domenica 4 novembre 2012

Lanfranco Turci: Appunti per Passignano

In confronto al periodo della costituzione del NSE le cose si stanno muovendo anche se non secondo lo schema scomposizione-ricomposizione immaginato e auspicato dal NSE. Con la sottoscrizione del documento “Italia bene comune” il PD compie un atto politico radicalmente diverso da quello posto in essere nelle precedenti elezioni politiche e ciò consente di fatto di allargare il campo delle forze di sinistra e centro-sinistra rappresentate in Parlamento con inevitabili ricadute organizzative e politiche nei vari territori del Paese. Questa novità, destinata nel medio periodo a consolidare più che a scomporre il campo della sinistra, trova riscontro nelle evoluzioni politiche avvenute in questi ultimi due anni. Nel PD è più evidente la tendenza verso un orientamento socialdemocratico di tipo europeo (Bersani-Fassina-Laboratorio politico) che si scontra in modo palese con le istanze social-liberiste e filomontiane e con il conservatorismo cattolico di gran parte degli ex DC. Questo a prescindere da come queste aree si stanno schierando nelle primarie in corso. SEL, a conclusione di un difficile ed incerto percorso, sembra aver abbandonato le tendenze movimentiste di pura testimonianza. La partecipazione alle primarie e le conseguenze che da essa potranno scaturire costringeranno questo partito a recuperare il ritardo nel processo di definizione di un suo più strutturato profilo politico-culturale, che il NSE ha sollecitato in una direzione nettamente alternativa al liberismo e orientato al socialismo europeo. Il PSI, dopo un percorso contraddittorio, approda ad una alleanza che consente all’unica forza politica aderente al PSE di ritornare in Parlamento con un profilo che mette in sordina la vocazione a giocare all’, nel momento in cui Casini e i centristi appaiono impegnati a costruire le basi di un centrismo con pretese egemoniche per quanto scarso di forze reali. Anche nella sinistra comunista ci sono processi in corso che vedono parte della Fed uscire da posizioni puramente antagonistiche e cercare un colloquio con la coalizione di centro sinistra. Non possiamo dunque dire che tutto è rimasto fermo, nonostante noi abbiamo lavorato con le nostre piccole forze per cambiamenti che avremmo voluto molto più significativi. E non possiamo dire che le cose vadano in direzione opposta a quella da noi auspicata. Il nucleo del progetto su cui siamo nati è ancora valido e possiamo dire che in questi due anni è stato percepito da un’area assai più vasta di quella che organizziamo. Il nostro obiettivo era quello di contribuire a definire un'area di pensiero di sinistra socialista che possa aiutare la nascita di un grande unitario partito popolare collocato a sinistra dell'allora asse mediano del PD e collegato al socialismo europeo. Questo obiettivo, conosciuto e apprezzato da altre associazioni e soprattutto dentro alcune aree del PD , di SEL e del PSI, deve essere adeguato al nuovo scenario presente nella sinistra italiana; in tale prospettiva la “riaggregazione” della sinistra non è necessariamente il risultato di una scomposizione dell’esistente, ma diventa un processo graduale che richiede, unitamente ad una compiuta ridefinizione del profilo politico- culturale delle forze in campo, precisi passaggi intermedi tra cui l’adesione al PSE e la convergenza su un unico candidato del PSE in occasione del rinnovo della competizione elettorale europea. Poiché siamo conviti della prospettiva socialista europea, che non può ridursi a una formale affiliazione al PSE, per essere colti nella nostra specificità ,non possiamo essere percepiti come uno dei tanti frammenti della diaspora socialista, prigioniero del passato. Una diaspora variamente sparsa in tutto l’arco politico, con profili culturali- senza voler definire tali le parti collocate nell’area berlusconiana- che vanno da un blando riformismo senza spessore, di vaga matrice blairiana e terzaforzista, fino a un massimalismo da sinistra radicale, incapace di rielaborare il lutto per le posizioni di potere perdute, quasi che non ci fossero responsabilità specifiche di dirigenti e settori del partito, ma solo complotti nazionali o internazionali, di cui il vecchio PSI sia stato vittima. Un diverso atteggiamento è invece necessario se si vuol parlare a chi sta cercando le vie d’uscita dagli esiti catastrofici della seconda repubblica Abbiamo lavorato soprattutto come “cerniera” fra aree del PD e SEL, che si son dimostrate disponibili, convinti che un nuovo soggetto politico abbia qui i suoi potenziali punti di forza, piuttosto che nella costruzione ex novo di un nucleo autonomo socialista attorno cui aggregare altre forze. Progetto che ci pare irrealistico e astratto in confronto alle forze in campo e alla luce della vicenda storica dello SDI-PSI e da ultimo dal fallimento della Costituente e dell’esperienza, che avrebbe potuto avere altri esiti, delle liste di Sinistra e Libertà alle elezioni europee del 2009. Comunque vadano le prossime elezioni la missione che ci siamo dati resta di attualità. Ai due estremi possiamo immaginare da un lato un centro sinistra vincente a trazione Bersani-SEL che aprirebbe spazi di evoluzione e avvicinamento PD-SEL e PSI in un rapporto più stretto con i partiti del socialismo europeo; dall’altro lato uno scenario da Monti-bis con un allontanamento dalla maggioranza di SEL e di una parte del PD. Il NSE deve infilarsi in questi processi, che siano di un tipo o dell’altro, cioè nelle condizioni migliori o nelle condizioni peggiori. Per farlo abbiamo però bisogno di un passo avanti in confronto al nostro attuale modello organizzativo che appare troppo lasco e poco vincolante nell’indirizzo politico. Cosa che va benissimo fino a che restiamo sul terreno politico-culturale, ma appare poco incisivo per una fase di accelerazione dei processi. Abbiamo bisogno di una organizzazione capace di giocare anche dentro ai partiti. Da questo punto di vista occorrerebbe passare a un rafforzamento significativo in termini numerici e di presenza territoriale [a prevalente forma di] delle adesioni individuali al Network, capace di coinvolgere la compagne e i compagni che ci guardano con simpatia anche dal Gruppo di FaceBook e altresì di coinvolgere un numero maggiore di iscritti ai tre partiti, magari anche di compagni con ruolo o influenza rilevanti al loro interno, purché condividano l’obiettivo del nuovo soggetto politico- da raggiungere o avvicinare nelle forme che saranno possibili- e in particolare condividano l’idea di un socialismo forte nettamente alternativo alle politiche neoliberiste tuttora dominanti. Si tratterebbe di andare oltre la funzione di “cerniera”, per cercare di essere più condizionanti sulle scelte principali dei partiti. Insomma avere l’ambizione di giocare anche un ruolo da gruppo di pressione, sia pure sul piano strettamente politico e culturale. Con una capacità dove sarà possibile di giocare un ruolo anche nelle vicende territoriali. Quello che abbiamo in mente è un chiaro gruppo di pressione, che lavori alla luce del sole per una convergenza in senso socialista ed europeo dei tre partiti già citati. Lo strumento che proponiamo è una associazione metapartitica che si ponga come obiettivo l’adesione del più ampio numero di compagni iscritti e non iscritti ai partiti in questione. Una associazione che, in qualche modo, anticipi il futuro, di una sinistra italiana, che abbia risolto le divisioni del passato. Dovrà essere sempre più importante decidere dove e come voler andare insieme, piuttosto che da dove veniamo. Ci sarebbe da discutere in questa ipotesi la collocazione delle associazioni e dei circoli aderenti al NSE. Fermo restando che lo statuto attuale già prevede distintamente modalità di adesione individuale e di circolo e che i circoli nelle realtà locali rappresentano una risorsa preziosa, caratterizzata da proprie distinte specificità e funzioni che non potrebbero essere ricondotte rigidamente nello schema nuovo qui proposto per il NSE, si potrebbe pensare a un forum dei circoli collegato al NSE, così come estendere le forme di cooperazione e le iniziative comuni con altri circoli o loro reti, che condividano in linea di massima i nostri obiettivi. Le adesioni individuali al NSE dovrebbero essere sancite anche da una forma leggera di tesseramento e da modifiche statutarie che definiscano meglio la vita democratica del NSE sia a livello nazionale che, almeno, a livello regionale, per evitare di scimmiottare in sedicesimo un partito politico. Infine il NSE dovrebbe prevedere pochi campi essenziali su cui promuovere col massimo di collaborazioni anche esterne di altre associazioni, di fondazioni e dei partiti stessi- o di loro gruppi interni- campagne politiche campagne politiche e tavoli permanenti di confronto su tematiche selezionate (Es.: politica economica, istituzioni, welfare) con una ottica sovranazionale in grado di mettere a frutto le esperienze del socialismo europeo, proponendo altresì contributi al dibattito apertosi sulla riforma del PSE sia a livello organizzativo che di orientamento generale.

5 commenti:

luciano ha detto...


La bozza del documento del NSE mi pare largamente
condivisibile.
Penso che sarebbe ora di superare protagonismi da mosche
cocchiere, particolarismi ed egoismi.
Abbiamo bisogno di un'organizzazione che riesca a federare
le posizioni affini espresse dalla galassia dei circoli
socialisti sparsi per l'Italia. Solo in questo modo si
possono ottenere due risultati utili: 1) raggiungere una
massa critica tale da consentire una qualche incisività
nel dibattito politico; 2) valorizzare la capacità di
elaborazione dei singoli circoli o raggruppamenti (penso
per esempio al G. di Volpedo), consentendo di mettere in
comune una produzione intellettuale che oggi resta spesso
confinata in circuiti asfittici.
Non si tratta di sciogliersi né di perdere le eventuali
specificità, ma di convergere all'interno di un "cartello"
che, col tempo, se funzionerà, potrà gradualmente vedere
crescere il proprio ruolo.
Mi pare che il NSE abbia le caratteristiche adatte per
assumere questa funzione.

Tornando al documento, ho sostanzialmente una sola
riserva. Mi pare troppo perentoria la tesi secondo la
quale la prospettiva di una riaggregazione della sinistra
che passi attraverso una scomposizione delle attuali forze
politiche, e segnatamente del PD, sarebbe divenuta
inattuale grazie al riorientamento impresso da Bersani in
senso socialdemocratico. Può darsi, ma allo stato mi pare
una visione viziata da un eccesso di ottimismo.
I cambi di linea nel Pd, nel Psi e in Sel di cui parla il
documento ci sono, ma resta - a mio avviso - un fatto
oggettivo che difficilmente resterà senza conseguenze: la
dottrina costitutiva del Pd, quella che nel documento
clandestino dei giovani turchi veniva definita come il
"supermarket delle idee dominanti", si incarna
perfettamente nel messaggio di Renzi, non in quello di
Bersani. Questo non può rimanere senza conseguenze. Le
mutazioni genetiche non avvengono senza conseguenze. Se
vince Renzi sarà un problema per quelli che hanno lavorato
per realizzare la mutazione, e invece si troveranno con
Monti forever, ergo con una competizione politica
nazionale ridotta a confronto tra due destre.
Se invece vince Bersani (ammesso e non concesso che poi
non si riconverta rapidamente al pensiero debole, come 10
anni fa accadde a Fassino e D'Alema ...), l'ala
renziana-montiana-veltroniana-americana o se ne andrà,
oppure rimarrà dentro il PD con il preciso scopo di far
prevalere il DNA originario del partito.
Insomma, lo scenario della destrutturazione come
condizione ineludibile (anche per chi non la desiderasse)
per la riaggregazione della sinistra di governo non può
essere così semplicisticamente esorcizzato. Tra un mese
circa ne potremmo vedere delle belle ...
Non pretendo di sostituire la mia "profezia" a quella di
Turci.
Mi limito a proporre due minimi ritocchi per sfumare e
relativizzare la questione sopra evidenziata (v. le
correzioni in maiuscolo nella bozza che riporto qui
sotto).
Fraterni saluti.

Luciano Belli Paci

giovanni b. ha detto...

Partecipo volentieri al dibattito auspicato da Lanfranco Turci con le
seguenti brevi considerazioni. Il documento del PD è, a mio giudizio, un
buon documento in larga parte condivisibile, anche se, peraltro
comprensibilmente, un po' incerto e debole in materia di diritti civili e
libertà individuali. Offre un'immagine del PD diversa da quella consueta e
che mi sembra incompatibile con le posizioni di parte almeno della
componente cattolica di quel Partito e con le prese di posizione filo
montiane di D'Alema e Veltroni. Delle due l'una: o si tratta di orientamenti
con soli fini elettorali, tali da consentire al PD di occupare il più largo
spazio a sinistra e lasciarne in maggior misura a Casini ed in genere ai
movimenti di centro ed in tal caso andremo poi incontro a delle delusioni, o
costituirà stabilmente l'ossatura dell'azione parlamentare e, in caso di
vittoria, di quella di governo, del PD e ciò non potrà non avere conseguenze
sulla composizione del PD stesso e sulla scomposizione e ricomposizione
delle forze politiche della sinistra. Ricordo che all'indomani del Congresso
di Venezia del PSI, in occasione di un incontro con Nenni dei suoi più
vicini attivisti della Fderazione Giovanile Socialista Milanese, egli ci
rincuorò della delusione per l'esito dell'elezione del Comitato Centrale,
pressappoco con queste parole: "non preoccupatevi, compagni, quel che conta
è la politica. I documenti conclusivi del Congresso ci hanno dato ragione,
molti che hanno guardato con speranza alla svolta autonomista del Partito
verranno con noi e molti che non sono d'accordo se ne allontaneranno. Il
prossimo congresso sarà molto più semplice". E, infatti, le cose andarono in
tal modo. Se il PD terrà nel tempo l'orientamento dell'odierno documento
assumerà sempre più i caratteri di un partito socialdemocratico nella sua
composizione e nei suoi comportamenti, con tutte le scomposizioni e
ricomposizioni conseguenti. Cari saluti. Giovanni Baccalini

claudio ha detto...

a me sembra invece una svolta positiva, dopo decenni di micropartiti
sostanzialmente personali, e movimenti, associazioni ecc. tutti dediti alla
"ricomposizione di una nuova sinistra in Italia" a parole, e nella sostanza,
alla creazione di tante tribune per microleader, tanto verbosi quanto
ininfluenti. Quello di cui abbiamo bisogno in Italia è un grande partito
socialdemocratico, come c'è in tutti i paesi europei, e quello su cui
dobbiamo concentrare l'attenzione non sono i programmi , su cui i
microleader vogliono aggiungere le loro fumose verbosità astratte e
impraticabili, ma le garanzie sulla praticabilità democratica del
contenitore per tutti gli aderenti. Questo sarà il passaggio più complicato,
perchè fin dal PDS si è vista una tendenza a rinunciare alla democrazia per
tutti in cambio di garanzia di strapuntini per i singoli microleaders.
Insomma, come dice Brecht "quando si marcia contro il nemico capita che
quello che marcia alla nostra testa sia lui stesso il nemico"...

guido ha detto...

Parole sante caro Claudio! Purtroppo in questi anni abbiamo visto una lunga
fila di Quisling che conoscevano tutti i trucchi per perdere le battaglie e
restare ai loro posti. Condivido la tua idea. Abbiamo bisogno di un partito
grande capace di contenere anche diverse tendenze, ma unito da un progetto
comune, In questo senso da anni mi sbatto per sostenere la differenza tra
progetto che non viene come dicono gli gnorri da proiectare che in latino
non esiste, ma da proiacere (alea iacta!) cioè buttare avanti a se avere una
idea di qualcosa anche con i contorni non precisi, ma ben visibile. Si può
progettare una casa sul retro di un tovagliolo. E, dall'altro lato,
programma che viene dal greco pro-grafein scrivere avanti introdurre
chiosare. Il programma è quello che tu non ami e a ragione, perché di fatto
viene scritto per accontentare le parti in causa,un po' come un contratto
matrimoniale davanti al notaio. I programmi sono illeggibili, si devono
tenere nei cassetti per richiamare all'ordine i contraenti. Come il
contratto che Berlusconi ha fatto, non con gli italiani, ma con Bossi. E
come la costituzione europea che fu un atto di assoluta ignoranza della
natura dei testi politici diffondere come fece Chirac, con i risultati che
sappiamo. Mai essere troppo ignoranti. Berlusconi invece il progetto ce
l'aveva, uno falso, ma rea pur sempre un progetto e uno vero che
fortunatamente non è riuscito a realizzare. Cattivi progetti, ma progetti.
Anche Flores D'Arcais h un progetto: pessimo. Da contrastare. Con un
progetto diverso che è quello di farlo questo partito socialdemocratico che
se vuole essere davvero (e non per boutade) a vocazione maggioritaria, non
può non contenere diverse posizioni ed è giusto concentrarsi sul tension
management più che sulle cose da mettere in lista, magari pr non farle. G

claudio ha detto...

Caro Guido, per quanto riguarda la praticabilità democratica del contenitore
unico della sinistra io avrei persino pensato a una specie di "rating della
democrazia dei partiti" magari applicata da giovani studenti diffidenti
verso la partecipazione partitica. Prima idea:

4 livelli, da A a D
La prima serie , sui congressi, la seconda sulle primarie, la terza sulla
partecipazione degli iscritti.

Congressi:
A ogni 1-2 anni
B ogni 3-4 anni
C più di 4 anni
D mai ( manifestazioni non congressuali, sostanzialmente pluricomizi del
vertice)

Primarie:
A sulle cariche monocratiche e sulle candidature in organi collegiali
B sulle cariche monocratiche in ogni caso
C sulle cariche monocratiche solo su richiesta di un certo numero , e con
regloe fisate caso per caso
D mai fatte

partecipazione degli iscritti:
A per tutti gli incarichi collegiali i nomi vengono votati a scheda segreta
B i nomi dei designati vengono discussi in riunioni di mozione a ogni
livello, aperte a tutti quelli che hanno votato la mozione
C i nomi vengono comunicati dopo riunioni di mozione non aperte a tutti
D i nomi sono già pronti, con relativo ordine di losta, prima delle
votazione sulle mozioni (porcellum