.Una ferma opposizione alla manovra, ma su un progetto socialdemocratico
Credo che nessuno di noi si aspettasse miracoli da Monti. Ma le misure prese sono molto più inique e squilibrate socialmente di quello che forse qualcuno si aspettava. E’ una manovra che colpisce, per far cassa, la parte più debole del paese, quella che ha già pagato tanto in termini di riduzione di diritti sociali, di precarietà, di abbassamento del tenore di vita. Non c’è traccia di una vera imposta patrimoniale che vada a riequilibrare il dato vergognoso di un 10% della popolazione che è in possesso del 45% della ricchezza.
E’ una manovra recessiva (e questo non farà che ri-scatenare la speculazione), che mette il paese in ginocchio.
Quindi i socialisti non possono che stare in prima fila contro questa politica. Ma ci devono stare non per fare la solita lagna di sinistra che non serve a niente, ma per aiutare a dare uno sbocco positivo nel senso della costruzione di un progetto di riformismo forte socialista alla deriva attuale.
Per questo oggi è essenziale il pieno sostegno alla CGIL della compagna Camusso perché è l’unico punto di riferimento di chi vuole fare una battaglia di sinistra; ma non di una sinistra qualunque: di una sinistra incardinata in una prospettiva di socialismo democratico. Per questo motivo occorre che il malcontento non sia gestito da forze demagogiche (Lega e Di Pietro) e che SeL si mobiliti (pur con i suoi limiti organizzativi) a sostegno della Cgil.
Ma al tempo stesso occorre costruire un rapporto serio con l’ala del PD che certo non si entusiasma per Monti. Penso non solo a Fassina, ma anche a Damiano.
Stamattina un autorevole dirigente del PD mi diceva che comunque difficilmente il partito uscirà indenne da questa fase che ridisegna probabilmente la geografia politica nazionale.
Insomma il governo Monti accentua la crisi e le profonde contraddizioni del PD.
Ho sempre detto che la rottura del PD è la via maestra per ricostruire una sinistra con una chiara identità socialista democratica, con il grosso di SeL e l’area socialista dispersa.
Ma dobbiamo riconoscere che la situazione attuale è il corollario di una profonda crisi della politica che ha caratterizzato tutta la II Repubblica; non solo per colpa del centrodestra, ma anche del centrosinistra.
Alla fine degli anni 80 avevamo in Italia una sinistra al 45% (solo la somma tra PCI e PSI giungeva al 41%). Nel 1996 (vittoria dell’Ulivo) la sinistra era al 30% (-15 rispetto a dieci anni prima). Nel 2006 era al 25%. La scomparsa del Psi si è sentita eccome, insieme alla migrazione a destra di vasti settori di elettorato popolare ed operaio.
Il carattere moderato e centrista del CS di Prodi e D’Alema è in larga parte frutto di questo declino inarrestabile della sinistra politica. Si cercò di porre rimedio a questo declino con la “Cosa 2”. Ma il suo aborto paradossalmente spinse sempre di più i Ds verso quella deriva centrista che ha poi dato origine al PD.
Ma tale deriva è stata favorita dall’assenza di un progetto seriamente socialdemocratico. L’alternativa alla deriva a destra dei Ds infatti è stata rappresentata dal bertinottismo. E dalla subcultura che ha prodotto: un sinistrismo movimentista senza progetto, fondato sulla proiezione mediatica del leader (e quindi su una personalizzazione esasperata), che esiste e si riproduce solo per denunziare la magagne dei “riformisti” . Intendiamoci di questo sinistrismo è stato interprete non solo Bertinotti, ma su altri piani, i “girotondini” , i verdi di Pecoraro Scanio.
Insomma centrismo strisciante veltroniano e sinistrismo insieme hanno congiurato per liquidare ogni prospettiva di sinistra di governo.
Per cui nel 2008 abbiamo da un lato il PD a “vocazione maggioritaria” (che però si carica Di Pietro) e dall’altro il confuso sinistrismo dell’Arcobaleno. La disfatta della sinistra era inevitabile.
L’esperienza storica serve anche per non commettere gli stessi errori. Per ricostruire una sinistra di governo nel socialismo europeo (dopo mi soffermerò) si dovrà uscire dai circoli viziosi del passato recente.
Oggi il PD ha una componente moderata molto forte. In essa non ci sono solo gli ex DC , ma una parte considerevole di post-comunisti: Veltroni, Morando, Ichino, Fassino, più D’Alema ed i suoi fedelissimi (soprattutto al sud). La feudalizzazione del partito (dove governa soprattutto) ha prodotto al demo cristianizzazione di fatto di molti post-comunisti. Così come sono molti (ma già l’abbiamo visto) gli ex comunisti diventati “liberal”.
Questa area centrista del PD (insieme al III Polo) è quella più entusiasta del governo Monti, perché esso favorisce l’aggregazione di una grande forza centrale (la DC del XXI secolo) arbitro della politica.
Le difficoltà di Bersani si comprendono. Se si arrivasse ad una scissione nel PD, l’ala sinistra non prenderebbe più del 15% dei voti. Sommati a quelli di SeL si arriverebbe intorno al 20% (faccio proiezioni molto arbitrarie sia ben chiaro). Ma probabilmente oggi tanto è il peso della sinistra. Se comunque questa nuova sinistra nasce su un chiaro progetto socialdemocratico avrebbe la capacità di espanderli partendo da una base non proprio disprezzabile.
Abbandonando la fanta-politica, è comunque evidente che se la sinistra del PD (Bersani, Damiano, Fassina) non desse battaglia proprio ora, essa verrebbe risucchiata in un vortice da cui sarebbe impossibile uscire fuori.
Ma si può aiutare questa parte del PD se ci si impegna (e SeL dovrebbe farlo in prima persona) in direzione del PSE. Ho già parlato della convenzione del Pse a Bruxelles e della conferma del pieno superamento del blairismo. E del chiaro ritorno di un progetto socialdemocratico.
I problemi che abbiamo di fronte sono di natura europea e solo a livello sovranazionale possono essere affrontati e risolti alla radice. Oggi il Pse è l’unica forza della sinistra in grado di costruire una alternativa organica al neoliberismo su scala continentale. La sinistra neocomunista è archeologia; altre forze della sinistra radicale rappresentano anche pezzi importanti di società (in alcuni paesi), ma hanno vocazione minoritaria, possono essere alleati ma è difficile prospettare una strategia comune.
In SeL ho visto pezzi importanti dare grosso significato all’adesione al Pse. Altri sono recalcitranti ed ancora pensano di poter costruire arcobaleni. Altri vogliono le elezioni subito (e magari con questa legge) perché pensano di poter essere eletti in parlamento.
Vendola è persona saggia e sa che è più importante ricostruire la sinistra che approfittare di un vantaggio virtuale.
Ma anche lui deve sciogliere il nodo Pse nel più breve tempo possibile. Proprio per stanare e stimolare la sinistra del PD. Da questo punto di vista io ed altri compagni (per quel che può valere); socialisti iscritti a seL ci faremo promotori di un documento dei socialisti in SeL per chiedere l’adesione del partito al PSE.
E comunque la situazione attuale richiede che quel patto di unità di azione tra le associazioni dei socialisti di sinistra sia al più presto attivato.
PEPPE GIUDICE
5 commenti:
Caro Peppe
il PD è figlio di una grave "mutazione genetica" (ricorda qualcosa la definizione?) che ebbe inizio nella seconda metà degli anni settanta con il compromesso storico di Berlinguer, non voglio qui discutere se EB fosse o meno il capitale morale della sinistra, ma in quegli anni il PCI sostenne quanto di peggio esisteva nella DC (ricordi il Governo di Andreotti?) e fu in quell'epoca che Berlinguer e DeMita avviarono una lunga ed infinita "guerra ai socialisti", la cui più recente espressione è la RosyBinda (non moriremo socialisti).
IL comunismo massimalista di Ingrao e Bertinotti fu solo una foglia di fico, utile per coprire a sinistra (pas d'ennemis a gauche) le magagne di un accordo di potere tra PCI e sinistra DC. Vi fu solo un momento in cui la DC riacquistò la sua autonomia e fu allorchè (ormai Partito Popolare) quel brav'uomo di Martinazzoli, sinistra DC ma non Demitiano, non accettò la con-fusione con la gioiosa macchina di guerra nel 1994.
La colpa della sconfitta di allora viene ancora oggi addebitato alla mancata subalternità di Martinazzoli, in realtà fu opera di un gruppo dirigente di ex comunisti che non seppe e non volle capire che ex democristiani e socialisti, e non solo quelli di vertice ma anche il semplice elettore, si sarebbero rifiutati di votare un'alleanza egemonizzata dal gruppo dirigente ex PCI.
Gino Giugni, in un attivo del PSI nel 1994 a Torino, quantificò nel 40% il voto socialista andato a Berlusconi, in un 30% quello rimasto "a sinistra" ed in un ulteriore 30% quello passato nell'astensione. Se non ricordo male sul tema scrisse anche un articolo su Repubblica.
Oggi il PCI paga (la nemesi storica) gli stessi prezzi che allora fece pagare ai socialisti. Io spero che il PD passi a miglior vita, è l'unica occasione che abbiamo per provare a ricostruire, a partire da quel 15% (sarebbe una buona base), che secondo te residuerebbe dalla rottura del PD, un partito dignitosamente socialista. Noi socialisti oggi possiamo solo fornire qualche idea, le masse ormai non ci sono più, per un nuovo Progetto Socialista in Italia.
Concordo con te che è necessario ricomporre la Galassia socialista, è la base dell'Appello di Volpedo4, ma, come abbiamo scritto noi socialisti del GdV al Congresso del PSI, attorno ad un Movimento-partito AUTONOMO, che nasca da un Progetto politico chiaro, e che sappia Governare il Cambiamento mediante un'alleanza tra "meriti e bisogni".
Sperare che il Partito socialista si possa ricostruire con SEL a me pare pura utopia; non so dalle tue parti, ma a Torino (e mi pare anche a Milano) ormai SEL è in mano a quelli della vecchia Sinistra arcobaleno, per giunta spaccata in tre mozioni. Auguro a te ed agli altri compagni socialisti di SEL una buona fortuna, ma temo che ormai gli spazi siano chiusi.
Un caro e fraterno saluto
Dario Allamano
Assolutamente d'accordo Peppe, è la cura purtroppo che non convince: sel è UN'ILLUSIONE OTTICA! Ciao, Giampaolo Mercanzin
Io, invece, credo che quella di SEl e della sua provvisorietà sia una bella scusa per celare una cosa evidente: tanto SEL quanto il PD vorrebbero costruire qualcosa di diverso del PSE esclusivamente per celare l'anomalia italiana in cui i primi, post comunisti, non potrebbero assumere l'onta di una trasformazione socialista ed i secondi, per paura che l'ala democristiana spacchi il partito per confluire nel terzo polo di Casini.
Occorre chiarezza!
Io preferisco lavorare all'interno di un Partito che si dichiara ancorato al Socialismo europeo e lavorare perchè in Italia divenga la vera forza di sinistra a sinistra del PD.
Saluti
Marco Ligori
Caro Peppe
Le certezze assolute non fanno parte del mio bagaglio di socialista e laico, piuttosto fanno parte delle culture delle chiese (cattolica o comunista poco importa)
Ciò premesso ritengo sia un errore non di poco conto quello di escludere a priori il PSI dal novero di coloro che hanno titoli per costruire un nuovo movimento socialista in Italia, in quel partito, per piccolo che sia, militano ancora compagni/e che hanno avuto il coraggio di traversare il deserto senza aiuti e senza sostegni, e che non meritano oggi di essere considerati figli di un dio minore solo perchè hanno un segretario non all'altezza dei tempi.
Il confronto con il PSI si farà comunque sui temi politici non sulla statura politica del segretario e dei dirigenti di quel Partito, ed una delle scelte politiche più stupide è il pensare che il PSI si ricostruisce recuperando le vecchie macerie.
Il rientro di antichi leaders (tipo Vizzini, ma non solo) può riscaldare il cuore dei vecchi socialisti, ma non aiuta la ricostruzione di un Partito adatto al XXI secolo
Troppa gente, che poteva con un po' di altruismo e generosità aiutare la ricostruzione del PSI dopo il 1992, a è stata alla finestra, altri si sono adagiati sui comodi triclinii berlusconiani, molti di loro oggi pensano di rifarsi una verginità riapparendo dalle parti nostre, sono quelli che io definisco socialisti per convenienza.
Spero che i socialisti per convinzione sappiano porre un argine politico all'opportunismo di questi personaggi, sarebbe un buon segno, utile per la costruzione di un nuovo movimento dei socialisti del XXI secolo.
La trasmigrazione dei socialisti verso lidi sinistri è una pratica antica, che il vecchio PCI promuoveva a piene mani, e che purtroppo continua: Non è il populismo mediatico Vendoliano e DIpietrista che trarrà fuori l'Italia dalla crisi, bensì un nuovo Progetto politico dei socialisti per Governare il cambiamento.
Le scelte "indifferibili" che il Governo Monti ha fatto non si modificano con una Manifestazione di piazza, bensì con delle proposte concrete in grado di ricostruire un blocco sociale e politico nuovo di coloro che fanno del lavoro la ragione della loro vita. É un lavoro lungo e difficile, da socialisti riformatori.
Le manifestazioni sindacali, soprattutto se unitarie, sono utili perchè comunque evitano delle derive pericolose, ma consolidano un blocco che ormai non è più "egemone" e che al massimo agisce in funzione difensiva.
Occorre lavorare per costruire un Movimento più ampio, non limitato ai lavoratori pensionati ed ai lavoratori dipendenti con contratti di lavoro a tempo indeterminato. Occorre uscire dalle grandi fabbriche (che generano certo grande visibilità mmediatica) per tornare nei territori a rivisitare quella che fu la base sociale che dette vita al PSI: le case del Popolo e le Società di Mutuo Soccorso.
Purtroppo oggi i leaders politici agiscono solo in funzione della loro presenza nei talk show.
Dario Allamano
Caro Dario, da vecchio socialista indomito, ancora iscritto (nonostante Nencini e tanti altri) al psi e mai trasmigrato in altri lidi (né a “sinistra” né –men che meno- a destra), sono perfettamente d’accordo con te e ti ringrazio per aver espresso anche la mia posizione.
Mario Viviani
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