Via Craxi? Un vicolo cieco
La discussione che si è aperta in seguito alla intitolazione di una via a Craxi in Tunisia per iniziativa del Presidente della Repubblica di quel paese e la proposta di farlo anche in Italia, al di là del giudizio politico che ciascuno pò dare su Craxi, sulla sua opera e i suoi comportamenti come segretario del PSI e capo del governo, non tiene conto di alcuni fatti determinanti che dovrebbero far riflettere prima di imboccare un vicolo cieco. Craxi è stato condannato per reati comuni, con sentenza definitiva della Corte di Cassazione. Quindi chiamare in causa ragioni politiche non ha senso, a meno che qualcuno non abbia il sospetto o la certezza che in tre gradi di giudizio la magistratura abbia agito e deciso per motivi politici. Se così è l’amministrazione che gli dedica una struttura pubblica si assuma la responsabilità di dirlo e motivarlo.
La condanna per reati come la corruzione prevede l’interdizione dagli uffci pubblici. Quindi bisogna assumersi la responsabilità di onorare Craxi latitante, nonostante gli impedimenti morali, politici e giuridici dei nostri ordinamenti.
Tutto si può fare, ma il messaggio al Paese sarebbe davvero terribile e un precedente da non sottovalutare.
In una sentenza della Corte di Appello di Milano dell’8 Febbraio 2005 riguardante il processo a Raggio, ultimo confidente di Craxi al quale il leader socialista aveva consegnato i suoi conti e i suoi soldi dopo la rinuncia di Tradati, è scritto in grassetto:” Il giudice di primo grado rileva che nei suoi corposi memoriali Craxi si è sempre guardato dall’accennare alla disponibilità dei conti International Gold Coast e Costellation Financiere, che all’epoca non erano ancora stati scoperti e costituivano per lui un importante “ tesoretto” riposto nelle fidate mani prima di Tradati, poi di Raggio”. Dai conti fatti dai giudici di Milano, l’ammontare del “ tesoretto” era di oltre 50 miliardi di vecchie lire, transitati in molti paradisi fiscali al fine di impedirne la individuazione, ai quali si dovevano aggiungere 187 miliardi di finanziamenti al partito negli anni 1987-1990, come ebbe a dichiarare lo stesso Craxi. Sempre nella sentenza si legge una dichiarazione di De Toma, altro collettore di tangenti al PSI, il quale ai giudici ha dichiarato che “ il segretario amministrativo( Balzamo) non solo non aveva aperto o gestito conti esteri, ma che non aveva nemmeno potere dispositivo su di essi, che risaliva esclusivamente a Craxi”. Avrei scritto le stesse cose per qualsiasi uomo di governo, forse senza l’amarezza, di vedere il Paese privato di un grande partito socialista, che segna davvero l’anomalia italiana in Europa. Ricordo che in una trasmissione televisiva alla quale partecipava Bobo Craxi, provocato dal conduttore, citando l’Ecclesiaste avevo detto che c’è un tempo per parlare e uno per tacere e che io avevo parlato quando Craxi era potente, mentre chi doveva farlo, anche nell’interesse di Craxi e del PSI, aveva taciuto. Non ho cambiato opinione. Ma non bisogna esagerare. Se poi si creano le condizioni per un dibattito sereno, allora sarò il primo a compiacermene.
PS) Questo articolo è stato pubblicato dall’Unità diretta da Antonio Padellaro con la quale ho collaborato dal primo momento della direzione Colombo e poi licenziato dall’attuale direttrice senza “ giusta causa” come altri.
Il ricorso di Raggio contro la sentenza di appello è stato rigettato con sentenza della 2° sezione penale della Corte Suprema di Cassazione N.34511/09 del 9-4-2009, depositata il 7-9-2009
Ho deciso di pubblicare l’articolo perchè tra polemiche e contestazioni nei giorni scorsi una strada a Craxi è stata intitolata e Stefania Craxi ne annuncia un’altra a Milano
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