.pubblicata da Giuseppe Giudice il giorno domenica 2 gennaio 2011 alle ore 22.16.Diktat padronali , Pd , sinistra e socialismo.
“Non capisco perché la “sentenza” di Marchionne, sul domani di Mirafiori e più in generale della Fiat che coinvolge la vita di migliaia di operai, i rapporti sociali e anche politici di questo paese, è stata chiamata “accordo sindacale”. Un accordo, senza trattativa, non è un accordo. Un “accordo” fondato sul dictat, o mangiate questa minestra o vi butto dalla finestra, non è un accordo. Il fatto che CISL e UIL abbiano firmato, non trasforma un dictat in un accordo, semmai rivela una crisi del Sindacato. Non è il fatto che la FIOM-CGIL non abbia firmato che mi fa dire che quella di Mirafiori, come a Pomigliano, non è un accordo. La FIOM in passato non ha firmato contratti che poteva firmare: anche la sua non firma rivela una crisi del Sindacato. Una crisi che si somma a quella delle forze politiche: il governo ha fatto solo da palo e la sinistra non c’è. C’è Marchionne e quelli che lo incensano come demiurgo della modernità. Se il Sindacato non riflette sulle sue sconfitte può aprirsi una stagione nera per tutti. Anche per la democrazia.”
Questo scrive Emanuele Macaluso sulle “Ragioni del socialismo” del 26-12.
Aggiungo un altro elemento di riflessione. Due anni fa Marchionne voleva comprare l’Opel. In Germania gli dissero di cambiare aria. Vi fu un intervento preciso del sindacato tedesco ed anche una presa di posizione della SPD contro una cessione dell’Opel alla Fiat proprio in virtù della filosofia che Marchionne ha, in materia di relazioni sindacali.
In Italia, invece, questo signore viene incensato non solo dalla destra ma anche da settori maggioritari del PD. Con l’eccezione di Fassina (il responsabile economico) e gli interventi di Cofferati e Nerozzi (ma questi ultimi, scusate il retro –pensiero, mi paiono più frutto di gioco di posizionamento – considerando le loro posizioni interne fino a poco tempo fa).
Il diverso trattamento di Marchionne in Italia ed in Germania è indicativo del fatto che in Germania esiste una sinistra, che ha fatto i suoi errori, ha avuto le sue sconfitte ma esiste. Ed è una sinistra legata al socialismo democratico (che poi è il punto di riferimento comune della SPD e della LInke).
In Italia non esiste né socialismo, né sinistra. E proprio l’assenza di una sinistra politica di ispirazione socialista che ha messo in grave difficoltà la CGIL in questi ultimi anni. La assenza di una interlocuzione politica forte, mentre la Uil e la CISL divenivano sempre più sindacati “gialli” governativi e neocorporativi.
Il lavoro di Vendola è encomiabile ma non può in tempi brevi riempire un vuoto grande e storico. Ciononostante, oggi più che mai, Vendola è punto di riferimento essenziale per chi crede in una sinistra di governo.
Io credo che la sinistra si debba ricostruire per scomposizione e ricomposizione. Ma non credo che il gruppo dirigente del PD (tranne Fassina e pochi altri) possa partecipare alla ricostruzione della sinistra. E’ un gruppo omologato, culturalmente evanescente, incapace di leggere la realtà del conflitto sociale e delle dinamiche reali dell’economia.
E’ proprio l’abbandono di ogni riferimento al socialismo che è la causa di ciò. Come è stato il grave deficit dell’Ulivo, nel cui progetto era stato cancellato ogni riferimento al socialismo. Non è un caso che l’Ulivo (ed anche con l’appoggio di una sinistra radicale a parole) abbia gestito una politica liberista soprattutto nel settore industriale e dei servizi pubblici. Privatizzazioni selvagge (in pratica svendita di aziende pubbliche di qualità), assenza totale di politica industriale. Il caso Fiat è la conseguenza di tali impostazioni. La Fiat, negli anni 90, pur ottenendo grossi sovvenzionamenti dallo stato (a Melfi lo stabilimento lo ha avuto gratis) ha investito i profitti in rendita, non in innovazione, ricerca. Tant’è che ha venduto anche dei brevetti propri (vedi il motore “common-rail”) a francesi e tedeschi. Non ha investito nelle auto ecologiche, nei nuovi propulsori adatti ad una mobilità sostenibile. Più in generale si è trovata molto indietro nella competizione con gli altri che né la “Grande Punto” né la nuova “Panda” potevano compensare.
Ed allora Marchionne punta su un modello “terzomondista” di relazioni industriali. Giocare al ricatto delle delocalizzazioni per imporre diktat con il consenso del governo e di gran parte dell’opposizione e con Cisl e Uil come camerieri (Nencini ha trovato dei compari).
Personalmente io sono sempre stato molto lontano dai rigurgiti di “sindacalismo rivoluzionario” (alla Sorel) di Cremaschi che ritengo politicamente deleterio. Perché in questi dieci anni ha cercato di fare della FIOM un embrione di partito “rivoluzionario”. Un sindacato non può assumere questo ruolo. Perché poi favorisce coloro che lo vogliono emarginare.
Non c’è dubbio però che negli ultimi tre anni la FIOM abbia avuto oggettivamente ragione nel merito di diverse questioni.
Oggi dobbiamo tutti essere con la CGIL e la FIOM per difendere diritti fondamentali per la democrazia ed il lavoro.
Sappiamo che la resistenza è importante. Ma non basta. Occorre creare una rete di alleanze politiche intorno alla CGIL e la FIOM. Per fare questo occorre contrastare le posizioni del PD che accettano i ricatti in nome di un profondamente distorto concetto di modernità. Ma occorre contrastare anche coloro, come i Cremaschi, giocano al “tanto peggio, tanto meglio” sperando ingenuamente che vicende come Mirafiori scatenino una reazione operaia e popolare che porti alla catarsi. E si cerchi il nemico non in Marchionne ma addirittura nel vertice CGIL!! Una follia!
Una sinistra socialista di governo è al tempo stesso radicale e costruttiva. Deve saper legare le iniziative di lotta che dovranno necessariamente esserci ad un progetto economico e sociale.
Oggi, nei fatti, il modello Marchionne spiazza la stessa Confindustria. Se gli accordi (o i diktat) li impone direttamente l’azienda a che serve avere una associazione di imprenditori? E’ il ruolo negoziale stesso di Confundustria che viene ad essere messo in discussione. Marchionne apre oggettivamente fratture all’interno dello stesso mondo imprenditoriale.
E queste fratture vanno allargate con serie iniziative politiche e di lotta. Senza illuderci però che queste contraddizioni interne alla borghesia possano cavarci le castagne dal fuoco.
SeL è una creatura giovane, ma è più che mai essa che può svolgere il ruolo naturale di una sinistra di governo. E quindi oggi è il posto dove possano trovare collocazione i socialisti intesi come quelli che vogliono una sinistra collocata in un socialismo europeo rinnovato.
In un paese lontano, ma culturalmente molto vicino all’Italia, come l’Argentina, c’è un piccolo partito socialista – del 4-5% (in Argentina il socialismo dopo il peronismo si è molto frammentato) che però ha un passato glorioso.
Ora questo partito si è spaccato su un punto. Sostenere o meno la attuale presidentessa Cristina Fernandez alle elezioni del 2011. La Fernandez è espressione dell’ala sinistra del peronismo (i famosi “Montoneros”) che ha chiesto la adesione formale all’Internazionale Socialista (ed al comitato del partiti socialisti dell’America del Sud) ed esprime un programma socialdemocratico di opposizione al neo-liberalismo e di costruzione di una America Latina unita.
Un pezzo del PS appoggerà la Fernandez (ed entrerà nel nuovo partito) perché dice: “la Fernandez esprime il programma che è sempre stato del PS”. Altri vogliono invece fare la alleanza con i radicali che sono come il PD – né carne, né pesce.
Ora certo il Ps argentino è cosa molto più seria di quello di Nencini (fra l’altro esprime il governatore della Provincia di Santa fè ). Ma le scelte non cambiano.
Io non invito tutti socialisti ad aderire a SeL (certo più siamo e meglio è). Ma tra il nullismo del PD ed il tentativo di ricostruire una sinistra bisogna scegliere.
PEPPE GIUDICE
6 commenti:
Caro Peppe
consentimi per una volta di dissentire da te, che in genere sei un compagno obiettivo ed equilibrato.
Ti rispondo sinteticamente per punti:
1- Il caso OPEL: in realtà l'accordo non si chiuse perchè General Motors, grazie ai finanziamenti ottenuti dal Governo tedesco, riuscì a tenere in piedi la fabbrica tedesca, chiudendo, se non ricordo male, invece quella belga di Anversa; il socialismo centra veramente poco, ha contato di più la politica di un Governo di destra che ha aiutato le proprie aziende;
2- Concordo con te invece che in Italia manca un partito che si riferisca all'ideologia socialista. Sul piano sindacale i socialisti in Italia hanno sempre tenuto la barra dritta grazie a due principii fondamentali:
l'Autonomia (vera) dei sindacati dalla politica e
l'Unità Sindacale
L'Autonomia e l'Unità dei sindacati, e non l'appiattimento su questo o quel sindacato, debbono essere ancora oggi il timone che guida la politica dei socialisti, che non possono e non debbono essere tifosi di questo o quel sindacato, ma debbono operare per contribuire alla ricostruzione dalle macerie una Nuova Unità Sindacale, che superi quella ormai obsoleta basata su tre sindacati Confederali e figlia della Guerra Fredda, per garantire davvero il lavoro in Italia;
4- la questione CGIL e FIOM è un po' più complessa di quanto la descrivi tu.
Da 1996 la FIOM persegue (se non ricordo male fu addirittura fu un deliberato congressuale che lo definì) una linea di indipendenza dalla CGIL (a Torino la FIOM non ha sede in Camera del Lavoro ma ha una sua sede separata) e che l'attuale maggioranza FIOM ha portato alle estreme conseguenze con l'ultimo Congresso, con la mozione che definisce il ruolo del sindacato in termini di "sindacato conflittuale", che era contrapposta alla tesi della maggioranza CGIL del "sindacato che contratta".
É da questa divaricazione che nascono le differenze che oggi fanno dire a Susanna Camusso che la FIOM può essere contraria all'accordo di Mirafiori ma poi deve prendere atto della volontà della maggioranza dei lavoratori (che potrebbe anche essere per il NO), mentre Landini e Cremaschi spingono alle estreme conseguenze la politica del conflitto a prescindere.
La FIOM, muovendosi come un sindacato di categoria, assume una linea una politica che contraddice in nuce quella che è la Storia della CGIL (Confederazione Generale Italiana del Lavoro) che è un "SINDACATO DI LAVORATORI", contrariamente a CISL (Confederazione Italiana Sindacati dei lavoratori) e UIL (che sono Confederazioni di categorie sindacali. Non è una differenza da poco perchè in CGIL è la Confederazione che definisce la linea politica delle varie categorie, che poi possono adattarla al proprio specifico, ma senza stravolgerla.
La FIOM invece ha una sua linea politica indipendente dalla CGIL, ed intende perseguire questa impostazione anche a costo di negare la rappresentanza in segreteria alla sua minoranza (Durante), in palese contraddizione con la democrazia che chiede agli altri di applicare senza se e senza ma, ed anche a rischio di spaccare irrimediabilmente la CGIL.
Fraterni saluti
Dario Allamano
Nell'editoriale di Europa del 28 dicembre scorso Menichini, come suo
solito, straparla nel tentativo di inventarsi un'identità ed una ragion
d'essere del Pd. Impresa disperata, più che titanica.
Basta leggere il passaggio sulle motivazioni della nascita del Pd ["la
sinistra storica decise di evolvere (sic !) in Partito Democratico per
abbattere il muro (sic !) che separava, senza più senso né prospettive di
vittoria (sic !), il compatto universo concettuale socialdemocratico (sic
!!!) dal calderone di valori, interessi, culture e costumi di vita della
società frammentata"] per capire che il direttore dell'ex organo clandestino
dell'ex Margherita doveva avere fumato qualcosa di pesante.
Fassino, il liquidatore dei DS e della prospettiva del partito del
socialismo europeo (parola d'ordine con la quale pure era stato eletto
segretario !), viene dipinto come un leader di straordinario coraggio perché
nell'89 difese la scelta tardiva della maggioranza del Pci di cambiare nome,
scelta che era stata annunciata da Occhetto tre giorni DOPO la caduta del
muro di Berlino.
Chi ha letto l'onesto libro di Fassino "Per passione" sa che il coraggio di
Piero è sempre quello del giorno dopo.
Aveva capito che la scelta di Berlinguer di schierarsi per il blocco dei
cancelli della Fiat nel 1980 era sbagliata, ma eseguì gli ordini e non aprì
bocca; aveva capito l'errore di sfidare Craxi sulla scala mobile nel
1984-85, ma non disse nulla; aveva capito che nel 1989 sarebbe stato meglio
scegliere un nome ed un'identità socialista, ma accettò silenziosamente il
PDS.
Scommetto che un giorno ci spiegherà che sapeva benissimo che sciogliersi
nel Pd sarebbe stato catastrofico, ma per il bene di Prodi, dell'unità,
della ditta ...
Venendo all'oggi, quel che mi lascia perplesso - e mi riallaccio
all'interessante dibattito rosselliano di questi giorni su Marchionne e c. -
è il ragionamento su Torino.
Per Fassino che si candida a fare il sindaco "è bene per Mirafiori solo ciò
che è bene per Torino", naturale.
Io però non ho capito cosa è bene e per chi.
Avevo letto che il costo del lavoro incideva mi pare per il 7 % sul costo
complessivo di un'autovettura.
Se è così, come si può pensare di affrontare la competizione togliendo agli
operai 10 minuti al giorno di pausa e riducendo assenteismo e scioperi ?
Quali risultati si possono raggiungere - dopo una guerra con la Fiom, la
demolizione dell'unità sindacale, la fuoriuscita da Confindustria - per
questa strada ? Qualche decimale di punto di riduzione dei costi ? E poi
?
Mi astengo in questa sede dall'affrontare i nodi dei diritti individuali e
di rappresentanza, non perché non li consideri importanti, ma perché voglio
limitarmi al merito di quello che è bene per Mirafiori, per Torino, per il
sistema Italia.
Da uomo della strada, a me pare che una dirigenza industriale che dimostra
di avere un'idea così balzana del rapporto tra mezzi e fini nella strategia
di rilancio dell'azienda non dovrebbe ispirare fiducia a nessuno, men che
meno ad un aspirante sindaco della città dell'automobile.
La competizione, a mio modesto avviso, devi farla nei centri di ricerca e
negli studi di design, proponendo nuovi modelli, motori ecologici, auto
elettriche o a idrogeno, non pensando di poter inseguire gli indiani ed i
brasiliani levando agli operai oggi 10 minuti e domani le mutande ...
Per questa via di quanto pensano di poter ritardare la completa
delocalizzazione della fabbrica ? Un anno, due, tre ?
Può darsi che vi sia del metodo in questa follia, ma io non lo vedo.
Luciano Belli Paci
Caro Lucianodel PD non mi interesso molto, da tempo osservo gli eventi ed il futuro di questo partito non mi pare granchè roseo, soprattutto perchè ormai attorno al suo corpaccio volteggiano molti avvoltoi pronti ad approfittare della sua decadenza, purtroppo il volo degli avvoltoi non é mai di buon presagio per il futuro.Mi interessa di più parlare di FIAT e della sua secolare storia, durante la quale ha fatto molti errori, è stata una azienda ampiamente foraggiata dallo Stato, ed ha approfittato, molte volte, delle svalutazioni compatitive che le erano utili per piazzare nel mondo le sue utilitarie di bassa qualità. Questa fu la FIAT prima del 2004, una azienda che sfruttava fino in fondo la sua posizione monopolistica in Italia e l'immagine dell'Avvocato così chic e progressista (era pure laico e repubblicano)L'introduzione dell'Euro ha tolto alla FIAT una prima arma: la svalutazione competitiva, da li in poi avrebbe dovuto competere se non con il mondo almeno con le altre fabbriche dell'auto europee, ed i primi anni furono drammatici, nel 2004 la FIAT fu sull'orlo del fallimento.Si salvò grazie a tre fattori:Marchionne che arrivò in FIAT e cambiò drasticamente, e in pochi giorni, il gruppo dirigente promuovendo una leva di giovani che cambiò radicalmente il "modello FIAT"; La città di Torino che in quegli anni aiutò e molto la FIAT a sopravvivere,un sindacato (FIM, FIOM e UILM) che seppe gestire razionalmente la riorganizzazione di Mirafiori.Oggi La FIAT mette sul tavolo 1 miliardo di euro di investimenti per la seconda ristrutturazione (di processo) di Mirafiori, è un bene o un male? Da torinese ritengo sia un bene, perchè nell'immediato riavvia l'attività delle imprese di impiantistica (ne conosco diverse) che da due anni erano alla canna del gas, e questo significa richiamare dalla CASSA INTEGRAZIONE gli operai, per cui ridurre il costo per le esauste casse INPS.Non entro nelle questioni di merito (pause, assenteismo, scioperi ecc) perchè conosco poco la situazione interna, ma soprattutto perchè sono da sempre un acceso fautore dell'Autonomia sindacale, per cui ritengo che le questioni di merito vadano discusse e valutate nelle sedi proprie che sono per l'appunto quelle sindacali aziendali. Purtroppo oggi molti straparlano non conoscendo affatto la situazione reale.Invece ritengo sia dovere di un buon politico offrire qualche opinione sulla questione democrazia e rappresentanza, ed a questo proposito allego l'articolo di Dario DiVico (che detto per inciso negli anni '80 fu un ottimo sindacalista alla V lega di Mirafiori) che parla quale persona informata sui fatti e che io condivido in pieno.Fraterni salutiDario Allamano
D'accordo con quello che dici Peppe, però io credo che in questo momento noi socialisti di SEL dovremmo essere in primo luogo uniti nel fare sentire la nostra piena adesione alle posizioni di Susanna Camusso, che mi pare interpretare nel modo migliore la cultura socialista della sinistra di governo: si dice no sui contenuti perchè non li si condivide, però poi si lavora con le altre posizioni presenti nel mondo del lavoro, perchè il no all'accordo rappresenta solo un punto di vista e non una verità che sta sopra alle altre.
Claudio Bergomi
Caro Claudio
concordo pienamente con te, Susanna Camusso tira fuori dal suo cilindro quella che è da sempre la cultura dei socialisti nel sindacato, ben riassunta tra l'altro dal commento dell'amico e compagno Robi Brignolo (anche lui ex sindacalista della CGIL) e girato a tutti da Claudio Bellavita: il lavoro dei sindacalisti è quello di contrattare, contrattare, contrattare.
Al tempo del vecchio sindacato si chiamavano i "culi di pietra" ed erano quei sindacalisti che si sedevano davanti alla loro controparte e che si alzavano solo quando la controparte cedeva per sfinimento. Oggi i sindacalisti o cedono quasi subito o lasciano il tavolo e si acconciano ad alzare tante bandiere rosse fuori dai cancelli, senza peraltro portare a casa nulla di positivo per i proprii "datori di lavoro".
La proposta di Susanna Camusso, al di la della tattica (la firma tecnica) sta tutta qui, nel tentativo di riportare la FIOM all'interno della politica sindacale approvata a grande maggioranza dall'ultimo Congresso della Confederazione, che ha visto contrapporsi due mozioni, per dirla in titoli "il sindacato contrattualista" VS la mozione FIOM del "sindacato conflittualista".
Ergo sono perfettamente d'accordo con te nel sostenere Susanna Camusso
Dario Allamano
Credo che il sostegno alla segreteria vada dato e debba essere supportata anche nello sforzo x cercare una nuova strada x le relazioni industriali partendo proprio da una riflessione sulle prospettive che i modelli compartecipativi offrono per arrivare ad una capacità progettuale che sappia coniugare i diritti dei lavoratori, il diritto al lavoro e le condizioni affinché gli uni e l'altro si possano concretizzare. Il mio maestro in università parlava della necessaria dialettica per realizzare "il contemperamento degli interessi tra lavoro e capitale" continuo a pansare che quella sia la via maestra!
Mario Mazzoleni by Blackberry
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