L’AUTOCRITICA DEL SOCIALISMO EUROPEO
.pubblicata da Giuseppe Giudice il giorno giovedì 1 dicembre 2011 alle ore 15.56.L’AUTOCRITICA DEL SOCIALISMO EUROPEO
“Martin Schulz, nelle sue conclusioni alla Convention, ha ricordato a noi tutti con forza, in un modo che non ricordavamo da tempo, che noi siamo socialisti e che il socialismo rimane, nel suo nucleo teorico, l'opposto del capitalismo. Capitalismo significa dominio del capitale, socialismo significa subordinazione dell'economia alla società, attraverso meccanismi democratici. E stiamo vedendo sempre più chiaramente quanto questi due diversi approcci, capitalista e socialista, siano opposti in modo inconciliabile.
Questo certo non significa che ci sia un modello astratto di socialismo che noi si voglia imporre in alternativa al dominio del capitale, piuttosto significa che dobbiamo lavorare a creare nuovi, flessibili, tendenzialmente aperti sistemi di potere attraverso i quali il popolo possa riprendere il controllo della propria vita collettiva e individuale.”
E’ parte di un commento da parte di un compagno laburista irlandese alla convention del PSE a Bruxelles. Felice Besostri che ha partecipato mi aveva già avvertito della ricchezza e della profondità del dibattito in corso. Un dibattito che ha segnato una forte autocritica (ma già questa era stata avviata a Praga nel 2009) rispetto agli sbandamenti liberali di un pezzo della socialdemocrazia , che avevano smarrito il senso più profondo del progetto del socialismo democratico.
Questi sbandamenti, a mio modo di vedere, erano il frutto della forte egemonia ideologica (oltre che del dominio economico) del capitalismo liberista. Egemonia che ha tratto maggior forza dal fallimento del comunismo (un fallimento iscritto nei suoi cromosomi) e che ha cercato di far passare ogni socialismo possibile, ogni speranza di trasformare profondamente la società capitalistica , come vani ed assurdi. Di qui il pensiero unico neoliberale con tutte le sue varianti pseudo-progressiste – il PD si è costruito su questa subalternità.
Insomma un pezzo di socialdemocrazia ha pensato che questo modello di capitalismo dovesse durare a lungo, che non era possibile modificarne il meccanismo strutturale, che si potevano solo temperarne gli effetti socialmente più iniqui. Questo liberal-socialismo di terza mano ha questa matrice. Era anche il frutto di pigrizia intellettuale, oltre che di subalternità politica. Era evidente che il capitalismo liberista aveva al suo interno delle instabilità intrinseche fortissime essendosi fondato sulla finanziarizzazione quale fattore strutturale della accumulazione capitalistica. Del resto le gravi crisi finanziarie del 94 in Messico, del 97 in Brasile e Russia, quella gravissima del sud-est asiatico del 1998, dell’Argentina nel 2000 e di Wall Street nel 2001 (con il crollo della gigantesca bolla speculativa sull’Hi-Tec), parlavano da sole. La guerra in Iraq fu un tentativo di uscire dalla crisi con il keynesismo militare. Ma non fu sufficiente. La bolla del mercato immobiliare e l’esplodere dell’indebitamento privato hanno definitivamente mandato in tilt un sistema che ha provocato la più forte esplosione delle diseguaglianze e degli squilibri degli ultimi 60 anni con effetti regressivi sulla democrazia, la coesione sociale, il livello di civiltà. Con il moltiplicarsi dei conflitti militari. E con la concreta ipoteca sulla sopravvivenza stessa del pianeta. Insomma questo capitalismo ha rappresentato e rappresenta una vera e propria minaccia per l’umanità.
Luciano Gallino diceva che il capitalismo ha bisogno di antagonisti sociali e politici , altrimenti sviluppa in se forze autodistruttive.
Quello che ha detto Martin Schultz va in questa direzione. Il socialismo non è un sistema astratto ma è un processo che si fonda sulla sua natura antagonista e conflittuale rispetto al nucleo forte del capitalismo. Per superare il dominio del capitale sulla società e mettere l’economia al servizio di scopi sociali nel pieno sviluppo della democrazia e della libertà. L’antagonismo ed il conflitto hanno certo bisogno di fasi di compromesso democratico. Ma il compromesso presuppone il conflitto e la tensione conflittuale è permanente. Il capitalismo non è la fine della storia.
Oggi concretamente il PSE è l’unica forza che possa incarnare speranze di cambiamento in senso progressista e democraticamente socialista. La sinistra italiana non potrà che rifondarsi su questi binari.
Noi come socialisti per la sinistra abbiamo però un grande compito. Il Pse oggettivamente, dopo le svolte degli ultimi anni, non lo può rappresentare un ectoplasma liberaloide come il PS+I (fatti salvi naturalmente quei compagni dissidenti che sono già con noi). Il PD ha un rapporto sofferto con il PSE, Vendola va sempre più stimolato ad entrarvici.
Ma oggi queste posizioni politiche, espresse da Schultz ed altri, chi le rappresenta concretamente nel dibattito politico-culturale. Sono credo le nostre associazioni che devono farlo, costruendo subito quel patto d’azione indispensabile.
PEPPE GIUDICE
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