sabato 18 giugno 2016

Livio Ghersi: Patriottismo costituzionale

Patriottismo costituzionale C'è un manifesto de "I Socialisti per il Sì al Referendum" (primo firmatario Luigi Covatta), che si può leggere nel Quotidiano on-line del Partito socialista di Nencini. Com'è noto, Nencini ha incarichi di governo ed il PSI elegge i propri deputati facendoli candidare nelle liste del Partito Democratico. Tra i sottoscrittori di quel manifesto, troviamo intellettuali che vorrebbero rappresentare il punto di vista liberale nel discorso pubblico, come Dino Cofrancesco e Corrado Ocone. Quest'ultimo, che nei mass media viene presentato come "filosofo", ha voluto motivare ulteriormente la propria decisione di votare Sì al Referendum. Con argomentazioni non propriamente filosofiche, almeno dal punto di vista della qualità: «Un Sì politico, perché finalmente si sfata il mito della Costituzione più bella del mondo. E, di conseguenza, si mettono per la prima volta in scacco le vestali della Costituzione che hanno impedito a questo Paese di rinnovarsi e modernizzarsi. Sarebbe abbastanza paradossale dopo tante battaglie ritrovarsi insieme ai Rodotà e ai Zagrebelski a difendere la vecchia Costituzione» (si veda "Formiche.net", dichiarazione del 31 maggio 2016). Si noti la manifesta volontà di mettere «in scacco le vestali della Costituzione». Perché tanto accanimento nei confronti della Costituzione della Repubblica entrata in vigore nel 1948? Tutte le riforme della Costituzione finora tentate, o realizzate, riguardano la Parte seconda. In alcuni ambienti liberal-conservatori, oltre che appartenenti alla destra tradizionale, si avverte, tuttavia, una serpeggiante ostilità anche nei confronti della prima parte. In questo caso il radicale rivolgimento della Forma di governo (per superare definitivamente il sistema parlamentare ed arrivare ad una Repubblica presidenziale) e della Forma dello Stato (in odio contro lo Stato Unitario) sono stati concepiti e tuttora vengono concepiti come la via maestra per arrivare ad una Costituzione radicalmente nuova, ossia riscritta anche nelle sue premesse e nei suoi princìpi fondamentali. Per quanto mi riguarda, so pure io che la Costituzione è frutto di un compromesso tra differenti orientamenti politico-culturali. In sede di giudizio storico, dovrebbe essere ormai chiaro, però, che nelle condizioni in cui si trovava l'Italia dopo una guerra rovinosamente persa (guerra voluta dal Regime fascista) e dopo vent'anni di dittatura, è stato un bene che quel compromesso sia stato ottenuto. Un compromesso alto, raggiunto da politici di notevole livello culturale nella loro media, e che non trascurò l'esigenza di esprimere le disposizioni costituzionali in un italiano fluente ed elegante. Basti pensare all'articolo 3, primo comma, sull'eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge. E' scritto: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali». Articolo che è anche a fondamento della concezione della laicità dello Stato, perché chiarisce che la fede religiosa professata, o non professata, non può comportare vantaggi, né svantaggi, dal punto di vista del trattamento giuridico. Quella formulazione è particolarmente felice e non si potrebbe scriverla meglio. La Costituzione è repubblicana e questo a me sta benissimo. Fu segnata dallo spirito dell'antifascismo? Ed allora? Non intendo scusarmi con alcuno se sento l'esigenza di rivendicare, oggi come ieri, che sono profondamente antifascista. Quando lo scrivo mi ricordo dei morti (come Piero Gobetti e Giovanni Amendola), mi ricordo dei carcerati (come Ernesto Rossi), mi ricordo di quanto mi hanno insegnato intellettuali liberi come Benedetto Croce, o Adolfo Omodeo. I social-comunisti, o i cattolici terzomondisti furono culturalmente preponderenti nell'Assemblea Costituente? No. Ad esempio, Alcide De Gasperi era un cattolico liberale. Ad esempio, Giuseppe Saragat era un socialista democratico. Ad esempio, presidente della Commissione dei 75 era Meuccio Ruini. Con trascorsi più che rispettabili quanto ad impegno politico dalla parte degli ideali liberaldemocratici. Fu deputato radicale vicino a Francesco Saverio Nitti, poi nell'Unione Nazionale di Giovanni Amendola, infine, dopo la caduta del fascismo, fondatore del Partito democratico del lavoro insieme a Ivanoe Bonomi. La Costituzione non è coerente con i princìpi del liberismo economico? Meglio, dico io, perché in quei princìpi nemmeno io mi riconosco integralmente. Mi riconosco, invece, completamente nei limiti che l'articolo 41 Cost. fissa all'iniziativa economica privata: «Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana». Non a caso l'articolo 41 Cost. è uno fra i pochi articoli della Prima parte di cui sia stata chiesta apertamente la riformulazione. Affinché non nasca confusione, mi affretto a precisare che la riforma costituzionale Renzi Boschi riguarda soltanto la Parte seconda. Voglio spendere una parola anche a favore di Gustavo Zagrebelsky e Stefano Rodotà. Il secondo, peraltro, è un esperto di Diritto privato e non di Diritto pubblico e costituzionale. Non ne condivido sempre le posizioni, ma ho grande rispetto per loro: so, per averli letti e studiati, che si tratta di personalità di rilievo quanto a conoscenze tecnico-giuridiche. Osservo che la maggior parte dei costituzionalisti che oggi si schierano per il Sì hanno, prevalentemente, dai trenta ai cinquant'anni. Sono in carriera. Zagrebelsky e Rodotà la loro carriera l'hanno conclusa da tempo. Questo forse significa che sono più liberi nell'assumere le loro determinazioni? Penso che questa chiave interpretativa debba essere tenuta in considerazione. Ricordo a me stesso che votai NO anche nel referendum costituzionale del giugno del 2006 e ne sono fiero. I leghisti, che allora inseguivano la "Devolution", ossia più potere alle Regioni, disprezzano la Costituzione repubblicana ed antifascista. Berlusconi, allora leader incontrastato del centro-destra, non è certamente un difensore appassionato della Costituzione esistente. Non è un caso che il medesimo Berlusconi abbia inizialmente raggiunto con Renzi un'intesa per le riforme (il patto del Nazareno). Oggi Berlusconi ripete contro Renzi alcuni argomenti che nel 2006 i sostenitori del NO (l'ex Presidente Scalfaro, Zagrebelsky, Rodotà, e tanti altri tra i quali, nel mio piccolo, anch'io) usarono contro di lui. In conclusione tutta la questione si riduce alla considerazione che si ha per la Costituzione; quando la consideri poco viene facile farne oggetto dei più miserabili scambi politici. Per me la Costituzione è importantissima, perché sta a fondamento dell'idea di Stato di Diritto. Chi prova a modificarla deve dimostrare, con argomenti razionali e convincenti, che sta operando per migliorare la condizione generale del Paese. Finché si continuerà a voler piegare le regole costituzionali ad obiettivi politici contingenti, la mia risposta sarà sempre NO. Chiamateci non conservatori, ma sostenitori del patriottismo costituzionale. Palermo, 8 giugno 2016 Livio Ghersi Nota: articolo pubblicato nel sito della Fondazione "Critica Liberale" il 9 giugno 2016.

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