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venerdì 31 agosto 2012
«Sinistra vuol dire uguaglianza»,intervista a Francois Hollande, dal libro "Le ragioni della sinistra" - l'Unità del 31.08.2012.
«Sinistra vuol dire uguaglianza»,intervista a Francois Hollande, dal libro "Le ragioni della sinistra" - l'Unità del 31.08.2012.
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«Sinistra vuol dire uguaglianza»
intervista a Francois Hollande, dal libro "Le ragioni della sinistra" (Castelvecchi editore)
Possiamo parlare della sua appartenenza alla sinistra, della sua visione della sinistra e del socialismo che descrive?
«Il socialismo è una bella idea. Il partito che lo rappresenta da più di un secolo si è battuto per l’uguaglianza, ilprogresso, l’emancipazione e ha partecipato alle più grandi conquiste della Repubblica: quelle dei diritti sociali e delle libertà. Oggi continua a farlo. Finché la dignità umana sarà minacciata, rimarrà quella volontà di denunciare l’ordine apparentemente immutabile delle cose e il disordine insopportabile delle ingiustizie, ci saranno sempre delle donne e degli uomini che si ribelleranno...».
Il socialismo però oggi sembra in crisi, almeno in Europa...
«Il socialismo è in affanno e questo è legato anche all’impasse dell’ideale europeista. La socialdemocrazia deve ridefinire il suo modello. Bisogna però essere coscienti che la lotta resta fondamentalmente la stessa. Possiamo riassumere così: fare il possibile va bene, ma estendere il possibile è meglio. È evidente che il socialismo del Ventunesimo secolo non ha più la magniloquenza luminosa di JeanJaurès, l’ombrosa intransigenza di Jules Guesde o le intuizioni generose di Leon Blum! Sarebbe grave se il socialismo confondesse il proprio aspetto, dovuto all’età, con il contenuto della propria lotta e se, alla fine fosse così legato al presente da dimenticare il suo tempo storico. Il socialismo non deve cancellare la propria personalità, ma rimetterla al suo posto: quello di un anello in un percorso evolutivo e di un punto in un insieme. In questo senso, appartiene alla nostra epoca più di quanto una storia già lunga potrebbe far credere».
Che cosa ha da dirci oggi la storia del socialismo?
«Siamo rivolti al futuro,ma sappiamo da dove veniamo. In effetti, facciamo parte di una storia che è cominciata ben prima delle nostre stesse vite. Limitiamoci al Ventesimo secolo. Ci siamo avvicinati al potere per diversi decenni. L’abbiamo occupato furtivamente per qualche mese, per qualche anno, esercitandolo pienamente senza mai restarci per più di una legislatura. Ogni volta abbiamo realizzato delle riforme, cambiato profondamente la ripartizione del potere, costruito dei diritti ormai acquisiti rispetto ai quali la destra per fortuna fatica a tornare indietro, anche se ci mette tutta la sua volontà revanscista. Ma ogni volta abbiamo lasciato il posto perché così è la democrazia equella che deve essere oggi la sfida per i socialisti non è semplicemente di vincere in modo trionfale, ma di governare in modo durevole. In questa lunga storia, ogni generazione è stata portata ad affrontare dei problemi ricorrenti che fanno senza dubbio la singolarità del socialismo francese: l’aspirazione all’unità e la tentazione della diversità; il desiderio del potere e la delizia della protesta. Queste coppie (unità/diversità, potere/protesta),come si direbbe nel linguaggio della fisica parlando dei rapporti tra forze diverse, sono ancora attive oggigiorno. Sta alla nostra capacità collettiva di superare questa tensione, cioé di andare al di là, e da questo dipenderà il futuro del Partitosocialista e l’alternanza in Francia, così come le sue strutture».
Soffermiamoci un po’ su questa nozione di «diversità». Fin dalle origini del Partito socialista, la diversità è inseparabile da quello che è la famiglia socialista, con le sue diverse anime.
«Non si può negare che la «diversità» è inseparabile dai socialisti. Ciò può essere un punto di forza, un segnale di vitalità, mentre tanti altri partiti costituiscono dei blocchi in cui non si discute. Ma bisogna constatare che questa pluralità di sensibilità e di personalità, quando è stata gestita male, anche in periodi recenti, ha sempre prodotto la sconfitta e a volte peggio: ha portato a delle separazioni senza futuro per coloro che si sono allontanati. L’esperienza lo prova: non c’è futuro fuori dal Partito socialista. Saremo fedeli al nostro elettorato solo restando noi stessi. Non è seguendo questo o quel movimento d’opinione, questo o quel credo, questo o quel pronostico,che possiamo raggiungere i nostri obiettivi, ma essenzialmente essendo socialisti, in funzione degli impegni che abbiamo preso e degli orientamenti che ci siamodati. È il modo migliore per unire il maggior numero di elettori fin dal primo turno elettorale. Bisogna dunque farla finita con una mitologia che vede la conquista del potere come una cosa pura, ma non così il suo esercizio. Il compromesso con la realtà non comporta la compromissione dell’ideale».
Ora possiamo procedere con un’altra parola: identità. Se dovesse definire l’identità del Partito socialista, cosa menzionerebbe?
«Il Partito socialista è un partito di go-verno, non solo un partito dell’alternanza. La sinistra non esiste per gestire al meglio gli affari,ma per cambiare nel modo più profondo possibile il cosiddetto ordine delle cose. Il Partito socialista riconosce l’economia di mercato ma in economia è antiliberista, perché fa prevalere i valori della solidarietà, dell’uguaglianza e della reciprocità rispetto ai criteri di redditività, di immediatezza o di recessione. Ilmovimento socialista ha la vocazione di rappresentare una larghissima parte della società: non deve scegliere tra ceti popolari e ceti medi. Porta in sé delle idee federative: educazione, casa, lavoro, ambiente, sanità, che garantiscono appunto la convivenza. Ed esprime delle aspirazioni individuali che vanno al di là degli ordinamenti sociali: libertà, diritto delle donne, lotta contro le discriminazioni, laicità, cultura, ecologia. Allo stesso tempo la sua lotta ha cambiato dimensione, perché è su scala mondiale che bisogna cercare di raggiungere il rispetto dei diritti, la redistribuzione delle ricchezze, lo sviluppo sostenibile».
Questa visione della sinistra è anche una proposta valida della Repubblica di oggi?
«Non bisogna confondere la Repubblica con la sinistra, che le ha comunque portato in dote una visione coraggiosa delle libertà e un forte ancoraggio rispetto alla questione sociale. Ilsocialismo democratico s’intreccia con il realizzarsi dei valori repubblicani. Ciò significa essere capaci di far avanzare l’umanità in una stessa direzione e di garantire a ciascuno l’uguale diritto di realizzarsi nella propria vita e di trasmettere ai propri figli la prospettiva di una vita migliore. A volte dimentichiamo che essere socialista significa credere nella fondamentale uguaglianza tra tutti gli esseri umani, qualunque sia la loro origine, il loro colore, il loro sesso o il loro stato sociale,significa voler trasformare la società appoggiandosi sullo Stato o, in un senso più largo, sui pubblici poteri, perché vi includo le collettività territoriali e le grandi istituzioni sociali. Per uguaglianza non intendiamo solo l’uguaglianza dei diritti, ma soprattutto l’uguaglianza reale,che concerne la possibilità di aver successo nella società. Significa molto di più dell’uguaglianza delle possibilità, significa avere la possibilità dell’uguaglianza. Torniamo ancora a Jean Jaurès, il quale ha scritto: “Man mano che l’uguaglianza politica diventa un fatto compiuto, è la diseguaglianza sociale a urtare maggiormente gli animi”. I socialisti hanno lavorato per raggiungere quest’obiettivo, perché, come ricordava Léon Blum,“il socialismo è nato dalla coscienza dell’uguaglianza umana”» (...)
I valori di sinistra, ad oggi, sono quindi dei valori di unione?
«Certo, senza esitazioni. Per l’universalità che li caratterizza, per il fatto che sono nati dalla storia della Francia, possono contribuire a una maggiore democratizzazione della Repubblica e contribuire alla convivenza».
Fonte: L'Unità del 31 agosto 2012, pag. 9
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