lunedì 11 aprile 2011

Peppe Giudice: Una sinistra oltre l'emergenzialismo

.pubblicata da Giuseppe Giudice il giorno lunedì 11 aprile 2011 alle ore 15.58.Una sinistra oltre l’emergenzialismo

E libera dalle lobby che l’hanno

Azzerata







E’ difficile poter ricostruire una sinistra degna di questo nome, anche tramite quel processo di scomposizione e ricomposizione di cui abbiamo spesso parlato, se non si ridefinisce il ruolo e la funzione che la stessa sinistra dovrebbe avere nel nostro sistema politico.

La crisi della sinistra italiana (estremamente più grave di quella del resto d’Europa) è figlia diretta della scomparsa dei partiti (di quelli degni di questo nome) con la II Repubblica. Quando insisto sul ruolo negativo di quella che è stata l’intera operazione Mani Pulite ( forse al di là della stessa volontà dei magistrati) non è per difendere ceto quei processi degenerativi che hanno minato la I Repubblica, ma per sottolineare che c’è stata una chiara volontà da parte dei poteri forti economici e finanziari di stravolgere di fatto la democrazia repubblicana nata dalla Costituzione del 48.

Non ho mai considerato i partiti come un feticcio da adorare acriticamente, ma sono stati essi (ed in particolare i partiti storici della sinistra) ad organizzare e strutturare la democrazia in Italia, favorendo l’ingresso delle masse nello stato (come ben diceva Pietro Nenni). Poi il sistema bloccato ha di fatto reso i partiti sempre più autoreferenziali facendo smarrire la loro funzione costituzionale.

In altri miei scritti recenti ho messo in rilievo come certe elites redical-borghesi abbiano cercato in qualche modo di colonizzare i partiti della sinistra. Erano forze profondamente elitiste (di quelle che dicono: il popolo non capisce niente; il popolo non ci merita); qualcuno le ha definite neo-azioniste (sbagliando). C’è comunque tutta una tradizione liberaldemocratica che era convinta che la sinistra dovesse realizzare in Italia la rivoluzione boghese-liberale in quanto la DC (partito clericale) non era certo in grado di farla. Furono socialisti di spessore come Riccardo Lombardi e Raniero Panzieri a spiegare a costoro che l’Italia della fine degli ani 50 aveva ormai già raggiunto lo stadio del capitalismo avanzato simile a quelli di altri paesi europei (e quindi non c’era bisogno della rivoluzione borghese). Anche se Lombardi ammetteva che lo sviluppo accelerato del capitalismo produceva in Italia più contraddizioni che negli altri paesi europei (legame tra profitto e rendita). Ed aggiungeva Lombardi ( in polemica con La Malfa) che non era possibile fare una seria battaglia contro la rendita senza mettere in discussione aspetti strutturali dello sviluppo capitalistico in Italia. L’elite radical-chic, borghese-gicobina, pensava che il capitalismo avrebbe dovuto svilupparsi linearmente secondo il modello aglosassone dappertutto. E’ un errore che fece anche Marx nell’800 (ma eravamo appunto nell’800). In realtà la storia ha dimostrato che il capitalismo ha realizzato le sue forme più avanzate in maniera difforme da area geografica ad area geografica. Il capitalismo super-tecnologico giapponese ha convissuto per anni con una società semi-feudale.

Ed infatti per Lombardi il pieno sviluppo della democrazia costituzionale avrebbe potuto realizzarsi solo trascendendo l’ordine capitalistico stesso.

E torniamo alla pretesa di colonizzare la sinistra. Fu tentato negli anni 70 con il PSI da parte di Scalfari e Pannella che inventarono la favola del PSI come vascello laico che doveva combattere le corazzate espressione delle due chiese simmetriche DC e PCI. Ma costoro trovarono solo la disponibilità di Giacomo Mancini (con qualche riserva) e di Loris Fortuna, ma la netta opposizione di De Martino e Lombardi (e poi dello stesso Craxi). Per De Martino e Lombardi il PSI giammai sarebbe dovuto diventare un partito terza forzista, ma operare per far evolvere e rinnovare tutta la sinistra.

Ma fallito il tentativo con il PSI, Scalfari punta le sue carte sull’ala berlingueriana del PCI, sul PRI di La Malfa e sulla corrente di De Mita nella DC. Non è un caso che la sinistra autentica della DC – Donat Cattin si oppone decisamente al compromesso storico in versione scalfariana. Come si oppongono autorevoli esponenti della sinistra cattolica come Carniti.

Siamo sempre là. Il compromesso storico, come progetto di rivoluzione borghese compiuta, in Italia.

Ma, come ho già avuto modo di sostenere, è con la virata di Berlinguer sulla questione morale (ringrazio Paolo Borioni per averlo sottolineato) che inizia la colonizzazione scalfariana del PCI.

Del resto non è un caso che Napolitano, Chiaromonte e Lama vengano spesso messi in cattiva luce dalla lobby Scalfari-De Benedetti. Quando scoppiò Tangetopoli, l’Espresso fece un lungo articolo per addossare le colpe delle tangenti al PCI all’ala migliorista.

Ed è la lobby editoriale di Scalfari e De Benedetti che avviano campagne di attacco alla cultura stessa del movimento operaio, facendo apparire obsoleto il termine socialismo, esaltando il pensiero debole e postmoderno. Aiutato dalle riviste Micromega (sempre nell’orbita scalfariana) tale subcultura si diffonde in segmenti di opinione pubblica progressista. E’ ovvio che una sinistra del genere è una sinistra che non serve a niente, perché è subalterna al pensiero liberale e capitalistico, è una sinistra che si disinteressa della questione sociale, tutta protesa a difendere la nazione dalle varie emergenze che l’incompiutezza della rivoluzione borghese ha determinato.

Ed è proprio sull’emergenzialismo che la cultura comunista berlingueriana e quella borghese scalfariana trovano punto di intersezione.

L’incontro Scalfari-Occhetto-Veltroni fu naturale.

Ma in tal modo il PDS, l’unico partito della sinistra rimasto, soffrì sempre di più di questa egemonia ideologica in cui si mescola giacobinismo borghese, nuovismo postmoderno e qualunquismo giustizialista. Parallelamente, nel PSI degli anni 80, Martelli ed Amato cercarono di cancellare il socialismo democratico. I buoni rapporti tra Amato, Martelli e Scalfari sono noti.

Non credo affatto che la lobby di Scalfari sia un piovra: essa cerca di esercitare la sua influenza politica. Il problema è che quando mancano partiti con memoria storica e radicamento, il ruolo delle lobby diventa totalizzante ed irrefrenabile. Oggi non solo Repubblica, ma anche l’Unità e il Fatto sono controllati da Scalfari-De Benedetti.

Lo scontro tra centrodestra e centrosinistra si è di fatto caratterizzato come scontro tra lobby. Il berlusconismo ha tratto molta forza da ciò.

La sinistra ha dimenticato la questione sociale (anche perché il PD –voluto da Scalfari-Veltroni- ha al proprio interno gente che in tema di economia la pensa più o meno come il PDL); il risultato è che pezzi maggioritari del mondo del lavoro sono attratti dal populismo della destra e non solo leghista (anche al sud molto elettorato popolare vota a destra).

In più il prevalere della logica emergenzialista scalfariana che vede in Berlusconi colui che ostacola il realizzarsi della rivoluzione borghese-liberale finisce per far cacciare il centrosinistra in un politicismo senza sbocchi nel ricercare una sorta di CLN che impedirebbe ogni tentativo di rinascita della sinistra.

La via da seguire è quindi l’opposto di quanto esposto finora. La sinistra si può salvare se ricostruisce una identità socialista larga, ed un progetto di società alternativo a quello di Berlusconi ma anche della destra tecnocratica e liberale di Scalfari.

In tale senso è l’impegno del network e delle associazioni dei socialisti di sinistra. Mi auguro che dopo le amministrative Vendola sappia dare segnali concreti in tale direzione. A parte qualche piccola sbandata (subito corretta) egli ha sempre giustamente contestato le posizioni emergenzialiste ed invitato la sinistra a non farsi condizionare da esse.



PEPPE GIUDICE

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