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giovedì 23 giugno 2016
Franco Astengo: Referendum
QUANDO E’ NECESSARIO DICHIARARSI GELOSI CUSTODI di Franco Astengo
Rimosso l’ingombro delle elezioni amministrative la campagna elettorale per il referendum può essere considerata davvero aperta, anche se la data della consultazione non è stata ancora scelta.
E’ il momento, però, di mettere in campo le argomentazioni di fondo che andranno sostenute nel corso di un dibattito pubblico che si prevede lungo e complicato.
Dal nostro punto di vista, quello di una sinistra che elabori una piattaforma per il “NO” legata essenzialmente alla difesa di alcuni principi di fondo contenuti nella Costituzione e porti in primo piano i temi della qualità della democrazia, così’ fortemente messa in discussione negli ultimi tempi da evidenti tensioni di carattere autoritario imperniate sul personalismo e su di un decisionismo di bassissimo profilo sul piano etico – politico è necessario richiamarci ad alcuni principi di fondo.
Il principale dei quali risiede nella centralità del parlamento e nell’essere, la composizione delle Camere, l’espressione più fedele e coerente possibile delle diverse espressioni politiche presenti nel Paese, nelle diverse sensibilità culturali, morali, etiche che lo attraversano nella sua complessa conformazione sociale.
E’ questo il punto fondamentale di cui dobbiamo essere, senza alcuna tema di essere tacciati di conservatorismo, i “gelosi custodi”.
Su questo punto non ci deve essere semplificazione alcuna, ribadendo con grandissima forza che il luogo - principe della produzione legislativa è il Parlamento, così come la fiducia al governo scaturisce esclusivamente da quella sede e non certo da investiture plebiscitarie.
Emerge, a questo punto, come ci è già capitato tante volte di sostenere il nesso tra il ruolo e la composizione del Parlamento e la legge elettorale (non compresa nel testo della carta ma definibile come di rango costituzionale): una legge elettorale, quella dell’Italicum come già la precedente smantellata dalla sentenza 1/2014 della Corte Costituzionale, che tradisce palesemente il dettato della Costituzione.
E’ il caso, proprio per sostenere la necessità del mantenimento del ruolo del Parlamento (diverso il discorso del bicameralismo paritario, che non si affronta in questa sede) andare alle cosiddette “fonti primarie”.
Per questo motivo, di seguito, si riporta uno stralcio dell’intervento svolto alla camera dei deputati da Palmiro Togliatti nell’occasione del drammatico dibattito sulla riforma della legge elettorale in previsione delle elezioni politiche del 1953 (la famosa “legge truffa”, sicuramente più democratica dell’Italicum perché prevedeva un vero premio di maggioranza e non un premio di minoranza come adesso, poi sconfitta dal voto popolare).
Se si riuscirà a respingere questo pericolo per la democrazia rappresentato dalla deformazioni costituzionali preparate dal governo Renzi, dovrà essere posta in essere una forte riflessione collettiva su ruolo e funzioni dei soggetti politici nella modernità sociale, comunicativa, tecnologica. Riflessione da sviluppare in termini sistemici.
Da questo punto di vista una sola osservazione: nel frattempo è definitivamente caduta l’idea del bipolarismo all’italiana, perché è saltato il tappo del centro destra e si è affermata la presenza di un nuovo soggetto: il M5S.
M5S che trova le ragioni della sue affermazione nel privilegiare le esperienze di autorganizzazione e di comunicazione attraverso stili enunciativi che talvolta ricordano quelli del marketing politico o della pratica “autoriflessiva” che hanno nei social media il loro contesto e nell’applicazione da alcuni punti di riferimento teorici rappresentati soprattutto all’interno del concetto di “sovranità imperiale” di Toni Negri.
Un movimento quello 5 Stelle che, cresciuto elettoralmente in maniera esponenziale grazie ad una produttiva interpretazione della complessità sociale si espone oggi a tutte le difficoltà esistenti nel misurarsi con un concetto di governabilità che si situa (nella concezione dei suo leader) in una dimensione del tutto interna alle logiche di un presunto avversario: non si individuano cioè tra il M5S e il “sistema” che il movimento stesso ritiene di star fronteggiando elementi di diversità alternativa.
Movimentismo quello dei 5 Stelle, in sostanza, del tutto interno alle logiche del sistema, indipendentemente dalle posizioni politiche che via via possono anche essere assunte, in positivo come in negativo (positivo e negativo naturalmente distinguibili soltanto attraverso giudizi soggettivi).
Per questi motivi la sinistra impegnata nel respingere la provocazione delle “deformazioni costituzionali” deve costruire una propria autonoma piattaforma sui temi costituzionali e istituzionali, sviluppando in autonomia la propria iniziativa nel quadro di una necessaria politica delle alleanze.
Tornando al punto sollevato da questo intervento in relazione al tema della democrazia repubblicana viene dunque sotto riportato uno stralcio del discorso pronunziato dal segretario del PCI Palmiro Togliatti in occasione del dibattito sulla modifica della legge elettorale nel 1953: in questo intervento vi sono elementi che mantengono un valore di stretta attualità e ci consentono di argomentare al meglio quel ruolo di gelosi custodi della legalità repubblicana che è necessario sostenere all’interno di questo difficile confronto.
“Che cosa è il governo?
È l’espressione della maggioranza.
Chi designa il governo, chi registra la maggioranza? Il Parlamento. Dove si forma la maggioranza? Nel Parlamento.
Anche questa è una nozione elementare.
Soltanto in questo caso un ordinamento costituzionale è parlamentare.
Ricordatevi le discussioni che avemmo alla Costituente, quando si trattò di scegliere tra un regime parlamentare e un regime non parlamentare.
A grande maggioranza e senza esitazione scegliemmo un regime parlamentare, cioè
volemmo un ordinamento costituzionale nel quale la maggioranza e quindi il governo e la
designazione di esso uscissero dalle assemblee rappresentative, che debbono essere a
loro volta lo specchio della nazione.
Con questa legge Scelba le cose cambiano, e cambiano radicalmente, come del resto cambiavano già con la legge Acerbo fascista.
Giovanni Amendola, nel suo così profondo discorso sulla legge Acerbo, già
aveva rilevato il punto cui in questo momento mi voglio riferire, e la cosa era evidente:
“Con la legge in discussione, diceva, noi trapiantiamo nel campo elettorale il problema più
propriamente politico, cioè quello della costituzione della maggioranza.
Si richiede al paese direttamente di designare la maggioranza, di investirla della facoltà di governare. Noi arriviamo, attraverso queste formule dissimulate, le quali tuttavia non possono nascondere la sostanza, al governo plebiscitario”.
L’estensore della relazione di maggioranza non poteva confermar questo, a proposito della legge Scelba, in modo più chiaro, e forse non si è nemmeno accorto di dire enormità quando è giunto a scrivere che “la singolarità del sistema proposto non sta, di conseguenza, nell’introdurre il principio del potere conferito alla maggioranza, principio già accolto dal nostro come da altri ordinamenti democratici, ma nel determinare che la maggioranza, alla quale spetta il potere, non è quella voluta dagli eletti al Parlamento, ma quella che al Parlamento è indicata dallo stesso corpo elettorale”.
Qui usciamo dall’ordinamento parlamentare, qui siamo in regime plebiscitario, qui si
modifica e perfino si confessa di modificare un altro dei lineamenti fondamentali del nostro
ordinamento costituzionale. A questo punto mi si permetterà di inserire un’osservazione
relativa al tema politico di fondo. L’argomento con il quale tutto si volle giustificare al
tempo della legge Acerbo, e tutto si cerca di giustificare anche ora, è che sia necessario
fare queste violazioni della Costituzione per creare una possibilità di buon funzionamento
delle Assemblee.
È evidente che le Assemblee debbono funzionare, chi lo nega?
Le Assemblee non possono funzionare se non vi è una maggioranza, perché solo da una
maggioranza sorge un governo, anzi da una maggioranza sorge anche il potere supremo
del Presidente della Repubblica, per cui voi, proponendo questa legge , tendete a
modificare anche la figura del Presidente.
Ripeto, nessuno nega che vi debba essere una maggioranza e che si debba governare fondandosi sopra una maggioranza. Però, come si risolve questo problema? In regime parlamentare questo problema si risolve nell’Assemblea parlamentare, attraverso la capacità politica di colui il quale governa.
Accettate di essere nell’Assemblea quello che siete nel paese in realtà.
Allora, quando il Parlamento sarà specchio reale di quello che è il paese, proprio allora dovrà manifestarsi la vostra capacità politica, si vedrà cioè se abbiate o non abbiate quel tanto di capacità e di onestà, per cui dovete tener conto dell’esistenza e della forza di determinate minoranze, tener conto che esse rappresentano un bisogno, un interesse,un programma, una spinta ideale non trascurabili e non sopprimibili.
Voi questo problema lo volete scartare. Forse perché sia in voi la coscienza di
non avere uomini atti a risolverlo? Può darsi. Non nego che sia nei vostri dirigenti questa
coscienza. Ma l’ordinamento costituzionale è quello che è.
È rappresentativo, non plebiscitario. Non potete spingerci addietro, a un regime plebiscitario, dal quale uscirebbe non più un ordinamento democratico, ma, per il primo istante, uscirebbe un regime oligarchico.
Oligarchia infatti è quell’ordinamento, nel quale è precostituito il gruppo che
deve governare; e voi l’avete precostituito, servendovi dei mezzi a disposizione del potere
esecutivo, e che non voglio più né definire né qualificare
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