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domenica 22 maggio 2016
Franco Astengo: Diritti e classe
DIRITTI E CLASSE di Franco Astengo
(.. in una società dove il confine dei diritti sociali si confonde con quello della carità come si prevede nella proposta del Sindaco di Bari che chiede alle famiglie “ricche” di adottare quelle “povere”: una proposta che contiene un’offesa profonda alla dignità del riscatto sociale, civile, politico.)
La grancassa mediatica che, in Italia, suona ininterrottamente distorcendo quotidianamente la verità dei fatti e il significato delle parole scritte e pronunciate dalle persone, si è occupata in questi giorni soprattutto di “diritti” , esaltando in questo senso determinati comportamenti politici .
“Diritti” intesi a senso unico, quello individualistico di affermazione di una libertà del cittadino libero nella sfera della libertà dello Stato: una libertà concepita positivamente come autonomia che è sacrosanto rivendicare e per la quale è necessario lottare.
Questa visione dei “diritti” appare in questa fase storica però quasi esaustiva dell’orizzonte teorico sul quale si base lo sviluppo dell’insieme delle relazioni e dell’espressione dei valori morali e civili.
I valori morali che segnerebbero esclusivamente l’identità del “moderno” e che appaiono essere ormai quelli dell’insuperabile frontiera dell’egoismo.
L’individualismo viene così esaltato quale unica solo orizzonte possibile dell’essere morale e civile.
Non può essere così, non possiamo arrenderci su questo punto.
Colpevolmente ci si dimentica che la democrazia non può reggere sulla base di questa visione che considera l’io quale modalità esaustiva dell’agire civile.
L’io che, alla fine nelle dinamiche obbligate di un sistema politico, non può che finire con l’essere messo messo a diretto confronto con l’ego del capo che parla direttamente ai singoli componenti della massa.
Un capo che impone il proprio dominio sulla realtà del collettivo, lasciando le “libertà” individuali compresa quella della “de regolazione” dei meccanismi dell’acquisizione del profitto ad agire senza regole dentro ad una realtà di deperimento delle istituzioni all’interno della crisi dello Stato.
Oggi occorre rovesciare l’impostazione della visione individualistica dei diritti.
Rovesciarla negandola fino in fondo.
Si tratta di recuperare (dopo anni di vero e proprio arretramento nelle espressioni di pensiero) l’idea della democrazia sociale dalla quale scaturiscono i diritti della classe.
Diritti che debbono derivare dell’espressione concreta della condizione materiale: condizione materiale attraverso la cui espressione di lotta imporre una situazione di certezza sociale ed economica collettiva, attraverso un processo di liberazione per mezzo dello Stato.
Una società complessa come quella nella quale stiamo vivendo e operando culturalmente e politicamente reclama, sicuramente, un’articolazione interpretativa di questi temi con l’allargamento dell’ambito dei fondamenti dei diritti.
L’analisi dei mutamenti in atto, sul piano sociale, deve tener ben conto della variabilità di queste situazioni, nei mutamenti profondi nell’agire sociale e politico.
Non è però possibile cedere il passo nell’analisi del mutamento in atto sul piano storico, economico e sociale: si tratta di insistere nel vedere il principio di eguaglianza il motore delle diverse trasformazioni dei contenuti dei diritti.
Eguaglianza che deriva e agisce collettivo.
Visione del collettivo e dell’eguaglianza dentro cui può stare la libertà dell’individuo lottando “contro” quel contrario della libertà dell’individuo fondata sulla diseguaglianza.
No alla diseguaglianza intesa come frontiera insuperabile del dominio esercitato dall’alto.
Sì all’uguaglianza quale fattore decisivo dell’idea di una democrazia sociale fondata sulla liberazione e il riscatto di classe, in una società dove il confine dei diritti sociali si confonde con quello della carità come si prevede nella proposta del Sindaco di Bari che chiede alle famiglie “ricche” di adottare quelle “povere”: una proposta che contiene un’offesa profonda alla dignità del riscatto sociale, civile, politico.
Nella logica dell’individualismo e dell’egoismo risiede l’idea dell’immutabilità dei rapporti di forza: quella da rovesciare con la forza di quella dignità che deve significare il riscatto sociale e politico delle classi subalterne.
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1 commento:
Trovo giusto "insorgere" contro l'idea di risolvere le situazioni di fame e di miseria con la "carità" delle "anime pie". Che queste possano operare alleviando le sofferenze dei propri simili non è vietato da alcuna legge, anzi può risultare opera meritoria, purchè non venga scambiata come attività esaustiva e sostitutiva degli obblighi dello Stato i cui fondamenti trovano asseveramento nei diritti dei cittadini e nella dignità della persona, sanciti " primieramente" dalla Carta costituzionale e dalle leggi.
Uno di dei più importanti diriti è quello della "LIBERTA'". Ma bisogna evitare che questo diritto diventi "flatus vocis", o paravento strumentale di tutte le ingiustizie e delle molteplici disuguaglianze
Personalmente ritengo che si possa e si debba fermamente parlare di uguaglianza come "uguaglianza di diritti e di possibilità di partenza", non ponendo barriere pregiudiziali al cammino e allo sviluppo individuale, di fronte a cui come unico limite da salvaguardare è il "bene comune".
Sono altresì convinto che il problema delle disuguaglianze sociali non possa trovare soluzione nel "collettivismo" della pianificazione egualitaria, peggiore del "male" che si vuole combattere ( Storia docet !!!).
In altre occasioni ebbi a dire che ogni e qualsiasi libertà comincia dalla "libertà dal bisogno", cioè dall'affrancamento dallo stato d'indigenza, dalla possibilità che ognuno deve avere di soddisfare prioritariamente i bisogni prirmari.
Di quale libertà si può presumere godano i milioni di giovani disoccupati? O un "padre di famiglia" senza lavoro e nell'impossibilità di assicurare il "pane quotidiano" a figli e moglie? Quale considerazione e rispetto hanno di essi le pratiche di parentopoli e di clientelismo? Quale senso di giustizia può albergare nell'animo dei privilegiati, delle caste, delle supercaste, dei pensionati d'oro, di coloro che godono di liquidazioni milionarie, o che continuano a succhiare voracemente "il latte" della Repubblica ?
Che dire delle politiche che tali fenomeni hanno assecondato o dei politici-politicanti che non vogliono abolirli?
Quanti continuano a mantenere in vita tali fenomeni usufruendone i benefici individuali,di fatto sono negatori delle libertà di milioni di cittadini,nemici della convivenza civile e pacifica, privi di ogni sentimento di solidarietà, affossatori dell'altrui dignità e "picconatori" delle fondamenta del regime democratico.
Ritorna e si rinnova la storica domanda: "Che fare?" Tentare una risposta in così breve spazio e ad un così impegnativo quesito, richiederebbe tempo e un coinvolgimento profondo di riflessione e di verifiche storiche: Un saluto, Roel
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