c’è sempre un’altra via
La prospettiva del "riordino" delle Province, come la definisce in ultima battuta la legge sulla revisione di spesa o “spending review”, avrebbe potuto essere un elemento interessante, proprio per dare un "ordine nuovo" a realtà, soprattutto di relazioni territoriali e di vocazioni socio-economiche, sicuramente trasformate e in via di trasformazione nei fatti. Ma temo che questo non avverrà. Il Governo, come dice il Presidente del Consiglio, aveva un mandato: il pareggio di bilancio entro il 2013. De hoc satis. Poi possiamo pensare che Monti abbia un disegno, una strategia, un desiderio, ma i fatti, che lui enuncia, vivaddio, senza troppi giri di parole, sono questi. Le Province verranno dimezzate, il livello elettivo diretto scomparirà, la questione del passaggio delle competenze ai Comuni è risibile (delle materie oggetto di legislazione esclusiva statale che interessavano le Province, le uniche due che le interessavano - ambiente e istruzione - sono state ri-affidate alle Province stesse. O così sembrerebbe, perché questo Governo scrive proprio male le leggi che fa). Quindi, la questione va alle Regioni ed ai CAL. Non parlo neppure di Parlamento e partiti: chi li ha visti? Qui in Toscana, l'idea del presidente Rossi di costruire macroProvince torna in ballo, dopo che UPI Toscana l'aveva sdegnosamente respinta. Bene, siamo campioni nel perdere tempo. Come accade anche ora, con Pieroni, Nencini eccetera che (Corriere Fiorentino dell'8 agosto) continuano a dire che "la legge deve essere cambiata". In realtà, io credo, rischiamo di parlare di nulla. I bilanci delle Province e anche dei Comuni, per essere gestiti perlomeno da qui in avanti, avrebbero bisogno di competenze, scelte radicalmente innovative, passione e intelligenza che è difficile ravvedere. A questo proposito, una delle affermazioni che più mi dispiacciono è quella per cui (io lavoro nella Provincia di Livorno) “non possiamo fare più nulla”. Bene: non voglio fare la mammoletta, so che la potestà di spesa è importante assai, ma non è vero che, non potendo spendere, non possiamo fare più nulla. Potremmo creare momenti diffusi di cultura, facendo leva su chi cultura la fa da anni, in modo gratuito, perché la intende come dono e servizio. Potremmo alzare il livello di informazione e consapevolezza. Potremmo usare le forme nuove di comunicazione per diffondere e spiegare le difficoltà e tentare di fare, appunto, ordine nuovo. Le nostre partigiane (vero Osman?) usavano i nastrini della biancheria del corredo per fermare i volantini antifascisti ai rami dei cespugli; noi potremmo usare parole, suoni, immagini, il mondo del web, insomma. Sogno? Forse sì. Ho letto, in un recente articolo di Massimo Gaggi, “trovare la misura di questo new normal, per usare l’espressione coniata dal finanziere Mohamed El-Erian, si sta rivelando assai arduo”. Perché non si deve cercare un “new normal”, secondo me, ma scompaginare, dissestare, essere irriverenti e ironici, mettere in discussione, dire la verità. Ma andremmo lontano … Torno al tema: ad un momento storico in cui le idee di decentramento e di autonomia locale sono messe in burletta. Nelle versioni hard (Alfano) o soft (Amato- Bassanini), si presenta comunque l'idea di una svendita del patrimonio pubblico tale che, alla fine, niente davvero sarà più come prima. Poche e pochi denunciano la sottrazione di democrazia comportata dall'eliminazione di un livello di elezione diretta (i consigli provinciali non verranno più eletti dai cittadini, ma dai consigli comunali). Possiamo immaginarli, i futuri Consigli provinciali silloge, sunto o succursale di quelli comunali. A meno che la Consulta a novembre non intervenga. Io non sono legata in particolar modo alla democrazia rappresentativa, ma queste sono, per ora, le regole del nostro Stato e della nostra Costituzione. Finché decido di avvalermi dei vantaggi e della protezione del sistema democratico, sto qui, e mi fanno davvero senso coloro che, magari espulsi dalla “casta” a suo tempo ed essendone orfani, adesso fanno gli anticasta e attaccano e sviliscono in modo cialtrone e velleitario i “fondamentali” della democrazia. A meno che non si affronti il tema della Costituzione materiale che si sta costituendo (scusate il bisticcio), dove davvero concetti come autonomia, servizi pubblici, beni comuni, governo del territorio, democrazia partecipata non sono più "a rischio", perché già non sono più. Ancora citazione: “[…] come ipotizzano gli analisti del fondo Fulcrum, non abbiamo ancora avuto il coraggio di usare la parola –disastro-“. Tra le tante cose sciagurate che questo Parlamento sciagurato ha votato ci sono la riforma dell'art. 81 e l'ESM (il meccanismo europeo di stabilità, il fondo salva-stati .. peccato che, per accedervi, uno Stato si metta sotto pesante tutela di entità e soggetti che nessuno ha eletto, ha scelto, ha voluto ..). Sappiamo bene che cosa comporteranno queste "scelte". Lo sappiamo? Però non vorrei sentir dire: ma non potevamo fare altro. C'è sempre un'altra via. Lo dice, da par suo, Simone Weil: “Ogni civiltà, come ogni uomo, ha a sua disposizione la totalità delle nozioni morali, e sceglie”.
Paola Meneganti
12 agosto 2012
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