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sabato 16 gennaio 2016
Franco Astengo: Europa
EUROPA: DISCORSO E SPAZIO POLITICO NELLA CONTESA ITALIANA di Franco Astengo
Sarà il nazionalismo la carta che il Governo Renzi sta per giocare in questo 2017 nel corso del quale potrebbe anche essere prevista una tornata d’anticipo delle elezioni legislative generali, all’indomani del referendum confermativo sulle cosiddette “deformazioni costituzionali”?
In realtà l’idea del nazionalismo circola da tempo negli ambienti governativi in sostituzione dell’europeismo senza se e senza ma dei bel tempo (sic) ulivisti: questo cambio di rotta è stato avvertito anche dallo stesso presidente emerito Napolitano che, in un’intervista alla Stampa, esorta alla prudenza nel confronto/scontro oggi apparentemente in atto con i vertici della Commissione Europea e la stessa Lady PESC Federica Mogherini pare incaricarsi di una ricerca di un livello di mediazione. Mogherini che proviene dagli ambienti veltroniani, quindi cresciuta nella stessa logica “europeista” di cui si accennava poc’anzi.
Sarebbe questo, anche a detta di autorevoli osservatori (Stefano Folli sulle colonne di Repubblica, Francesco Verderami su quelle del Corriere della Sera), il senso complessivo dello scontro Juncker – Renzi che sta riempiendo le pagine dei giornali di oggi.
Una narrazione voluta dal Presidente del Consiglio che prescinde dalla questione del deficit: i temi concreti sono sempre marginali nell’impostazione di Renzi, cedendo il passo all’immaginario e all’utilità “politica” delle affermazioni .
Le parole sempre nettamente prevalenti sui fatti nella narrazione renziana.
Un nazionalismo, con forti venature belliciste (vedi la questione della Libia) che rappresenterebbe un punto di riferimento importante nell’impostazione personalistico – autoritaria sulla quale si pensa di basare, attraverso il combinato disposto “esito del referendum- risultato elettorale drogato dall’Italikum” una fase di effettiva egemonia del PD, partito da plasmare definitivamente all’interno di questo tipo di concezione del potere.
Una tattica spregiudicata che presenta elementi di vantaggio potenziali per quelle forze di destra dichiaratamente anti-europeiste, Lega Nord e FdI, e lo stesso Movimento 5 Stelle e che pone in imbarazzo settori vasti del PD e una stessa parte residua di Forza Italia.
A dimostrazione ulteriore delle difficoltà che incontra il processo di riallineamento del sistema politico italiano in una fase dove non trovano ragione le discriminanti classiche che ne hanno caratterizzata la composizione nel corso degli ultimi decenni: adesso l’abbandono del bipolarismo (insito nell’idea del doppio turno presente nella nuova legge elettorale) e la sua sostituzione con il bipartitismo non trova soggetti concretamente pronti a sostenere una tale ipotesi.
Questi riferimenti non possono essere considerati contingenti e limitati a espressioni di tipo meramente polIticista: rappresentano, invece, segnali di processi profondi tali da determinare esiti tanto negativi, quanto duraturi.
Il rischio è quello di un frastagliamento ulteriore e di un esito elettorale nel quale i livelli di consenso risultino alla fine così labili da non consentire di sostenere, nel concreto, una qualsiasi ipotesi di governo parlamentare: in un quadro di rischio dal punto di vista bellico sul piano generale e di inasprimento della situazione economico – sociale a livello globale, in Italia potrebbe presentarsi la concreta possibilità di un’avventura autoritaria.
Avventura autoritaria al riguardo della quale la spregiudicatezza morale del nuovo gruppo dirigente del PD risulta fortemente incline proprio come formazione derivante dal prevalente concetto “decisionista – personalistico”
Il tramonto della prospettiva di una riorganizzazione politica di una sinistra d’opposizione e di alternativa rende questo quadro ancora più incerto perché il processo di riallineamento sistemico in atto e al quale si faceva già cenno risulterebbe pericolosamente incompleto.
Tanto più che la crisi verticale dei partiti rende difficile un processo di riavvicinamento alla militanza e alla partecipazione di intere generazioni mentre tende sempre di più al basso l’indice dell’espressione di voto, ormai ridotta a circa la metà o poco più del corpo elettorale.
Espressione di voto ormai completamente in mano alla vacuità d’espressione imposta dai mezzi di comunicazione di massa e quindi quasi totalmente influenzabile da fattori meramente propagandistici, come avviene ormai da tempo, ad esempio, nel merito delle questioni di politica economica.
Il tema europeo diventa così fondamentale, se s’intende davvero porre mano alla ricostruzione di una soggettività politica di sinistra.
Un tema che non può essere affrontato rischiando di cadere nella trappola sovranista – nazionalista e neppure adagiandosi di nuovo nel perdente spirito ulivista dell’europeismo acritico.
E’ evidente che l’Europa rappresenti, all’interno della crisi complessiva degli equilibri mondiali, il principale spazio politico di riferimento.
Altrettanto chiaro il fatto che risulti necessario un raccordo tra tutte le forze di sinistra antagoniste che operano in questo spazio: risaltano a questo punto divisioni gravi tra di esse, e anche elementi forti di dibattito sulla loro identità.
L’esperimento italiano della Lista Tspiras, ad esempio, è completamente fallito, perché tarato su di una prospettiva risultata sbagliata: quella dell’assunzione di governo in Grecia quale fattore trainante di una ripresa di protagonismo politico della sinistra.
Sarebbe importante l’avvio di un’iniziativa politica posta su due piani: il primo riguardante il quadro interno laddove deve risultare come risulti impossibile l’assemblaggio dell’esistente e sia, invece, necessario partire da un modello diverso di costruzione politica; il secondo riguarda il confronto europeo con le forze esistenti perché assieme si tenti di ragionare attorno ai termini di un internazionalismo da esercitare politicamente proprio nello spazio politico europeo.
Possono essere due gli elementi da porre al centro della discussione: il primo riguardante la fase di “guerra di posizione” all’interno della quale stiamo agendo ponendo così il tema dell’opposizione sistematica da condurre a tutti i livelli evitando velleitarie affermazioni da “sinistra di governo” e la ricerca di impossibili convergenze; il secondo quello dell’apertura di un’analisi sulla qualità delle contraddizioni in atto e sulle complessità che si esprime nel determinarsi di un insieme di fratture sociali pesantemente operanti nella società e in gran parte inesplorate nell’incapacità collettiva dell’espressione di un progetto alternativo di società.
Accanto a questi naturalmente l’organizzazione del contrasto, a partire dal “NO” nel referendum confermativo,al regime in corso di consolidamento.
Un contrasto da condurre a tutto tondo anche nell’occasione delle elezioni amministrative: non può esistere la logica della diversità delle situazioni, deve prevalere l’idea di un quadro generale da contrastare fino in fondo. Un contrasto che, comunque, è richiesto anche dalla realtà concreta delle amministrazioni così come queste sono state condotte dal PD.
Opposizione e alternativa da coniugare dunque all’interno di un progetto politico: sarà forse necessaria una “politica dei due tempi” di nuovo conio. Sarebbe già importante oggi raccogliere le forze in un processo di costruzione di soggettività non vincolato dalla pesantezza del passato e dalla “sindrome della sconfitta”, recuperando prima di tutto il gusto della politica.
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