine della distinzione destra/sinistra, di una “globalizzazione virtuosa”, fino a far spingere qualche politologo di grido a parlare di “fine della storia” e di “ondate di democrazia”.
I nodi sono ormai venuti al pettine e la crisi sta mostrando il vero volto del neo-liberismo sfrenato, del processo incontrollato di finanziarizzazione dell’economia, dell’evidente sottrazione di democrazia e di conseguenza di politica che si è realizzato a favore di tecnocrazie invisibili, di nuovi fossati scavati tre le diverse parti del mondo e tra le persone al loro interno, dell’emergere di populismi autocratici anche nel cuore dell’Occidente.
Paul Krugman, premio Nobel per l’economia, ha individuato, a proposito del caso USA, l’oggetto vero del contendere all’interno di questa crisi: un oggetto “tutto politico”.
Ci troviamo di fronte, infatti, scrive Krugman, all’assalto da parte di una destra estremista, maggiormente propensa a creare crisi a ripetizione che a cedere di un solo millimetro nelle proprie richieste che sono, nella sostanza, quelle del ritorno al potere, costi quel che costi, dei rappresentanti dell’“individualismo proprietario”.
Uno scontro, ci permettiamo di annotare, dalle chiare dimensioni di “classe”, cui l’attuale governo USA non riesce a replicare per debolezze congenite e per l’accettazione sostanziale di quel meccanismo di superamento delle distinzioni politiche cui si accennava all’inizio: non sarà il caso di ricordare, invece, come la risposta di Roosevelt alla crisi del ’29 fu quella del keynesismo spinto del “New Deal” e della “Tennessee Valley”, senza tema di essere tacciato – nella società americana dell’epoca – di “socialismo”.
Tornando all’oggi, è necessario dedurre invece che lo scontro è ancora tra destra e sinistra, che le nuove contraddizioni planetarie (che nessuno nega) reclamano un aggiornamento nel modo di fare politica, di rivolgersi alla gente, di approntare progetti, programmi, di definire priorità, ma è certo che tutte queste nuove contraddizioni si avviluppano attorno a quella che per tutto il ‘900 abbiamo definito come “principale” e che Stein Rokkan, nella sua fondamentale opera d’individuazione delle grandi fratture epocali, ha individuato come il “cleavage” nel quale si misurano capitale e lavoro.
E’ necessario che le forze politiche individuino in fretta l’oggetto vero del contendere della crisi, che è ancora quello della democraticità nella gestione del potere: è necessario, in questo uno sforzo a livello internazionale, tra tutti i soggetti che non hanno ancora introiettato definitivamente il meccanismo dell’integrazione supina al sistema.
Alle risposte della destra, vanno fornite risposte di sinistra sulla base dei grandi principi dell’eguaglianza, della solidarietà, della liberazione dallo sfruttamento, della capacità di collegamenti “forti sul piano sovranazionale”.
Ci troviamo sicuramente in forte ritardo, e la crisi dei sistemi politici (quello italiano in particolare) appare esiziale sotto questo profilo, ma deve essere ancora possibile muoverci nella direzione di contrapporre all’evidente egemonia culturale dell’avversario un progetto di egemonia alternativa.
Non entro nel dettaglio, per carità: basterebbe avviare una riflessione seria sulla qualità delle contraddizioni, sull’uso strumentale della crisi, sulla necessità di una risposta alternativa, a tutti i livelli.
Savona, lì 10 agosto 2011 Franco Astengo
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