martedì 29 dicembre 2015

Franco Astengo: Cultura politica e legge elettorale

CULTURA POLITICA E LEGGE ELETTORALE di Franco Astengo La discussione sulla legge elettorale, avviatasi tra i frequentatori del sito del Circolo Rosselli, appare di estremo interesse e di elevata qualità: fatto non comune nella realtà del dibattito politico italiano. Provo allora ad allargare il tiro cercando di riportare in primo piano il tema del rapporto tra cultura politica (alcuni elementi della quale appaiono del tutto smarriti nella realtà italiana) e la proposizione della legge elettorale. Una relazione necessaria che proprio non si riesce a far decollare. La realtà della profonda crisi economica e sociale richiederebbe, prima di tutto, un salto di qualità sul piano culturale, attraverso l’avvio di un serio tentativo di ricostruzione di una sintesi progettuale. Una sintesi da realizzarsi riuscendo a oltrepassare le espressioni correnti dell’individualismo dominante (frutto dell’approccio neo-liberista ormai introiettato, fin dai primi anni’90, anche dalla sinistra italiana di tradizione socialista e comunista: salvo alcune eccezioni rimaste minoritarie). E’ stato attraverso le espressioni dell’individualismo che si sono affrontate, almeno fin qui, le cosiddette contraddizioni “post-materialiste”. Quelle contraddizioni “post-materialiste” che Inglehart, fin dal 1997, ha definito come “le scelte sullo stile di vita che caratterizzano le economie post-industriali”. Oggi, proprio la realtà della crisi globale (delle quale, almeno in questa sede, non enucleiamo le caratteristiche specifiche per evidenti ragioni di economia del discorso) reclama il ritorno all’espressione di valori orientati, invece: “ alla disciplina e all’autolimitazione, che erano stati tipici delle società industriali”. Appaiono evidenti le esigenze che sorgono nel merito della programmazione, dell’intervento pubblico in economia, della redistribuzione del reddito, dell’eguaglianza attraverso l’espressione universalistica del welfare, del ritorno a una “dimensione geografica” in luogo della speculazione finanziaria su base globale. Il tema della legge elettorale è strettamente collegato a quello della presenza politico-istituzionale di una sinistra capace di elaborare un “progetto di sintesi”. Perché questo stretto legame? Ripercorriamo velocemente le caratteristiche dei due principali sistemi elettorali: il maggioritario (nella cui direzione ci si è rivolti, in Italia, al fine di costruire un artificioso bipolarismo rivelatosi poi del tutto fallace, come è avvenuto del resto anche in altri paesi europei). L’idea del maggioritario è stata frutto, al momento dell’implosione del sistema politico nei primi anni’90, di una vera e propria “ubriacatura ideologica”, strettamente connessa all’ondata liberista: non si sono avuti risultati sul terreno della frammentazione partitica e su quello della stabilità di governo, ottenuta alla fine attraverso forzature inaudite che hanno provocato la formazione di un vero e proprio fossato tra le istituzioni e la società facendo crescere in una dimensione esponenziale l’astensionismo: astensionismo che, per noi, rimane un indicatore molto importante della qualità della democrazia. Inoltre il maggioritario ha aperto la strada allo svilimento nel ruolo delle istituzioni, alla crescita abnorme della personalizzazione (fenomeno che ha colpito duramente a sinistra, al punto da renderla in alcune sue espressioni di soggettività del tutto irriconoscibile), alla costruzione di quella pericolosissima impalcatura definita “Costituzione materiale” attraverso l’esercizio della quale si tende verso una sorta di presidenzialismo – populista, all’allargamento del distacco tra istituzioni e cittadini. “Costituzione materiale” che adesso si tenta di concretizzare mascherandola da progetto di riforma che è necessario appellare come “deformazione costituzionale”, da osteggiare complessivamente preparando una adeguata battaglia politica nel referendum confermativo. Il sistema proporzionale (quello “vero”) è stato accusato di rappresentare, nel passato recente della storia d’Italia, il veicolo di quel consociativismo considerato l’origine di tutti i mali del sistema politico, inefficienza e corruzione “in primis”. Preso atto di tutto ciò cogliamo l’occasione per esprimere una valutazione di fondo favorevole al sistema proporzionale: il proporzionale, infatti, rappresenta un sistema fondato necessariamente sul ruolo dei partiti, quali componenti fondamentali di una democrazia stabile, inoltre lo scrutinio di liste esige, necessariamente, un diverso equilibrio tra le candidature, affrontando così il tema del decadimento complessivo della classe politica. Interessa, però, soprattutto il legame tra sistema elettorale e struttura dei partiti. E’ questo il punto fondamentale del discorso che intendiamo sostenere in questa sede: la sinistra ha bisogno di un’adeguata soggettività politica che, proprio alla presenza di un’articolazione così evidente nelle richieste della società (come abbiamo cercato di mettere in luce all’inizio), produca reti fiduciarie più ampie e meno segmentate, più aperte verso le istituzioni, in grado di essere considerata produttrice e riproduttrice di capitale sociale, di allentare la morsa del particolarismo dilatando anche le maglie delle appartenenze locali e rilanciando il “consolidamento democratico”. Questo si può realizzare riportando in campo l’idea di un soggetto politico u della sinistra italiana capace di produrre un progetto di società alternativa e di diffondere egemonia culturale: un partito capace di recuperare una propria, autonoma, dimensione e struttura di massa presente in profondità nelle pieghe della società italiana, esprimendosi anche con una forte valenza di sintesi al riguardo dei grandi temi internazionali e interloquendo e collegandosi, a quel livello, con soggetti di altri paesi. Un’autonomia politica e culturale della sinistra non potrà mai più essere raggiunta se non ci sarà su questo tema, della rappresentanza, il raggiungimento di un’unità di intenti e di visione politica, fondamentale per costruire le fondamenta di quel nuovo soggetto al quale, uscendo dalle rispettive nicchie di appartenenza si dovrebbe cominciare a lavorare unitariamente, con urgenza. I tempi della crisi, nell’economia e nella politica, non aspettano e la nostra battaglia avverso il progetto ipermaggioritario dell’Italikum deve far parte del complesso di propositività politica alternativa che la sinistra è chiamata a dimostrare allo scopo di recuperare la propria storica capacità di rappresentanza sociale e politica.

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