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martedì 24 marzo 2020
Roberto Biscardini: Sulla questione dei nostri anziani una lettera ai sindaci
SULLA QUESTIONE DEI NOSTRI ANZIANI UNA LETTERA AI SINDACI
Lettera aperta Sindaco di Milano
Caro sindaco,
scrivo a lei così come, dopo aver sentito tanti amici in giro per l’Italia, potrei scrivere a tanti altri sindaci italiani.
Il Coronavirus sta mettendo in ginocchio il paese e in grande difficoltà tutti i cittadini, in un momento in cui le “misure” di limitazione delle attività e delle libertà personali, imposte ai cittadini dalle istituzioni, appaiano peraltro con il passare dei giorni, sempre più incerte, tra loro spesso contradditorie e a volte anche irrazionali. In questo quadro confuso un’attenzione particolare va rivolta agli anziani che vivono nelle nostre città.
D’altra parte se è vero che il Coronavirus mette a rischio soprattutto loro, per loro bisogna fare molti di più. Non basta dire “state in case” e poi non metterli nella condizione di starci veramente e in tranquillità. Non contando che la politica ossessiva, del terrore e della paura, pesa su di loro, anche psicologicamente, in modo maggiore che non su una persona giovane. Non basta chiedere di “state a case” a guardare i Tg che ogni giorno ci ammorbano l’esistenza sul numero dei morti, sul numero dei morti delle persone anziane, sul numero dei contagiati, con le immagini macabre delle bare in file nella case mortuarie o con i camion militari che portano morti nei forni crematori.
“La vecchiaia è un tema non accademico” diceva Norberto Bobbio in un suo importante saggio. E’ un tema che richiede delle politiche attive, un’attenzione molto particolare e precisa, politiche concrete ed anche segnali simbolici, al fine di dimostrare loro la vicinanza di qualcuno, e in particolare della propria amministrazione comunale e del proprio sindaco.
Leggiamo in queste ore che qualcosa si muove. Il comune ha dato vita ad un coordinamento tra coloro che offrono la loro solidarietà, si chiama “Milano aiuta”. C’è il numero del centralino del Comune con un servizio dedicato per tutti coloro che hanno bisogno di informazioni (anche se 5 o 10 minuti di attesa per un anziano che ha un bisogno urgente sono un eternità). I medici di base si sono attivati per la mappatura a distanza dei contagi e ci sono giovani che fanno consegne a domicilio (nonostante alcune grandi catene hanno persino interrotto quel servizio). Tutte cose bellissime, ma che per un anziano solo, magari senza assistenza o con un assistenza rallentata rispetto a prima, rallentata da familiari e badanti, non sono comunque cose semplici.
Quindi, al di là di rilevare come i tempi di reazione del sistema di assistenza locale non siano stati certamente dei migliori, adesso si potrebbe fare di più. Perché il comune non si fa sentire direttamente? Perché non fa sentire la sua vicinanza, magari con una semplice lettera, personalizzata, nella quale siano date le coordinate dei servizi a disposizione, dei numeri verdi, di chi chiamare e a chi rivolgersi per ogni necessità?
Il Comune sa tutto, ha gli strumenti per sapere chi vive solo e chi no, sa dove vivono i singoli anziani soli, e a loro dovrebbe , anche se in ritardo, arrivare il segnale della propria esistenza. Come si vede non è un problema sanitario, che pur esiste, quello che manca, sul quale il Comune dovrebbe intervenire, sta nella sfera delle attenzioni sociali, verso una popolazione che a parole consideriamo utile e ancora indispensabile ed ora non solo è lasciata alla maggiore esposizione del virus, ma è anche lasciata sola. Tendenzialmente segregata e abbandonata.
Un’azione del genere chi la fa, in modo organico, se non la mettono in campo i Comuni?
Si tratta di mettere a disposizione degli anziani difese attive di sostegno. Aiutandoli con ogni mezzo. Impedendo loro di uscire ed esporsi al rischio di contagio e facendo in modo che sia proprio il Comune ad essere il punto di riferimento organico dell’organizzazione degli approvvigionamenti di alimentari, di medicinali e di quanto altro sia necessario. Assistenza, solidarietà e vicinanza che un anziano, soprattutto se solo, ha bisogno di avere proprio dal suo Comune e del suo Sindaco.
La ringrazio per l’attenzione
Roberto Biscardini
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2 commenti:
Caro Roberto, condivido i contenuti della tua lettera al Sindaco, tranne il primo capoverso. Io penso che in questa occasione il comportamento del Governo sia stato adeguato alle necessità. E' facile dire ex post che le misure severe dovevano essere prese sin dall'inizio: non sarebbero state comprese, come dimostrano le critiche ricevute dai primi provvedimenti, tacciati da più parti come demagogicamente eccessivi. L'aver scaglionato nel tempo, sia pure nel tempo breve di una decina di giorni, le misure restrittive ha consentito agli italiani di rendersi conto della loro necessità e di applicarle nella pratica di vita, cosa che è avvenuta salvo che per frange di irresponsabili. Purtroppo qualche inefficienza c'è stata, come quando si è consentito l'esodo verso il sud di molti cittadini: forse si sarebbe dovuto presidiare gli ingressi delle autostrade. le stazioni ferroviarie e dei pullman prima di emettere il decreto. E, pur nel breve lasso di tempo impiegato, l'aver saputo coinvolgere le opposizioni, le regioni e le rappresentanze sociali, sia pur passando per momenti di tensione più che comprensibili, rappresenta un altro merito di Conte e Speranza. Quanto alla natura della comunicazione dei media, mi è parsa utile, anche con le immagini tremende che tu citi, per convincere i più a prendere sul serio le misure restrittive adottate. A tutti i livelli istituzionali si può far notare una certa insufficienza o imprecisione della comunicazione, anche se la drammaticità della situazione e l'urgenza del provvedere, nonchè la mancanza di esperienze pregresse, può costituire una scusante. Ma buona parte degli inconvenienti verificatisi va ascritta agli irresponsabili che negli staff coinvolti nell'elaborazione delle misure di contenimento, nei media e sui social hanno diffuso indiscrezioni prima della diffusione ufficiale dei decreti.
Certo la manifestazione della vicinanza delle istituzioni alle persone più in difficoltà, come una lettera del sindaco agli anziani, sarebbe stata opportuna, anche per colmare una carenza di informazione, visto che a Milano non mancano i servizi di sostegno, ma credo che pochi ne conoscano la complessità e le modalità per accedervi. In proposito ti racconto un episodio che mi ha riguardato. Io sono sempre assistito dalle mie figlie e, visto che sto bene, salvo qualche malattia cronica dovuta all'età di ottanta tre anni passati, me ne sto rigorosamente tappato in casa. Purtroppo una delle mie figlie è finita in quarantena e l'altra deve già badare a se stessa e a due figlie in tenere età. Così, in un'occasione, ho deciso di valermi delle provvidenze a favore delle persone anziane per procurarmi dei farmaci. Ho chiamato la Croce Rossa: mi hanno fatto attendere trentacinque minuti (all'inizio della telefonata ero il trentaseiesimo in coda) e, quando si approssimava il mio turno (ero diventato sesto) mi hanno fatto cadere la linea. Ho allora tentato per più di un'ora di chiamare la farmacia vicina a casa (come suggeritomi dal numero verde) del gruppo convenzionato Lloyds, ma ho sempre trovato occupato. Ho allora deciso di chiamare lo 020202 del Comune di Milano: ho ricevuto immediata risposta da una signora molto gentile, che mi ha chiesto notizie sulla mia situazione familiare, sul mio attuale stato di salute e sulle mie patologie. Dopo meno di un'ora venivo chiamato da un'altra persona pronta ad occuparsi delle mie necessità: Ho pensato: "meno male che a Milano si può ancora far conto sul Comune". Cari saluti. Giovanni Baccalini
Caro Baccalini concordo con il tuo intervento. La lettera aperta di Biscardini mi è parsa utile, se dettata da spirito positivo, ma a volte mi sembra dimenticare le dimensioni e la complessità di una città come Milano, dove comunque lo spirito di solidarietà, vedi i tanti volontari la struttura pubblica e la Caritas attivissima come sempre, non sta mancando di certo. Certo si poteva fare prima e meglio, ma di fronte ad un evento epocale dove tutti, esperti e non, si sono trovati inizialmente in difficoltà, è più facile dirlo dopo che prima. Anche la fuga, verso i luoghi delle loro famiglie, di tanti studenti e lavoratori trovatisi improvvisamente con i luoghi di lavoro e studio chiusi andrebbe visto in un contesto che li ha visti improvvisamente con costi crescenti e senza più soldi e paghe ( molti studenti fanno lavori saltuari per mantenersi al nord) e mense a prezzo moderato chiuse, lontani da casa. E incapaci di valutare razionalmente i rischi che potevano portare ai loro famigliari con quel loro gesto. Ma il problema è così complicato, perchè complesso, che è avvenuto e sta avvenendo così ovunque con assalti ai treni in ogni grande metropoli europea e americana dove, per molti, diventa difficile vivere se si ferma il lavoro.
Verrebbe senza presunzione ricordare la frase di John Kennedy: non chiederti cosa il tuo paese può fare per te, chiediti cosa puoi fare tu per il tuo paese.
Poi ogni critica, costruttiva, è utile e doverosa. Soprattutto se serve per miglioraci nel futuro.
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