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giovedì 16 giugno 2016
Franco Astengo: Referendum britannico
REFERENDUM BRITANNICO : NESSUNO METTE IN DISCUSSIONE LE QUESTIONI ESSENZIALI di Franco Astengo (in calce alcune osservazioni di CLAUDIO BELLAVITA)
Quali sono le ragioni effettive sostenute dai sostenitori dell’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea attraverso l’esito del referendum previsto per il prossimo 23 Giugno?
La risposta, esposta semplicisticamente, è questa : una mossa mirata quasi esclusivamente alla tutela degli interessi di certe lobby economico-finanziarie della City di Londra venduta come uno slancio di democrazia all’insegna dell’indipendenza e della libertà del popolo britannico.
Partendo dal dato dell’impossibilità di valutare l’esito concreto della consultazione sul piano delle dinamiche che si apriranno a livello economico e di conseguenza politico (difficile pensare ad automatismi) c’è da far rilevare come il referendum inglese sia stato impostato in modo da non porre le vere questioni riguardanti il tipo di costruzione dell’Unione Europea, così come queste sono state portate avanti da Maastricht in avanti.
Le responsabilità, a livello globale, sono ben più ampie di quelle giudicabili in una considerazione del tipo di quella della quale ci apprestiamo a verificare l’esito.
La questione però non sta, come si sta cercando di rilanciare in queste ore, nell’euro/non euro (tra l’altro l’UK non ha mai aderito all’euro e la sterlina è sempre lì, adesso come adesso in fase di svalutazione).
Il punto sta nel pensiero unico, nella qualità di gestione del ciclo, nell’esasperazione del processo finanziario, nel dominio della tecnocrazia economicista.
Torniamo quindi a sviluppare alcuni temi di carattere generale, scusandoci se si mostreranno punti di ripetitività, già espressi nel tempo: ma il fatto che determinati punti non siano mai stati affrontati costringe a ribadire la sostanza di argomentazioni che debbono essere ritenute fondamentali.
Il procedere della cosiddetta costruzione europea si colloca al centro di una gigantesca espressione di “pensiero unico” del capitalismo che ha afferrato tutto il periodo del primo decennio del XXI secolo causando effetti che risulteranno duraturi nel tempo e ponendo in atto quello che è stato giù definito un vero e proprio “arretramento storico” .
Un “arretramento storico “ posto sia sul piano della crescita delle diseguaglianze (e di conseguenza nel concreto della fortissima riacutizzazione della contraddizione di classe dopo la fase di allentamento verificatasi nei trent’anni seguiti alla seconda guerra mondiale) sia sul terreno dell’espressione dell’agibilità democratica.
Sotto quest’aspetto, però, tra gestione del ciclo economico e strutturazione dei sistemi politici proprio il procedere dell’Unione Europea nei suoi vari aspetti (formazione dei nuclei dirigenti a Bruxelles e Francoforte, ruolo del Parlamento, allargamento a 28, ecc) fa emergere un fenomeno del tutto inedito e originale nel rapporto tra politica ed economia.
In questo intervento si tenterà una prima traccia di riflessione al proposito.
Un livello di riflessione ancora molto approssimativo e tutta da approfondire destinato a un dibattito che però è necessario avviare per cercare di tenere il nostro livello di capacità di elaborazione politica al passo con le contraddizioni emergenti e che, appunto, nella campagna elettorale britannica non è stato affrontato tanto è vero che il Labour, con grandi contraddizioni interne, voterà sì.
Si tratta, infatti, di elaborare, proporre, concretizzare le opzioni politiche più valide per il futuro nel senso, prima di tutto, di una coerente opposizione internazionalista e di classe allo stato delle cose presenti e, in secondo luogo, di progettazione del futuro nel senso dell’eguaglianza e dello sviluppo della democrazia.
Opporsi a quello che è stato definito “arretramento storico”, rappresenta il primo compito di una sinistra coerente con i propri principi ispiratori di fondo e con le istanze, i bisogni, le necessità che salgano dai settori sociali più tartassati e umiliati da questa forma davvero feroce di gestione del ciclo capitalistico: quella, appunto, che ha imposto il già richiamato “pensiero unico”.
Andando, quindi, per ordine.
Scissione tra gestione economica e sistemi politici a livello dell’Unione Europea: questa è la sostanza che ci ritroviamo di fronte nell’immediata attualità.
Una situazione che può essere così esplicitata: l’economia, retta dall’austerità, imposta dalla trojka, ma soprattutto dalla potenza della Germania sta modellando diversi sistemi economici “regionali” all’interno dell’Unione stessa, imponendo le scelte anche sotto l’aspetto della produzione, della localizzazione delle imprese, dei modelli di sviluppo.
In questo spazio di “sistemi regionali” è stata tentata l’avventura propagandistica di Matteo Renzi, risoltasi fin qui in un maldestro rilancio di un nazionalismo fuori dal tempo e dalla storia.
Il sistema economico dell’Unione, raccolto attorno al modello tedesco fondato sulle esportazioni, finirebbe così ad assomigliare a una sorta di Unione Sovietica di ritorno come dal 2007 sostiene Vladimir Bukovskij: centralizzazione nelle scelte improntate dalla Commissione (con il mantenimento di un ruolo del tutto secondario del Parlamento) e trasmissione di questo modello nelle diverse “periferie” dell’area Euro imponendo così, oggettivamente, istanze di “diversa velocità” puntando complessivamente all’abbassamento ulteriore del costo del lavoro e alla riduzione della capacità di rappresentanza delle classi lavoratrici.
Dal punto di vista politico il tipo di modello economico appena descritto, legato al livello di esportazioni della Germania e quindi alla sua supremazia imposta attraverso l’austerità in collaborazione stretta con la Commissione, comporterebbe una politica estera comune, in particolare nel quadro del rinnovato bipolarismo così come questo sta venendo avanti da qualche tempo in uno scenario mondiale caratterizzato dallo scontro diretto in Ucraina e dalla caduta di ruolo degli altri partner dei cosiddetti BRIC, e una ri-nazionalizzazione dei diversi sistemi politici interni.
Tutto questo per affermare che l’Unione Europea può tranquillamente sopportare il fascismo in Ungheria, favorire analoghe tensioni in Ucraina e in altri Paesi dell’Est e l’instaurazione di un regime autoritario in un grande Paese di tradizione democratica come l’Italia.
Anzi una possibile “questione italiana” di questo tipo, da realizzarsi attraverso il modello autoritario proposto dal combinato disposto “deformazioni costituzionali” /Italikum, potrebbe rappresentare un vero e proprio terreno di sperimentazione per questa Europa a più velocità e caratterizzata, al suo interno, da diversi sistemi ma unificata nell’obbedienza alla ferocia capitalistica del presente.
In conclusione: emerge la necessità di un’opposizione sistemica che si sviluppi, con caratteri davvero internazionalisti, al livello dell’Unione sui grandi temi dell’economia e della condizione di classe che deve però essere strettamente intrecciata con l’opposizione da esercitare nei confronti della situazione politica dei diversi Paesi.
In Italia questo significa, necessariamente, la costruzione di un’opposizione politica al regime rappresentato dal Governo Renzi e da tutte le sue interessenze e connessioni ai diversi livelli: soltanto nell’espressione di un’estrema chiarezza di collocazione politica a questo livello potrà essere ricostruita quella presenza di sinistra alternativa a base di massa e a vocazione internazionalista che, proprio in questo momento, manca nella nostra situazione nazionale e nel complesso del contesto europeo : contesto europeo che andrebbe richiamato con forza in questa direzione.
Fallimento dell’esperienza di governo in Grecia (largamente e facilmente prevista), difficoltà di sbocco politico della pur forte stagione di lotta in Francia, adeguamento – come abbiamo già visto – del Labour, corresponsabilità dell’SPD, inesistenza italiana, politicismo governista in Spagna: questo il quadro dentro il quale ci troviamo immersi in una dimensione di grande difficoltà.
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Concludo allegando alcune domande e osservazioni sulla situazione europea che non sono mie ma del compagno socialista Bellavita, alle quali sarebbe il caso di discutere per fornire delle risposte:
1) fino a che punto conviene all’Europa essere, attraverso la NATO, uno strumento della politica estera americana e della sua ossessione di tenere accerchiata la Russia? Per questa ossessione siamo stati spinti a esagerare a gonfiare l’Europa con paesi di dubbia democraticità, come la Polonia e l’Ungheria, che si permettono di ignorare i richiami della commissione europea, ma non di rinunciare al contributo netto che ne ricevono: 800 mil. di euro all’anno la Polonia, il 4% del PIL l’Ungheria. E se le mandassimo a stendere, queste mantenute piene di pretese? Certo, agli Usa spiacerebbe, ma a noi, soprattutto a noi italiani , dispiace che sia entrato nella NATO il Montenegro, paese governato di fatto dalla criminalità locale collegata con la nostra camorra. Nessuno sa con precisione come funzioni il collegamento tra i servizi segreti della NATO, ma l’idea che un camorrista ficchi il naso nei nostri servizi per far piacere agli USA che han bisogno di aumentare le rampe di lancio dei loro missili, che non vanno così lontano come quelli russi, non mi piace per niente.
2) sempre per la stessa ragione gli USA vorrebbero far entrare nella UE l’Ucraina , un paese di nazisti stracorrotti, che si mangiano i finanziamenti concessi senza garanzie dal FMI (lo stesso che alla Grecia nega anche le briciole): in questo modo impegneremmo le magre risorse UE per il piacere di un ulteriore spostamento a destra del voto dell’Unione
3) che affidabilità ci dà il rapporto con gli USA che stan mostrando la loro faccia peggiore in questa elezione presidenziale? Lasciamo perdere il TTIP, e le pretese delle loro multinazionali di trattarci come una colonia. Guardiamo ai candidati: i repubblicani, il partito che ha espresso il maggior numero di presidenti, ci offre l’alternativa tra un miliardario gigione e truffatore, al cui confronto il nostro Berlusconi è un lord inglese, che spara cazzate populiste al cui confronto Salvini è una suora di carità di Lampedusa e un fondamentalista evangelico che vorrebbe che nelle scuole si insegnasse che il mondo è stato creato 6000 anni fa , come dice la Bibbia, che non esiste l’evoluzione e che gli abortisti vanno linciati. I democratici, alla fine, si presentano con la rappresentante storica delle multinazionali, la cui credibilità sul piano sociale è autentica come un biglietto da 12 dollari.
4) inutile dire che faccio il tifo per la Brexit, e che Londra, la succursale della finanza truffatrice degli USA, se ne stia con loro e noi stiamo con noi
5) parliamo, infine, del problema che più agita gli europei, l’ondata di migranti che ci sta arrivando, per farci scontare le trascorse colpe delle potenze colonialiste: Inghilterra, Francia e Belgio. La soluzione che si prospetta, di dare una cospicua mancia alla Turchia perchè se ne occupi lei, che storicamente è specialista in genocidi, mi sembra il bis della soluzione che è stata data al problema dei palestinesi derubati dagli israeliani delle loro case e delle loro terre, e ficcati da tre generazioni in campi di concentramento in Libano e Giordania, paesi che ogni tanto provvedono a sterminarne un po’. Ma c’è una grande potenza nel mondo che ha una tremenda crisi demografica: la Russia, che coi suoi 140 milioni di abitanti in decrescita infelice, ha meno abitanti di Brasile, Pakistan,Bangladesh e Nigeria, e , fra un po’, di Messico e Etiopia. La Russia, cui per ordine degli USA abbiamo dovuto applicare un embargo che danneggia solo l’Europa, e con la quale dobbiamo ragionare, insieme alla Cina, di fonti energetiche e di grandi comunicazioni eurasiatiche.
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1 commento:
Le domande che pone il comp. Bellavita risultano di cogente attualità e trovano riscontro in molte nostre riflessioni e valutazioni.
Inoltre evidenziano quanto scarso sia il gradimento di rapporti internazionali fondati in gran parte sulle logiche e gli interessi del "gendarme del mondo". Lo "spauracchio" dell'uscita della GB dall'Europa penso che abbia tutti i caratteri di strumentalità interessata, volta a strappare ulteriori condizioni di favore a danno degli altri componenti dell'Unione.
L'Europa dovrebbe trovare con immediatezza soluzioni capaci di fronteggiare i ricatti ed eventualmente di poter far fronte all'uscita senza danni, dimostrando che può rafforzare la propria esistenza proprio liberandosi delle " quinte colonne" ..
Pienamente d'accordo contro le dannose sanzioni antirusse, non solo economicamente ma anche in vista del contributo che la Russia può dare contro il terrorismo.
Comunque rimane sempre più pressante la necessità del rafforzamento dell'unità politica e finanziaria della Comunità europea, anche in direzione d'un maggiore orientamento solidaristico capace di fronteggiare e risolvere le intollerabili disuguaglianze esistenti in varie parti del continente. Un saluto, Roel.
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