Ancora oggi il Manifesto di Bad Godesberg del 1959 della SPD (che nel frattempo ha ricevuto diverse integrazioni e correzioni) è considerato la Magna Charta della socialdemocrazia del 900. Di esso sono stare date due letture , una di destra ed una di sinistra. La prima (quella di Helmut Schmidt) tende riduttivamente a presentarlo come una riforma sociale del capitalismo, considerato implicitamente come orizzonte ultimo della storia. La seconda (che è quella Wehner – che ha scritto materialmente quel manifesto – di Brandt), di sinistra, lo concepisce come il delineare una “ terza via” tra capitalismo e comunismo. La seconda mi pare più giusta ed aderente allo spirito di quel manifesto. Infatti quando si concepisce il socialismo quale compito permanente a favore di eguaglianza , solidarietà e democrazia, si rifiuta qualsiasi orizzonte ultimo. Brandt diceva che il socialismo è un processo che apre sempre continuamente nuovi orizzonti. E comunque si da una definizione normativa etico-politica del concetto di socialismo. Che non è il frutto di una necessità storica immanente, come nell’ortodossia hegel-marxista, ma l’incontro tra il turbinio drammatico della storia e la volontà degli uomini di creare un ordine sociale giusto ed emancipatorio, individuando nella giustizia sociale e nella emancipazione del lavoro i punti nodali di esso.
Bad Godesberg prospetta una visione laica del socialismo. “La politica non è un surrogato delle religioni positive” dice. Ed esso rispetta tutte le credenze e le filosofie, non volendo imporre nessuna concezione del mondo. Una esplicita e radicale critica al comunismo reale che era di fatto diventato una religione positiva laica, con l’ideologia di stato e la soppressione della libertà di spirito. “Il socialismo affonda le sue radici nell’umanesimo, nella filosofia classica (per i tedeschi Kant) e nell’etica cristiana”.
Il socialismo democratico è progetto di trasformazione sociale nel pieno dispiegamento della democrazia e della libertà. Per tale ragione esso è interessato “alla creazione di un nuovo e più avanzato ordine sociale”. Strumento di questa trasformazione è un profondo riassetto dei rapporti di potere economici e sociali, che democratizzino l’economia e socializzino il più possibile il potere. Questo comporta una politica economica programmata che governi e regoli socialmente il mercato. Bad Godesberg non confonde economia di mercato e capitalismo. Quest’ultimo – come dice Polanyi – rappresenta piuttosto la centralità ed il predominio del mercato sulla società. Il socialismo democratico intende regolare socialmente il mercato, concependolo come uno strumento tra gli altri e non come un valore (secondo la mistica liberale), per mettere l’economia al servizio di uno sviluppo sociale ed economico equilibrato (anche ecologicamente, aggiungiamo oggi). L’economia al servizio della società e non viceversa.
Il quadro in cui si realizza questo equilibrio è quello di una economia mista e pluralista in cui vi sia un settore pubblico consistente, un settore di libera economia comunitaria, ed un settore privato però soggetto a democrazia economica con la codeterminazione (oggi questo ragionamento si collega al discorso della responsabilità sociale dell’impresa). Un settore di proprietà collettiva nel campo dei beni comuni e dei punti strategici dell’economia. Ma molto, radicalmente diverso da quello delle esperienze comuniste. Una proprietà collettiva che sia veramente tale e non comandato dalla nomenclatura. Tramite una cooperazione democratica tra istituzioni pubbliche, rappresentanza dei lavoratori e degli utenti. La programmazione democratica assume il governo dell’economia complessa.
Questo progetto è frutto di una conquista dal basso, della lotta sociale e politica. La democrazia ed il socialismo si conquistano ogni giorno. Un adeguato quadro istituzionale deve garantire ciò.
In sintesi questo è il quadro. Negli ultimi venti anni il capitalismo liberista ha reagito contro tale progetto, mettendo in discussione l’economia mista, la democrazia economia ed il welfare. Il risultato è stato un drammatico aumento delle diseguaglianze, la svalorizzazione del lavoro, il drammatico squilibrio tra economia finanziaria ed economia reale. Che ha provocato una delle più devastanti crisi capitalistiche con la minaccia concreta di una caduta nella barbarie.
Ad esso non potranno certo dare risposta i nipotini del più grande fallimento storico del 900 (il comunismo reale), né gli eredi del post sessantotto che ha sempre dato giudizi sbagliati e fuorvianti sulla socialdemocrazia.Potrà dare risposta solo chi avrà pienamente fatto propri i principi ispiratori del socialismo democratico come espresso nel nucleo vitale di Godesberg ed in altre esperienze che vanno nella stessa direzione. Un socialismo democratico liberato da scorie blairiane e martelliane e si presenti come forza di sinistra di governo e di trasformazione sociale socialista e democratica nella razionalità e fuori dai melodrammi dell’antagonismo affabulatorio.
Il socialismo democratico è anche progetto culturale espressione di un pensiero forte di radicale reazione al postmoderno che è il vero velo ideologico del turbo-capitalismo (anche se ha contaminato la sinistra cosiddetta radicale). Il liberalismo postmoderno (che ha inquinato anche la socialdemocrazia) ci ha voluto far credere che erano più importanti i matrimoni gay della difesa del welfare e delle ragioni del lavoro. I socialisti sono contro tutte le discriminazioni ed ovviamente quelle di natura sessuale, ma parlare di liberazioni sessuale mentre l’eros è barbaramente mercificato dal turbocapitalismo significa prenderci in giro. Solo liberando la società dall’oppressione mercatistica la liberazione dell’eros trova la sua giusta dimensione. Rileggersi Erich Fromm è essenziale su questo punto.
E la liberazione dall’oppressione mercatistica può avvenire solo modificando i rapporti di potere in economia nel senso della giustizia e dell’equilibrio sociale.
In Italia i guai della sinistra sono culturali. La fine del PSI (certo anche per responsabilità di chi l’ha diretto) e l’ipocrisia e l’inconcludenza postcomunista hanno fatto tabula rasa. Non ci si è voluti confrontare con Bad Godesberg. Ed ecco i risultati. Ho già detto che sono per un asse PD-SEL, ma per puro realismo politico. Non con entusiasmo. L’alternativa sarebbe infatti un immondo coacervo di post-sessantottismo, giustizialimo pecoreccio ed insulsaggine politica. Come socialsti de-martellizzati dovremo comunque lavorare in questo campo PD-SEL per liberarlo dal togliattismo di ritorno e dal nuovismo e farlo approdare ad una ideale Bad Godesberg letta da sinistra.
Peppe Giudice
Nessun commento:
Posta un commento