SINISTRA D’ALTERNATIVA
Nonostante l’esito della votazione di fiducia di oggi la vicenda politica sembra scivolare verso elezioni anticipate, possibili per la primavera 201.
Elezioni nelle quali la cui posta in gioco potrebbe essere anche quella dello stabilire un punto fermo in questa infinita transizione, che si trascina ormai dagli anni’90 del secolo scorso, avviando una fase di svolta al riguardo delle grandissime difficoltà insorte con la crisi economica-finanziaria avviatasi fin dal 2008 e con il progressivo screditamento del sistema causato dall’affermarsi di un regime di destra di stampo populistico, qual è quello che attualmente ci sta governando e che deve esser assolutamente fermato nel più breve tempo possibile.
E’ evidente che per ottenere questo risultato di “svolta” serve, e servirà ancor di più nel prossimo futuro l’unità di tutte le forze sinceramente democratiche e l’approntamento di una adeguato programma di governo, composto da pochi punti molto chiari che definiscano sul terreno economico, istituzionale, culturale, dei rapporti tra società e politica i termini possibili per l’apertura di questa nuova fase che auspichiamo.
In questo quadro deve essere tenuta anche in gran conto l’importanza che la radicalità dei nuovi movimenti sociali, posti in particolare sul terreno del rifiuto delle compatibilità del debito, hanno avuto nel definire nuove, possibili, condizioni politiche.
Di tutto abbiamo bisogno, però, tranne che di un “nuovo moderatismo” che assuma, in chiave di governo l’idea di un “liberalismo temperato”, magari ossequiente – nello specifico delle questioni eticamente sensibili – ai dettati della gerarchia cattolica, sostanzialmente posto sul terreno , ancora una volta, di una logica esaustivamente ossequiente ai dettati del mercato e del “vincolo esterno”.
Allo scopo di ottenere questo risultato sarebbe necessario fosse presente, però, nel panorama del sistema politico italiano un forte soggetto politico rappresentativo della tradizione e della storia della Sinistra, capace insieme di coniugare un dato di rappresentatività diretta dei movimenti presenti sulla scena e fin qui risultati determinanti al fine di ottenere alcuni importanti risultati come quelle referendari, di aprire la strada ad una presenza di massa sul terreno di una forte radicalità sociale, di tenere lontano pezzi del sindacato dalle sirene del “consociativismo” del cedimento alle logiche dominanti che il padronato, subdolamente articolato al suo interno, ha cercato di imporre.
Occorre chiarezza su questo punto: entrambi i tentativi in atto di ricostruire, dopo il clamoroso disastro dell’Arcobaleno, nuove e diverse soggettività politiche nella sinistra italiana non appaiono adeguate allo scopo di poter disporre di un soggetto politico effettivamente all’altezza delle sfide del futuro: da un lato, infatti, si persegue la via (ormai in declino nella percezione comune) di un leaderismo presidenzialista eccessivamente accentuato e posto su di un terreno dell’agire politico, quello delle primarie, del tutto angusto proprio dal punto di vista di una prospettiva di lungo periodo (una strategia, insomma, pensata per un uomo solo che pare avere esigenza di bruciare tutte le proprie carte nel brevissimo periodo); dall’altro lato si prospetta l’ipotesi di una riunificazione di tipo partitico (assente una analisi, tra l’altro, sulla trasformazione subita dai partiti nel corso egli ultimi decenni) su basi strettamente identitarie, sicuramente nobili per ascendenti, ma eccessivamente ristrette al fine di costituire una soggettività in grado di articolare progettualità e relazioni all’altezza di questa società “complessa” (non “liquida” ma sicuramente complessa)
Servirebbe, insomma, aprire una riflessione sulla necessità di poter disporre di una soggettività politica nuova, frutto dell’incontro tra diverse culture, tradizioni, collocazioni sociali, costruita con l’idea di durare nel tempo, magari capace di fornire già un contributo al superamento di questa fase così drammaticamente negativa senza porsi però, da subito, il tema del “governo” inteso quale ingresso in coalizioni improbabili e del tutto destinate ad esercitare una logica di tipo meramente politicista.
Per avviare questo itinerario in una forma produttiva andrebbe aperto un dibattito particolarmente spregiudicato, soffermandoci maggiormente sugli elementi di carattere “strutturale” che ci consegna la migliore tradizione della sinistra italiana.
Il tema della cessione di sovranità dello “stato-nazione”, quello della globalizzazione (uso definizioni di carattere giornalistico, sicuramente imprecise, ma è per farmi capire nella sintesi, delle contraddizioni post-materialiste, trovano infatti necessità di corresponsione e risoluzione (almeno dal punto di vista programmatico) sul terreno “classico” della costruzione di un indirizzo collettivo in campo economico e sociale, di una trasformazione radicale posta sul tema dell’intervento pubblico in economia (con particolare attenzione al tema di una ripresa effettiva di una politica industriale), della programmazione, del welfare state, del ruolo internazionale del Paese, in modo da aggredire la crisi pesantissima provocata dal liberismo e dalla sua traduzione in individualismo consumistico.
Particolare attenzione dovrà anche essere riservata ai temi della struttura politico-istituzionale del nostro Pese, quale la evidente crisi del bipolarismo (che riguarda il necessario processo di mutamento del sistema elettorale); l’assunzione di centralità del tema dell’unità nazionale; il riemergere di una contraddizione Nord/Sud versione aggiornata del conflitto centro/periferia.
Non si tratta in questo, ovviamente, di limitarci al “caso italiano”, ma di avere la forza e la capacità di guardare avanti, ad un quadro internazionale molto complesso, puntando all’Europa politica come obiettivo di rilancio del “modello renano” che appare ancora un punto di riferimento, nella necessaria logica di superamento di questo terribile meccanismo in atto di finanziarizzazione dell’economia.
In questo ambito il social-liberismo (secondo la definizione di Joseph Halevi) che pare ormai patrimonio di quella parte della maggioranza del PD che vorrebbe stringere l’alleanza con il cosiddetto “centro”, risulterà del tutto inefficace: un punto di riflessione, anche questo, che porta alla conclusione della necessità della presenza di una sinistra capace di produrre cultura politica, iniziativa sociale, presenza istituzionale senza essere strangolata al cappio della “governabilità”.
Siamo del resto di fronte, in Italia ad una crisi della democrazia tale da minacciare sbocchi imprevedibili e particolarmente pericolosi.
Proviamo a tracciare i tratti fondativi di questa sinistra, cui ho cercato di accennare: in precedenza: serve il meglio della tradizione socialista e comunista 8senza trascurare altri filoni culturali, da quello ambientalistica a quello azionista), per quelle che sono state le vicende politiche italiane degli ultimi sessant’anni ed è necessario non essere legati ad uno schema falsamente unitario”, anzi bisogna muoversi sul terreno di una espressione di egemonia, su tutti fronti, quello del “partito liquido” e quello del “partito identità”.
Occorre un nucleo fondativo, ed in questo oso rivolgermi ai dirigenti di SeL, della FdS (compresi quelli che intendono ricostituire un Partito Comunista) della sinistra PD, del sindacato.
Un nucleo fondativo che verifichi la possibilità di intraprendere un cammino del genere, con un traguardo parziale davanti, delineato in modo molto preciso: la costruzione di un soggetto politico, un partito, fondato sul modello dell’integrazione di massa, posto non tanto sul piano della ricerca immediata della dimensione numerica, ma della struttura organizzativa.
A questo punto la via della costruzione di questo soggetto, trovato il nucleo fondativo, dovrà assumere tratti caratteristici molto diversi da quelli del passato, proprio per riuscire ad intrecciare la realtà dei nuovi movimenti sociali.
Il nucleo fondativo, infatti, dovrà limitarsi alla convocazione di assemblee provinciali e successivamente regionali aperte alle istanze dei soggetti politici partecipanti e dei movimenti che intendono aderire a questo tipo di percorso,dalle quali escano un certo numero di delegati (100?), senza rispetto di ruoli ricoperti in anticipo o di quote prestabilite, che si mettano al lavoro per un certo numero di mesi, producendo un documento politico, una proposta di struttura organizzativa, una idea di statuto: insomma, una vera e propria assemblea costituente”, al cui esaurimento dei lavori si arriverà convocando un congresso fondativo: anche i 100 delegati originari dovranno per essere riconfermati passare dalle assemblee locali, esercitando soltanto il compito di garantire l’ordinato sviluppo democratico dei lavori, nel pieno rispetto dell’art.49 della Costituzione (come invece non è avvenuto in recenti assise della sinistra). Nessun delegato di diritto, nessun “leaderino” preconfezionato, con l’idea che la costruzione di un nuovo gruppo dirigente vada di pari passo con un processo di rappresentatività politica e sociale (di cui dovrebbero essere garanti i movimenti) intrecciato strettamente con una forte capacità d’esercizio dell’egemonia programmatica.
Mi rendo perfettamente conto dell’inattualità di questa proposta, proprio perché se si andrà alla scadenza elettorale nel 2012 ognuno dei due segmenti tenterà la strada del rientro in Parlamento per proprio conto, ma ho ritenuto di lanciarla egualmente perché nell’eventuale dopo-elezioni possa essere tenuta in conto e riflettuta al meglio.
Se poi la chiamate alle urne dovesse scivolare al 2013 ci sarebbe tutto il tempo per una accurata verifica politico-programmatica, magari usando il vecchio strumento dell’autoconvocazione: non possiamo permetterci, credo, divisioni improprie tra soggetti politici e soggetti di movimento, ciascheduno con il proprio ruolo, la propria storia, la propria capacità di intervento sulla situazione reale.
E’ tutto: nella speranza che qualcuno/a intenda soffermarsi su questi temi, aprendo e proseguendo quello che appare un dibattito necessario ed urgente, almeno ad avviso di chi ha scritto queste note.
Savona, li 14 Ottobre 2011 Franco Astengo
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