lunedì 3 dicembre 2012

Vittorio Melandri: Bersani il "pragmatico"

PIERLUIGI BERSANI “IL PRAGMATICO” …. ….da quando è il “socialismo” ad essere ex-comunista, e non il “comunismo” ad essere da sempre ex-socialista? L’ennesimo “pragmatico” proiettato al governo dell’Italia, a quando un “utopista” portatore sano di “parole piene di contenuto che richiedono responsabilità”?? Sono ormai settecento anni (circa), che l’Italia nella quale oggi abitiamo si fregia fra gli altri anche dell’identificativo di “bel paese là dove ‘l sì suona”. (Dante Alighieri, Divina Commedia Inf. XXXIII, 80). Eppure, la lingua, colta con tanto anticipo dall’Alighieri come caratteristica che prima di ogni altra ci unisce a formar un unico popolo, è ancora oggi offesa, maltrattata, e non di rado anzi, sempre più, brandita come una clava per ferire proprio le ragioni che fanno di noi italiani, appunto un popolo. Sabato 24 novembre, è stato da ultimo Gustavo Zagrebelsky, nel chiudere la manifestazione indetta da L&G sotto il motto “Per una stagione costituzionale”, a reclamare che servono “parole piene di contenuto che richiedono responsabilità”. Personalmente ne sono sempre più convinto, perché, per dirla per l’ennesima volta con Riccardo Lombardi, «le parole fanno figli, contrariamente a quello che dicono i nostri compagni toscani, “che le parole non fanno figli”»; e ancora, ripetendo una citazione di Galileo, «I nomi e gli attributi si devono accomodare all’essenza delle cose, e non l’essenza ai nomi; perché prima furono le cose e poi i nomi»; ma noi (noi italiani più di altri) siamo ancora qui, come ammoniva Giuliano Toraldo di Francia in un suo saggio che risale al 1986, dinnanzi al “grumo” irrisolto costituito dal «problema delle cose e dei loro nomi aperto oggi come non è mai stato in passato». Di quanto siamo lontani da un “minimo” uso corretto della lingua, all’indomani della conferma della leadership di Pierluigi Bersani “il pragmatico”, celebrata dai giornali amici e da quelli più infidi, ne ricavo mesto ed insistito cenno negli editoriali de “la Repubblica” e del Corriere della Sera. Nel primo, il giovane vicedirettore Massimo Giannini scrive di “un partito nuovo, già cambiato” ma dove c’è “ancora molta strada da compiere, alla ricerca di una chiara identità politica”, e questo rispetto ai partiti del passato, che almeno una identità politica l’avevano, è un nuovo che risulta peggio del vecchio, perché se nemmeno un “partito” per definizione una parte del tutto, riesce ad avere una chiara identità, vuol dire che la chiarezza invocata, semplicemente non si vuole, ed infatti leggendo ancora Giannini, secondo il quale il Pd sarebbe “nato per fondere le culture del cattolicesimo ex democristiano e del socialismo ex comunista”, e sarebbe tuttora in difficoltà ad “unire progressisti e moderati” vien da chiedersi: qual è la cultura politica cattolica ex democristiana di riferimento per il PD, quando nemmeno nella DC era “una”? e da quando è il “socialismo” ad essere ex-comunista, e non il “comunismo” ad essere da sempre ex-socialista? e quali sono le “cose” cui si riferiscono le parole “progressista” e “moderato”, in un mondo in cui non di rado i “moderati” si vantano di progredire nel solco della modernità ed accusano i “progressisti” di essere ancorati ad un passato che non macina più? Ed a codesto gran “ballo imbrogliato della sorte” (espressione presa a prestito da quella gran donna che è stata Elsa Morante) si aggiunge di par suo “Pigi” Battista che dalla prima pagina del paludato Corriere sentenzia: “Ora però Bersani deve dimostrare di saper fare da solo”, a fronte di un Bersani che si è sgolato a ripetere che lui “non è l’uomo solo al comando” e, sempre stando al Battista “deve riconquistare quel 40 per cento di elettorato di centrosinistra”, come se il milione di cittadini che alle primarie si sono espressi per Renzi, siano tout court proiettabili sui milioni di cittadini (al plurale) che si dovranno assommare nelle urne per dare corpo al reale 40% di elettori che vorranno eleggere alle prossime elezioni una maggioranza destinata a sostenere Bersani Presidente del Consiglio. E poi di seguito il Battista cita “l’asse della coalizione eccessivamente a sinistra”; parla di “un cedimento al «liberismo», come ossessivamente viene ripetuto anche all’interno del Pd”; dice di “un’idea «alternativa» di centrosinistra” portata da Renzi; indica l’esistenza di “una fetta dell’elettorato italiano che sta fuori dai recinti tradizionali di quello schieramento”; straparla delle “ragioni culturali e biografiche molto complesse” del Bersani che sarebbe in ragione di quelle, meno capace di parlare al mitico “mondo dei moderati”, per cui …. “sarà costretto a rivolgersi ai «centristi» presidiando il territorio della sinistra”, per concludere che il vero problema di Bersani sarà quello di recuperare quel Renzi che si è caratterizzato….. “come messaggero di una rottura radicale con la cultura e la tradizione maggioritaria della sinistra”. Siamo, a mio parere, all’esercizio preferito da sempre dalla classe dirigente di questo paese, il …… VITUPERIO DE LE GENTI Perché se è vero che è difficile trovare risposte convincenti ai problemi, queste diventano davvero introvabili se i “problemi” non vengono nemmeno “dettati”, come si faceva una volta nelle scuole primarie, o peggio, se vengono dettati allo scopo di ingannare chi per dettato costituzionale, è chiamato almeno ad intenderne le domande incorporate …. il popolo sovrano. Ed allora almeno una domanda che cerco di rendere chiaramente, la formulo, senza per altro avere in serbo nessuna esaustiva risposta, ma solo un sospetto di risposta. Perché mentre in tutti i paesi d’Europa, da almeno un secolo, è accaduto che si siano alternate al governo degli stessi maggioranze chiare, una volta di sinistra una volta di destra, una volta di centro …. in Italia questo non è mai successo? Non sarà perché i “pragmatici” di tutti gli schieramenti, non hanno mai nemmeno alla lontana, cercato, anche solo cercato, di ribaltare la sempiterna sudditanza del giovane “Stato italiano” al preesistente “Stato Vaticano”? Vittorio Melandri

Nessun commento: