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martedì 17 marzo 2020
In tempi di crisi scopriamo quanto sia importante avere fiducia nello Stato
Frankfurter Allgemeine
In tempi di crisi scopriamo quanto sia importante avere fiducia nello Stato
(Sandro Orlando) Quando scoppia un'infezione di massa come quella del Covid-19, è importante potersi fidare dello Stato. Altrimenti nessuno seguirà le indicazioni che vengono date, che si tratti di lavarsi le mani o non uscire di casa. «Ecco un alibi per mascherare la propria incapacità di far fronte all'emergenza», penserà il cittadino. «Dovrei stare in stare a casa perché il sistema sanitario è inadeguato, e lo Stato non ha saputo prepararsi in tempo per rispondere a questa pandemia»? Chi non si fida dello Stato, sarà inevitabilmente portato a pensare così.
Negli Stati Uniti, nel 2015, neanche un cittadino su quattro (il 23%) dichiarava di avere fiducia nello Stato. D'altronde sono più di 40 anni che gli americani sono bombardati da un'ideologia conservatrice che ha esaltato il primato della responsabilità individuale, a scapito di tutto ciò che è pubblico. Le teorie di Milton Friedman hanno formato intere generazioni, osservano i premi Nobel per l'economia Esther Duflo e Abhijit Banerjee in un intervento sulla Frankfurter Allgemeine, guastando così il rapporto che abbiamo con lo Stato.
Lo Stato è diventato sinonimo di inefficienze, sprechi, lungaggini, corruzione. E tuttavia è proprio il ruolo dello Stato farsi carico di quei compiti che nessuno è in grado di assolvere. La sanità, la scuola, il fisco e la giustizia sono alcuni dei settori che non si possono gestire solo con l'affidamento alle leggi di mercato, come l'esperienza ha dimostrato. Il privato, in questi casi funziona peggio del pubblico, e non porta a minori malversazioni.
Il punto è che il pensiero liberista che ha dominato il dibattito pubblico dai tempi di Ronald Reagan ha creato un circolo vizioso da cui sembra difficile uscire (ne abbiamo parlato anche nella rassegna stampa di ieri). Siccome non ci si fida dello Stato, nessuna persona qualificata vuole lavorare per lo Stato. «In oltre vent'anni di esperienza universitaria non abbiamo incontrato un solo studente che aspirasse ad una carriera nell'amministrazione pubblica», scrivono i due economisti, che nella vita privata formano una coppia. E se i migliori talenti non vogliono lavorare per lo Stato, lo Stato sarà inevitabilmente debole e inefficace.
Soprattutto in tempi di crisi vediamo quanto bisogno ci sia nelle nostre istituzioni di professionisti competenti. In assenza di figure così, siamo spinti a non dare troppo potere decisionale a chi deve gestire la cosa pubblica. E quel è peggio, ci rassegniamo all’inevitabile malfunzionamento dello Stato, e non ci scandalizziamo più davanti a nulla. Non sappiamo quanto durerà questa crisi - concludono Duflo e Banerjee - ma quando tutto sarà finito, dovremo ricordarci di quanto importante è avere uno Stato che funzioni. Oggi paghiamo il prezzo del costante disprezzo dello Stato e delle sue istituzioni. Ma perché lo Stato sia efficiente, dobbiamo essere innanzitutto noi a pretenderlo.
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