EDITORIALE
Avvenire dei lavoratori
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Ragazzini.
Criminali.
Infiltrati.
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di Andrea Ermano
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Ci scrive un lettore: “La più grande manifestazione mondiale degli Indignati si è tenuta a Roma (150-200 mila persone). . . Ma oggi si parlerà di loro, dei Black Bloc, e dei danni (materiali e d’immagine) provocati da loro. E non delle giuste rivendicazioni che i tanti precari, i giovani, le donne, i lavoratori in genere, ponevano. Perché queste cose accadono in Italia?” (G.F. Tannino, Monaco di Baviera).
La questione è rilevante. Assistiamo alla nascita di un movimento popolare transnazionale che, come e più del Sessantonto, potrebbe rivoluzionare in senso cosmopolita il nostro modo di vivere la cittadinanza. Ma noi italiani rischiamo di vedercene tagliati fuori a causa dei Black Bloc.
Perché ci succedono queste cose? Il ministro degli Interni, Roberto Maroni definisce le violenze accadute sabato “un’opera di criminali infiltrati tra i manifestanti”. È successo, per esempio, che un’autoblindo dei Carabinieri sia stata attaccata, circondata, espugnata e messa a fuoco da una centuria di “regazzini di sedici-diciassette anni”, ha dichiarato un testimone oculare di fronte alle telecamere web.
Pare che i “regazzini” abbiano avuto l’accortezza di lasciare aperta una via di fuga al milite presente sul furgone. Stavano per dare alle fiamme l'automezzo blindato, ricorda Fabio T. che era alla guida: "Non riuscivo più ad andare né avanti né indietro". E aggiunge: "Per fortuna avevo il casco, altrimenti sarei morto". Invece, è riuscito a scappare. Per fortuna.
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"Per fortuna avevo il casco, altrimenti sarei morto",
Fabio T. fugge dall'autoblindo poi incendiato.
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"L'intento preciso dei ‘neri’", riferisce un altro agente, “era quello di dividerci per aggredirci. . . avvicinandosi alle forze dell'ordine, filmandole e chiamando poi sul cellulare i loro compagni per segnalare i punti deboli. E lì hanno colpito”.
Ora, siccome al giorno d’oggi nel nostro continente i “regazzini” di norma non posseggono queste capacità di coordinamento tattico paramilitare, sorge il dubbio che il sostantivo “criminali” usato da Maroni indichi dei criminali veri, cioè una lievitazione di manovalanza criminale addestrata e mobilitata ad hoc. (Nel frattempo è giunta la notizia che gli addestramenti paramilitari sarebbero avvenuti in Val di Susa).
Resta da comprendere l’attributo “infiltrati”.
Le cronache riferiscono di circa cinquecento "infiltrati" che, tra Piazza San Giovanni e Via Merulana, hanno messo in scena un’orgia di violenza. Si erano “infiltrati” da sé? Erano lì convenuti per autonoma decisione loro? Cercavano distrazione tra una curva sud e l'altra?
Se le parole hanno un senso, dobbiamo ritenere che sabato in Roma gli “infiltrati” puntassero a provocare una situazione nella quale – e qui citiamo di nuovo Maroni – “poteva scapparci il morto”.
Se il bilancio si chiude “solo” con centotrenta all’ospedale e nessuno all’obitorio, lo si deve all’intelligenza delle forze dell’ordine.
Forse, i nostri poliziotti e i loro comandanti si erano preparati con tanta professionalità all’appuntamento, avendo ascoltato alcuni messaggi speciali lanciati da Giuliano Ferrara su “Radio Londra” circa gli Indignados che, parole sue, erano “alla ricerca del morto”.
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Piazza di Porta San Giovanni, Roma 15.10.2011:
L'autoblindo dei Carabinieri viene dato alle fiamme
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“Alla ricerca del morto” – che in questo marasma possa ormai "scapparci il morto", l’aveva già diagnosticato anche Antonio Di Pietro, qualche settimana fa. Quindi, riassumendo in ordine cronologico – Di Pietro, Ferrara, Maroni – siamo alla terza evocazione del morto nel giro di breve tempo. Ecco, questo, tutto questo, effettivamente avviene solo in Italia.
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È questa per il Belpaese un’epoca di tensione. Non mancano forti contrasti né sul piano politico né su quello economico e nemmeno su quello culturale.
Sul piano culturale, e in modo eminente sul piano religioso, i cattolici appaiono visibilmente spaccati due; d’un lato c’è una Curia vaticana che vorrebbe tenersi questo governo in attesa di gestire il "dopo" conservando il suo potere (ma troppo non è abbastanza), dall’altro lato ci sono settori di episcopato italiano uniti al grosso della "base" che invece vedono il berlusconismo come fumo negli occhi e reputano il Paese maturo per un pluralismo cultuare adulto.
Sul piano economico la situazione non è migliore. Crescono i motivi di conflitto tra potentati, tra Settentrione e Meridione, tra economia reale ed economia finanziaria, tra “grandi” e “piccoli” in competizione per l’accaparramento di risorse sempre più esigue; senza contare la dicotomia tra precari e “garantiti”, tra giovani disoccupati e anziani privilegiati, tra capitale e lavoro.
In questo scenario ha luogo il cozzo frontale tra le opposte fazioni della politica, nelle quali trovano contrastante estrinsecazione i mille interessi, più o meno framelici, più o meno feroci.
Una plastica rappresentazione di tutto ciò si è materializzata dentro il Corriere della Sera, tempio della borghesia lombarda dove il 5 ottobre scorso Ferruccio de Bortoli, direttore parco e moderato, concludeva il suo fondo testualmente così:
“Su questo giornale abbiamo suggerito al premier di fare come è accaduto in Spagna: annunciare che non si ricandiderà, chiedere le elezioni e non trascinare con sé l'intero centrodestra. Nessuna risposta”.
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Piazza di Porta San Giovanni, Roma 15.10.2011:
L'autoblindo dei Carabinieri brucia
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Invece, la “risposta” gli veniva recapitata proprio quello stesso giorno e proprio sul suo giornale da Marina Berlusconi, presidente di Fininvest e figlia del presidente del Consiglio:
“Mio padre non deve assolutamente mollare e non mollerà. Per molte ragioni. Intanto in un momento come questo la stabilità è un bene prezioso, e oggi non mi pare proprio ci siano alternative degne di questo nome all'attuale governo. Ma soprattutto non deve mollare e non mollerà per il rispetto e l'amore che ha verso la democrazia”.
Questo cozzo frontale, tutto inerente all'establishment (ma anche inerente a tutto l'establishment), ha dell’inaudito. Perciò, purtroppo, non possiamo dirci completamente sorpresi se a Roma qualche centinaio di "criminali infiltrati" è sceso in capo “alla ricerca del morto”. Non per la prima volta succedono queste cose, in Italia.
Oggi, comunque, possiamo gioire dello scampato pericolo di ieri. Ma domani? Che fare? La legittima mobilitazione dei cittadini non può cedere al vile ricatto della violenza. Dunque, non possiamo non augurarci che gli Indignados moltiplichino le loro azioni di protesta sociale, pacificamente. E speriamo che prima o poi dal Parlamento nasca un’alternativa politica credibile all'attuale marasma.
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