Lo sciopero indetto dalla FIOM e dalla CGIL per il prossimo 28-29 gennaio 2011 deve costituire l’occasione per riunire l’intera sinistra, anche quella variamente definita riformista o riformatrice.
Pomigliano e Mirafiori, infatti, non costituiscono la vittoria dei riformisti sui massimalisti poiché storicamente furono proprio i riformisti, in polemica con i c.d. rivoluzionari a teorizzare il principio della inscindibilità tra diritto al lavoro, conquiste di libertà ed avanzamento sociale.
La promessa di qualche euro in più ed il miraggio della partecipazione azionaria non possono risolvere i problemi di fondo aperti dalla FIATt in queste vertenze. È in atto, infatti, un processo che ha l’obiettivo di cambiare tutto: le relazioni sindacali, i rapporti sociali, la collocazione del lavoro nella produzione e nella società.
L’intera strategia della FIAT, dalla scissione del legame con Confindustria fino alle profonde modifiche sul terreno della contrattazione, si muove in una logica semplice ed estrema che è quella di eliminare i vincoli sociali e democratici ai quali è stata sottoposta l’impresa nella storia contemporanea in nome di una competitività aziendale che scarica tutto sui lavoratori fino a delegittimare il conflitto e cancellare i sindacati più autonomi.
La sinistra, tutta intera, deve reagire con fermezza ed intelligenza senza rinchiudersi in una logica esclusivamente difensiva e minoritaria, ma soprattutto senza cadere nell’errore di considerare modernizzatici posizioni che sono contro la modernità poiché espressione di una regressione storica sotto il profilo della civiltà del lavoro e della rappresentanza dei lavoratori.
Allo stesso tempo la sinistra, il sindacato, i lavoratori devono prendere fino in fondo atto che si è chiusa un’epoca; è cambiato il tipo di capitalismo, l’organizzazione del lavoro, la composizione sociale di classe, è in crisi la democrazia e l’idea stessa che la politica possa continuare a svolgere efficacemente il ruolo svolto nel secolo che si è chiuso.
La FIAT e più in generale il mondo della produzione parlano e agiscono su scenari mondiali, il sindacato e la sinistra si muovono con culture locali dimensionate su scenari nazionali. Questa disparità di condizioni a tutto svantaggio dei lavoratori e dei loro rappresentanti da un lato richiede il massimo sforzo per ritrovare le ragioni dell’unità sindacale e la più ampia solidarietà delle forze che si richiamano ai valori della sinistra, dall’altro esige l’elaborazione di modelli e proposte alternative che fuoriescano dai confini nazionali e che siano capaci di indicare un diverso scenario per i popoli ed il pianeta.
In assenza di questa ricerca, la difesa delle conquiste sociali e democratiche ottenute dai lavoratori rischia di produrre vertenze giuste ma candidate alla mera testimonianza ed all’eterna sconfitta.
Nell’immediato, però, occorre avviare con vigore iniziative tese ad evitare i lavoratori si trovino nuovamente soli a fronteggiare le esigenze di maggiore competitività ed efficienza produttiva. Ciò significa innanzitutto: chiedere alla FIAT di fare chiarezza sui piani di investimento; rilanciare l’unità sindacale per ottenere l’apertura di una tavolo per la crescita e lo sviluppo; rinnovare comunque un’intesa interconfederale sulla rappresentatività, la democrazia sindacale e le condizioni per validare contratti ed accordi. Significa, infine, protestare contro un Governo partigiano che non ha messo in campo una politica industriale per sostenere le imprese nel difficile processo di ristrutturazione. Per queste ragioni, il “Network per il socialismo europeo” aderisce alla giornata di mobilitazione indetta dalla Fiom e dalla CGIL.
Per il Network per il socialismo europeo (Lanfranco Turci, Felice Besostri, Giuseppe Vetrano)
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