mercoledì 20 aprile 2011

Francesco Somaini: Milano e non solo

MILANO E NON SOLO.
COME SOTTRARSI AL GIOCHETTO DI BERLUSCONI DELLA PERSONALIZZAZIONE DELLA
CAMPAGNA AMMINISTRATIVA, SENZA MINIMIZZARE LA PORTATA DELLA PARTITA
MILANESE.

Si dice che Berlusconi stia cercando di fare di tutto per "personalizzare"
la campagna elettorale di Milano, perchè penserebbe in questo modo di
recuperare un'elezione che la Moratti da sola starebbe rischiando seriamente
di perdere, e perchè d'altro canto si sarebbe reso conto che la partita di
Milano potrebbe, ove la Moratti (come ci auguriamo) dovesse essere mandata
a casa, aprire una falla non più contenibile nella tenuta della Destra al
governo.
A Milano, non c'è dubbio, Berlusconi si gioca molto. Se la Destra dovesse
perdere a Milano la maggioranza che sostiene il governo potrebbe
squaccherarsi. Se ciò dovesse accadere, il governo potrebbe non reggere, e a
quel punto Berlusconi potrebbe non essere più in grado di riprendere il
controllo della situazione (il che per lui costituirebbe un problema molto
serio, essendo la sua permanenza al potere ormai prevalentemente votata alla
produzione di leggi che lo tutelino dai suoi guai personali e che gli
consentano di acquisire una sostanziale condizione di impunità).
Dunque, Berlusconi ed i suoi fedelissimi, avendo ben chiara la portata della
posta in gioco, devono aver pensato di trasformare il voto milanese in una
sorta di ordalia (o con Berlusconi povero perseguitato, o con i giudici
rossi e cattivi), nella speranza di poterla spuntare ancora una volta.
Francamente, non sono in grado di stabilire se questo calcolo berlusconiano
possa ancora rivelarsi vincente. Ci sarebbe da dubitarne, perchè è indubbio
che l'immagine di Berlusconi è ormai molto logorata.
E' vero che esiste uno "zoccolo duro" di irriducibili; ed è vero, altresì,
che l'esasperazione estrema dei toni produce comunque degli effetti (e
toglie soprattutto spazio alle posizioni "terze").
Però mi pare che il Paese, sia pure con una certa lentezza, si stia infine
svegliando dalla grande sbornia berlusconiana, per cui il gioco della
personalizzazione del voto potrebbe anche non essere più in grado di
funzionare.
Il fatto del resto che la Moratti abbia deciso di non cavalcare la spinta
all'esasperazione dei toni, prendendo con nettezza le distanze dai famosi
manifesti di quel tal Lassini, sembrerebbe dimostrare che anche a Destra non
tutti debbano essere così convinti che questa volta possa essere utile - dal
loro punto di vista - seguire il pifferaio di Arcore sulla strada, a lui
particolarmente congeniale, di una campagna sempre più urlata e scomposta.
E' ben vero che ci deve essere anche un bel po' di manfrina in tutta questa
faccenda: una sorta di gioco delle parti, per cui uno veste il ruolo
dell'esagitato, con le sue sparate sempre più grosse e le battutacce
sempre più grevi e volgari, e l'altra quella della signora di buona
famiglia, con
il filo di perle al collo e il sorriso rassicurante (dopodichè entrambi
lavorano in realtà per la stessa, pessima, causa). Però, malgrado tutto, la
sensazione in effetti è che anche a Destra si stiano cominciando seriamente
a domandare se Berlusconi, stavolta, non se li stia in realtà portando tutti
quanti verso una cocente sconfitta.
Vedremo.
In ogni caso a me pare che, a fronte di questi sviluppi, per Giuliano
Pisapia e per coloro che lo sostengono sia il caso di evitare due errori.
Da un lato, ovviamente, quello di seguire Berlusconi nel suo solito
giochetto, e dunque di consentire che questa elezione amministrativa venga
trasformata in un referendum pro o contro il magnate-premier, con il
rischio, oltre tutto, di dare modo alla potenza di fuoco della macchina
mediatica berlusconiana di etichettare la coalizione di Centro-Sinistra
berlusconiana come un'accozzaglia di "feroci comunisti" in combutta con la
procura "eversiva".
Di fronte a questo pericolo, mantenere un atteggiamento di compostezza e
non cadere nella trappola dei toni urlati, mi parrebbe al riguardo una
scelta
quanto mai oculata. Il ben noto garantismo di Giuliano potrebbe del resto
essere un bell'antidoto rispetto al tentativo di appiccicargli addosso
l'etichetta del forcaiolo.
D'altro canto, però, io considererei egualmente un errore l'opzione di fare
quelli che minimizzano, che dicono cioè che questa elezione ha una valenza
puramente locale, in cui in gioco ci sono solo i problemi amministrativi
della città senza implicazioni politiche più generali. No. Tutti quanti
sappiamo bene che non è così. Intanto perchè Milano è una realtà che incide
su una dimensione che va ben al di là dei confini del territorio comunale.
E poi perchè è inutile nascondere quanto Milano abbia in realtà sempre
guidato
ed anticipato i processi politici generali. Dai tempi della lotta con il
Barbarossa (anzi a ben vedere anche prima) la storia d'Italia si è sempre
giocata in buona misura proprio a Milano. Minimizzare la portata della posta
in gioco non mi pare quindi una scelta vincente. Io credo invece che si
dovrebbe onestamente trasmettere agli elettori un messaggio di
consapevolezza: bisogna cioè far capire che si è consapevoli di cosa c'è in
ballo e fare in modo che i cittadini a loro volta si rendano ben conto di
come il nodo del governo della città e quello più in generale del Paese
siano in fondo profondamente connessi.
Si tratta di far cogliere come, al di là del lucicchio della propaganda, e
al di là della roboanza degli annunci, Milano in questi due decenni sia
declinata, e come il declino della Milano albertiniana e morattiana abbia
coinciso in realtà con il declino dell'Italia berlusconiana.
Occorre in altre parole trasmettere la consapevolezza che la rinascita di
Milano con Pisapia può diventare il segnale della rinascita del Paese.
Io credo che convenga insomma impostare una campagna elettorale che abbia sì
Milano al centro del discorso, ma che nel contempo si sforzi di far capire
come Milano e il Paese siano due ambiti fortemente intrecciati. Si tratta
certamente di mostrare agli elettori milanesi quanto la Destra in questi
vent'anni abbia più che altro venduto fumo (mi pare eccellente a questo
proposito la scelta di contrapporre con insistenza al poco e al nulla che è
stato fatto dal duo Albertini - Moratti, il molto che avevano saputo
progettare e realizzare le grandi amministrazioni espressione del Socialismo
Municipale, alle quali fa bene Pisapia a richiamarsi con insistenza). E si
tratta, altresì, di far capire come pochi interessi potenti siano i soli
ad essere stati beneficiati dalle scelte di queste amministrazioni.
Ma nel contempo non ci si dovrebbe nascondere il fatto che dietro la scelta
per una Milano migliore, più aperta, più democratica, più tollerante, più
accogliente, più cosmopolita, e più vicina ai cittadini, c'è in realtà anche
la scelta di un'alternativa chiara rispetto all'esasperazione dell'egoismo
gretto ed ottuso del Leghismo e del Berlusconismo, al loro provincialismo
senza respiro, e alla loro incapacità di suscitare energie positive.
Dietro la volontà di ritrovare una forte dimensione partecipativa, che
coinvolga
l'intera comunità in grandi scelte condivise, non c'è insomma solo l'idea
di un'altra Milano, ma anche l'idea di un'altra Italia e perfino di un'altra
Europa. E di questo non credo che ci si debba schermire. Voglio dire, per
concludere, che consentire alla Destra di trasformare
questa elezione amministrativa in un referendum pro o contro Berlusconi
sarebbe uno sbaglo. Ma evitare di dare un respiro alto a questa campagna,
insistendo nel presentarla come un puro fatto locale, sarebbe a mio avviso
egualmente sbagliato. I problemi specifici della città (scelte urbanistiche,
cultura, servizi, sicurezza, accoglienza, inquinamento, traffico, trasporti,
Expo, ecc. ecc.) devono restare ovviamente al centro del discorso. Ma deve
essere egualmente ben chiaro che Milano non è un'isola sperduta. Agli
elettori va quindi spiegato che la Moratti è il Berlusconismo: è quel
sistema di potere calato nel contesto locale. E che Pisapia non rappresenta
solo una proposta diversa di governo della città, ma anche, oggettivamente,
un'alternativa a quel sistema di potere che non ha fatto bene nè a Milano nè
alla società italiana.

Un saluto,
Francesco Somaini

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