LA SINISTRA ITALIANA DI FRONTE A SCELTE DIFFICILI MA NECESSARIE
Sono molti gli argomenti che, limitandoci all'attualità, si affacciano alla riflessione di quanti si pongono ancora il tema del destino della sinistra italiana: prima di tutto, naturalmente, si colloca l'ipotesi di un mutamento di fondo del quadro politico attraverso la caduta del governo ( sotto questo aspetto Ilvo Diamanti ha tracciato, sulle colonne di Repubblica) uno scenario sicuramente ipotetico ma molte interessante di vero e proprio "disfacimento" del quadro simile, per certi versi, con quanto accadde con Tangentopoli; in secondo luogo l'esito del referendum di Mirafiori che, secondo i sondaggi, ha spostato maggiormente l'opinione pubblica più di quanto non abbiano fatto le rivelazioni riguardanti il malcostume imperante ai vertici del governo; in terzo luogo il presunto "rilancio" del PD, attraverso l'esito della "convention" dell'area Modem a Torino e l'esito delle primarie a Bologna e Napoli; e ancora il successo mediatico, e di recupero sul piano della partecipazione, fatto registrare dall'offensiva condotta dal Presidente della Regione Puglia, successo innegabile e da valutare attentamente, ancorché realizzato quasi esclusivamente sul piano personale (così indicano anche alcune valutazioni eseguite nel rapporto fra elettori di SeL e conoscenza degli eventuali leader di quel partito: in questo caso, davvero, e senza alcun intento polemico si può parlare di "un uomo solo al comando").
Abbiamo riassunto molto di corsa, senza dimenticare ovviamente il quadro complessivo, quello di una crisi economica che minaccia di inasprirsi ulteriormente, sul piano internazionale ed interno, nei confronti della quale sale la tentazione di rispondere con un governo di stampo "tecnocratico-iperliberista" e la crescita della disaffezione verso la politica (l'eventuale astensione dal voto, in caso di elezioni anticipate pare ormai assestata bel oltre il 25%, per toccare potenzialmente la punta del 30%).
Tutto questo mentre, sul piano della dinamica legislativa è in discussione la patata bollente del federalismo fiscale e resta sullo sfondo il tema della legge elettorale, che avrebbe dovuto rappresentare, fino a qualche giorno fa, il vero e proprio punto di collegamento per la costruzione di una alleanza tesa a favorire un governo di transizione "a termine".
In questo coacervo emergono due punti relativi alla prospettiva della sinistra: il primo relativo al dopo-Mirafiori.
Nei giorni scorsi a Marghera si è realizzato un confronto tra la FIOM , le organizzazioni dei precari della scuola e dell'Università che hanno condotto la battaglia contro la cosiddetta "riforma Gelmini" ed i comitati contrari alla privatizzazione dei "beni comuni", primo fra tutti l'acqua.
Un confronto conclusosi nella prospettiva di una collaborazione posta sul terreno dell'opposizione complessiva allo stato di cose in atto, si di un piano abbastanza distante dall'agenda proposta dal quadro politico: di conseguenza, se è consentito, semplificare di tipo "movimentistico".
Nello stesso tempo si pone, per SeL, una questione a nostro giudizio fondamentale: mentre la FdS pare proprio non riuscire a decollare anche in termini minimali di crescita, il movimento (non ci azzardiamo a definirlo ancora partito, anche perché le modalità congressuali sono risultate sotto questo aspetto del tutto anomale, come è avvenuto del resto anche per la FdS), il movimento formato dali ex-Rifondazione e dagli ex-DS appare in crescita, trainato essenzialmente - come abbiamo già accennato - dalla presenza assolutamente "carismatica" del suo leader, ed anche in assenza di un progetto politico ed un programma adeguatamente articolato ai temi della crisi economica, del rilancio dello stato sociale, della democratizzazione delle istituzioni, della qualità dell'agire politico (è impensabile, sotto questo aspetto, che si possa durare a lungo promuovendo personaggi indirizzati alla personalizzazione delle primarie, tanto per fare un esempio immediato).
Una crescita che pone un dilemma: potrà essere utile alla ricostruzione di un nuovo soggetto della sinistra italiana, non confinato nel ruolo di "copertura" dell'area della fu sinistra radicale (come vorrebbero molti nel PD) oppure "svolazzante" alla ricerca di una leadership del centrosinistra, non suffragata però da quegli elementi di radicamento sociale, qualità programmatica, iniziativa territoriale propri di un partito?
Ci è capitato più volte di proporre una riflessione adeguata attorno a questo nodo: riflessione che non è ancora decollata, essendo il ceto politico (anche quella parte di ceto politico apparentemente più "aperta") impegnato in operazioni di autoconservazione.
Insistiamo cocciutamente: serve un nuovo soggetto politico; un nuovo soggetto politico che prima costruisce la propria autonomia ideale, programmatica, politica, andando coraggiosamente controcorrente sia sul terreno della strutturazione del soggetto ( democrazia interna, radicamento sul territorio, capacità culturale di "integrazione di massa"), delle radici ideali (superando contrapposizioni ataviche e sterili), del programma (Europa, intervento pubblico in economia, difesa del lavoro e dei lavoratori, stato sociale, sistema elettorale proporzionale, centralità dei consessi elettivi, no a questo federalismo assolutamente pasticciato come fu pasticciata la riforma del titolo V della Costituzione, difesa della Costituzione Repubblicana e dei valori della "memoria storica" della democrazia italiana e dell'antifascismo).
E' possibile aprire una seria discussione su questi punti, non dando per scontato il cedimento reciproco al modello di azione politica imposto dall'avversario o il semplice arroccamento difensivo?
Savona, li 24 Gennaio 2011 Franco Astengo
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