venerdì 28 ottobre 2011

Luca Telese » Diliberto: “Dateci i seggi e voteremo sempre la fiducia”

Luca Telese » Diliberto: “Dateci i seggi e voteremo sempre la fiducia”

8 commenti:

franco ha detto...

COMUNISTI, SOCIALISTI ET ULTRA
Il congresso del Partito dei Comunisti Italiani, in corso di svolgimento a Rimini, ha avanzato una proposta allo scopo di superare la ormai cronica afonia della sinistra italiana.
Una proposta che, mutuando lo schema di Duverger sui partiti di massa, il segretario del PdCI in un’intervista al “Manifesto”, ha riassunto attraverso la presentazione di una struttura a “cerchi concentrici”: nel primo cerchio un nuovo partito comunista frutto della convergenza tra PdCI e PRC, nel secondo cerchio un rapporto unitario a sinistra con SeL, nel terzo cerchio l’alleanza con il PD nel quadro di un nuovo centrosinistra cui si richiederebbe di tener fuori l’UDC.

franco ha detto...

Uno schema che, sicuramente, può essere facilmente indicato come “politicista” (tanto per cominciare a usare un po’ di vecchia nomenclatura) e che, comunque, a mio giudizio appare, nel suo primo e nel suo secondo cerchio del tutto limitato e al di sotto della domanda che proviene dallo stato di cose in atto.
L’obiettivo da perseguire, invece, dovrebbe essere quello di tentare da subito la strada della costruzione di una nuova soggettività politica della sinistra italiana, capace di far star dentro alla propria dimensione organizzativa i comunisti, i socialisti et ultra, ovverosia chi si sente rappresentato anche da altre tradizioni storiche della sinistra italiana (penso agli azionisti, alla cui cultura comunque molto si deve della Costituzione Repubblicana) e quanti si muovono, sul piano dei movimenti sociali, all’interno del quadro tracciato dalle cosiddette “contraddizioni – post materialiste” (non soltanto quella ambientale, comunque).

franco ha detto...

Ci sono quattro motivi di fondo che corroborano questa proposta di nuova soggettività:
1) La violenza dell’attacco liberista mascherato all’interno della crisi. Un attacco che mira, non soltanto a ricostruire condizioni di rapporto di forza sul piano della dimensione di “classe”, ma anche di stabilire nuovi parametri politici al riguardo della possibilità da parte di tutti i cittadini di porsi sul piano dell’eguaglianza in politica, minando alle basi la stessa democrazia rappresentativa. Scriveva giustamente Paul Krugman, qualche giorno fa sulle colonne di “Repubblica”: non siamo agli anni’70, ma agli anni’30, allorquando cioè superata la crisi del ’29 comunisti e socialisti stipularono il patto d’unità d’azione e, in Europa, lanciarono la linea dei “fronti popolari”;
2) La diaspora dei comunisti e dei socialisti in Italia è molto più ampia, dal punto di vista numerico e culturale, di quanto sono riusciti a raccogliere i partiti usciti dalla vicenda degli anni’90: inoltre le giovani generazioni, protagoniste in questa fase della stagione dei movimenti, stentano a trovare gli indispensabili riferimenti politici. Centinaia di migliaia di compagne e compagni sono al di fuori da qualsivoglia riferimento organizzativo, ed un nuovo Partito Comunista non potrà realizzare, su questo piano, una convincente opera di aggregazione. Tanto più che moltissimi non potranno sentirsi rappresentanti dal movimentismo-personalismo di SeL e, meno che mai, dall’avanzante neo-craxismo del PSI;
3) Soltanto una nuova soggettività politica potrà muoversi liberamente sul terreno della ricerca di nuovi valori ideali e di nuovi obiettivi politici: pensiamo alla pace e alla costruzione dell’Europa politica;
4) E’ necessario, ancora, presentare un’idea di partito che, sul piano del modello organizzativo, rifiuta quello corrente del “partito personale”, muovendosi invece su di una nuova qualità dell’agire politico che, sulla base del “partito ad integrazione di massa”, pone tre questioni: la maturata convinzione della necessità, all’interno del partito, tra un intreccio tra democrazia rappresentativa e democrazia consiliare; l’utilizzo delle nuove tecnologie al fine di favorire il massimo coinvolgimento di tutti; il rovesciamento nel criterio di formazione delle proposte politiche, attraverso la priorità della policy rispetto alla politics (un meccanismo garantito, quest’ultimo, dalla presenza di una forte “tavola dei valori” condivisa, ben al di fuori da qualsivoglia chiusura di tipo ideologico).
Nella storia del movimento operaio italiano ci furono tentativi importanti di riunificazione a sinistra (pensiamo alla proposta di Longo nel 45, e a quella di Amendola, di stampo prettamente, laburista nel’64) tutte infrantesi sul terreno del confronto ideologico e dei condizionamenti internazionali.
I tempi, sotto questo aspetto, sono radicalmente mutati, così che nessuno può permettersi di pensare ad una proposta di questo genere come ad una sorta di ricucitura di Livorno’21.
Si tratta di paragoni storici del tutto fuori luogo, in questo momento.
La storia, invece, chiama tutti ad un diverso, fondamentale, appuntamento al quale si potrebbe arrivare tentando da subito un’iniziativa di confronto programmatico: per questo motivo mi permetto di rivolgermi direttamente, pur non disponendo di alcun titolo in merito, sia ai promotori del Partito Comunista, sia ai militanti del Network per il socialismo europeo che a metà novembre terranno il loro convegno nazionale, chiedendo loro di tenere in minima considerazione le poche cose scritte in questo testo.
Savona, li 28 ottobre 2011 Franco Astengo

claudio ha detto...

si potrebbe fare della facile ironia rilevando che dopo tanti anni , in Italia socialisti e comunisti sono entrambi ridotti all'irrisoria % dell' 1%.
Ma forse sarebbe meglio fare un esercizio di fantastoria pensando a come sarebbe diversa l'Italia se fosse stata accolta la proposta di Amendola nel 1964, e un esercizio di storia vera andando a ricercare per maledirne la memoria quelli che nel PCI spararono su Amendola per isolarne la proposta. Temo che tra questi ci fosse anche Napolitano. Mentre ricordo che da parte nostra, Lombardi e DeMartino la accolsero favorevolmente Nenni che pensava alla riunificazione con Saragat mi sembra di no. Sarebbe interessante sapere cosa ne pensava Saragat

luciano ha detto...

I "partiti del lavoro" che venivano realizzati prima del 1989 attraverso la
fusione di socialisti e comunisti non erano propriamente dei partiti
laburisti ...
Ovviamente tutte le ipotesi sui corsi alternativi che la storia avrebbe
potuto prendere sono possibili, ma a me pare irrealistico che durante la
guerra fredda si potesse eludere la scelta di campo. E dunque delle due
l'una: se il partito proposto da Amendola si fosse collocato su posizioni
filosovietiche ci sarebbe stato di fatto l'assorbimento del Psi nel Pci, nel
caso opposto si sarebbe avuta l'abiura dei comunisti. Due cose che nel 1964
non erano all'ordine del giorno.
La fusione sarebbe stata invece possibile, ed a mio avviso auspicabile,
prima, tra il 1948 ed il 1956: essendo pressoché indistinguibili le
posizioni dei socialcomunisti, avrebbero potuto fondersi, così sarebbe nata
per reazione una robusta socialdemocrazia. Invece i due partiti socialisti
divisi sono finiti fatalmente entrambi nel gorgo delle subalternità. Fino a
Craxi, che ha avuto altri difetti, ma non questo.

Luciano Belli Paci

franco ha detto...

L'ironia sarebbe davvero troppo facile: sì Napolitano non fu favorevole ad Amendola anche se faceva parte della sua area di "sensibilità" (come definiva Togliatti le correnti nel PCI). In quel momento puntava alla segreteria, quale terzo incomodo tra lo stesso Amendola ed Ingrao, poi spuntò Berlinguer che, in realtà, era già stato predestinato. Un caro saluto e grazie Franco Astengo

claudio ha detto...

nel 1964 si sarebbe potuto cominciare a parlare, nel 1968 dopo Praga e il
fallimento dell'unificazione socialista i tempi erano maturi per qualcosa di
diverso dalla fola dell'eurocomunismo e della deriva craxista. Si è arrivati
all'unità sindacale e all'insanabile frattura politica, non poteva durare la
prima senza la seconda.

felice ha detto...

ma CRAXI NON HA SEGUITO MITTERRAND, CIOè SPOSTARSI A SINISTRA PER ELABORARE UN
PROGRAMMA COMUNE. Come un programma laico non si può realizzare con Casini, un
programma socialdemocratico non si può fare con penta o quadripartiti con la DC
azionista di maggioranza. Il 1989 è stata un'occasione perduta per l PCI e il
PSI. Forse è rimediabile partendo da una data simbolo. L'anno prossimo è il
120° anniversario della Fondadazione del PSI ma con il nome di Partito dei
Lavoratori. Ricominciamo da lì: da un nuovo congresso di Genova