.pubblicata da Pier Luigi Camagni il giorno domenica 23 gennaio 2011 alle ore 0.38.Le compagne e i compagni della Sinistra Socialista che si sono ritrovati oggi a Sassuolo, in rappresentanza delle realtà territoriali di Piemonte, Lombardia, Liguria, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna e Marche, oltre al compagno Franco Bartolomei e ad altri compagni del Lazio, dopo un ampio dibattito a cui ha partecipato anche il compagno Lanfranco Turci e portato il proprio saluto il segretario della Federazione PSI di Modena, hanno approvato il seguente documento:
Gli accadimenti di questi ultimi mesi, se non degli ultimi giorni, portano la sinistra a porsi con urgenza alcune questioni su come affrontare l’opportunità offerta per il futuro dal risultato di Mirafiori prima, e dalla crisi, personale e politica, poi, che stringe il premier e il governo di centro-desta.
Come socialisti innanzitutto, ma poi come rappresentanti della sinistra del PSI e attivisti delle Leghe socialiste che stanno sorgendo in tutta Italia, sentiamo come ineludibili alcuni punti, per altro già ribaditi nella mozione che avevamo presentato al congresso di Perugia.
■i socialisti si devono impegnare nel cantiere della nuova sinistra italiana con DETERMINAZIONE, non può esservi spazio per alcuna idea di autosufficienza suicida. I risultati elettorali del Partito Socialista degli ultimi due anni, chiaramente negativi, rappresentano il fallimento di una presunzione di autosufficienza che conduce a perseguire , a dispetto di vuote proclamazioni identitarie, solo tattiche di sopravvivenza prive di qualsiasi valenza strategica per il socialismo Italiano, destinate inevitabilmente a concludere irreversibilmente la loro parabola nelle liste del PD. Il ricorso al tatticismo rischia di azzerare le nostre residue potenzialità politiche, allontanando il Partito dal perseguire con determinazione qualsiasi progetto finalizzato alla costruzione di una nuova forza in grado di riproporre con ben maggiore consistenza politica le ragioni del socialismo italiano ed europeo, a cui affidare la continuità del nostro patrimonio culturale e politico e su cui costruire la nostra rinascita. Il PD, in particolare, ha ribadito l’incapacità di offrire una credibile proposta politica su cui misurare le difficoltà del governo e l’incapacità di tornare a parlare al proprio blocco sociale di riferimento rappresentato dal mondo del lavoro, fino ad accettare dinamiche socio-economiche le cui conseguenze dirette sono state la flessibilizzazione e la precarizzazione dei rapporti di lavoro. Il logoramento del tentativo del PD di concepire il nuovo ulivo essenzialmente come una preliminare riaggregazione attorno a se del centro sinistra, finalizzata ad un successivo rapporto politico di stretta alleanza con il nuovo centro nascente, sta progressivamente mostrando come la propria debolezza politica non può essere risolta eludendo il nodo centrale della necessità di un recupero complessivo della autonoma identità riformista del centro sinistra, come premessa principale della sua capacità di aggregazione, prima nell’elettorato e, successivamente, nel sistema politico.
■occorre riportare al centro della proposta politica socialista lavoro e libertà, perché il voto di Mirafiori ha rappresentato un risultato importante per la sinistra, e su quello si giocherà la possibilità, e le scelte fatte ne saranno discrimine, per costruire la sinistra del futuro. Rappresenta un NO chiaro al tentativo di governare le conseguenze sociali della crisi, e organizzare una possibile riattivazione dei processi di crescita, riducendo le rappresentanze sociali ad esclusivo momento interno ad una gestione meramente attuativa degli equilibri esistenti, economici , finanziari, e sociali, predeterminati da processi decisionali riservati in gran parte a tecnostrutture esterne alle sedi istituzionali deputate alla espressione della sovranità popolare. Sotto questo profilo l'esito del voto rappresenta per la sinistra italiana una occasione eccezionale per avviare finalmente una riflessione critica sulla propria incapacità di proposta e sulla bassissima qualità dei propri livelli di rappresentatività sociale, premessa inevitabile per una sua necessaria rifondazione attraverso la individuazione di un progetto di governo, autenticamente alternativo alle ragioni sociali responsabili della crisi verticale di un sistema di rapporti economici e finanziari che minaccia seriamente lo sviluppo futuro della nostra società, e la tenuta sostanziale della nostra democrazia. Questo nell’interesse dei lavoratori che hanno votato sì, sotto ricatto, pur di difendere il proprio lavoro, così come di coloro che hanno votato no, mettendolo anche a rischio, pur di difendere i propri diritti e un’idea di modello di sviluppo e di relazioni industriali che non si può basare su atti d’imperio, ma deve vedere la compartecipazione e cogestione di capitale e lavoro.
■il quadro politico pone con sempre maggiore urgenza la necessità del superamento dell’attuale schieramento di centro-sinistra, guidato da una forza politica in piena crisi di rappresentanza, come il PD, priva di una definita identità riformatrice, incapace a dispetto delle sue affermazioni di svolgere una autentica funzione nazionale, e soprattutto incapace, per i suoi limiti strutturali e culturali, di progettare un sistema di alleanze politiche e sociali potenzialmente maggioritario in grado di riattivare una autentica democrazia dell’alternanza all’interno della quale misurare democraticamente la volontà di cambiamento e di riforma di tutto lo schieramento progressista. La situazione di crisi politica, istituzionale, economica e sociale che attraversa il paese chiama i socialisti alla assunzione di grandi responsabilità politiche nell’interesse della democrazia italiana, per la tutela del mondo del lavoro e delle classi più deboli della società e per la difesa dei valori costituzionali di libertà e giustizia sociale. Occorre una rinnovata capacità di analisi ed interpretazione della realtà, necessaria ad impostare , fuori da ogni illusione di autosufficienza, una azione politica diretta a collocare i socialisti alla guida di un processo di ricostruzione della sinistra, che porti l’insieme delle forze di progresso a recuperare una visione strutturale dei processi di riforma sociale ed economica necessari a risollevare il paese dal disastro in cui la crisi del modello neo-liberista ha gettato l’intero occidente sviluppato. In tal senso occorre un deciso impegno al sostegno, nelle prossime elezioni amministrative, di quelle coalizioni, quelle liste, quei candidati che, come Pisapia a Milano, meglio rappresentano l’indicazione di un percorso verso una nuova prospettiva per la sinistra.
Il compito dei socialisti diviene quindi la costruzione di una nuova sinistra impegnata a lavorare ad un nuovo modello di sviluppo fondato sulla riappropriazione sociale del giudizio di valore sulla qualità dei processi di crescita economica, attraverso la realizzazione di nuovi strumenti istituzionali di programmazione e di controllo delle variabili economiche orientate a garantire gli interessi generali della comunità civile dei produttori e dei consumatori, in grado di svincolare la vita delle società dal totale assorbimento nelle logiche di mercato raggiunto nell’attuale fase di finanziarizazzione integrale della economia, ed in grado di rappresentare un potenziale alternativo sistema di riferimento per gli stessi paesi emergenti e per il resto del mondo in via di sviluppo.
Diviene quindi ineludibile la costruzione di un rapporto unitario con tutte le forze politiche che si rendessero disponibili a lavorare a questo progetto di rinascita socialista della sinistra italiana.
In questo quadro di prospettiva appare quindi evidente che i socialisti debbano giocare tutte le proprie carte politiche all’interno del nuovo rapporto politico nascente a sinistra, scatenato dalle contraddizioni aperte all’interno del PD dalla capacità di impatto della candidatura di Vendola a candidato premier del centro-sinistra, assumendo il ruolo di garanti della evoluzione di questo processo verso la realizzazione del nostro obiettivo di fondo della costruzione di una grande forza politica inclusa nello schieramento del socialismo europeo.
Per questi motivi riteniamo necessario che i socialisti lavorino per trasformare il rapporto tra il PSI, SEL ed il PD, innanzitutto, oggi limitato alla sola comune partecipazione all’alleanza del nuovo ulivo, in una nuova grande forza politica unitaria, socialista e democratica, in grado di ricostruire l'identità riformista della sinistra italiana, e di guidare politicamente l’alleanza di centro-sinistra.
4 commenti:
Esistono in Italia due sinistre socialiste, una è la sinistra del PSI, sconfortantemente priva di idee, l’altra è costituita dall’insieme non organizzato di socialisti senza tessera, spesso aderenti a circoli e leghe, che si richiamano alle posizioni dei maggiori partiti socialisti europei. Il PSI è ad ogni evidenza solo formalmente aderente alle organizzazioni del socialismo europeo, avendo adottato linee politiche molto più moderate di quelle dei più importanti partiti laburisti, socialisti e socialdemocratici ed’Europa. (segue)
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Ricevo il documento approvato oggi a Sassuolo: difficile da capire, non prende posizione su nessuna delle questioni importanti per chi vive del proprio lavoro, siano lavoratori dipendenti, autonomi, artigiani o liberi professionisti. (segue)
Tutti gli appartenenti a questi ceti, salvo ristrette minoranze che godono tuttora di condizioni di privilegio sociale, hanno subito negli ultimi vent’anni riduzioni significative della capacità di spesa e dello status sociale, tanto che si sono determinate le condizioni per la costruzione di un nuovo blocco sociale maggioritario: operazione difficile e complessa, che deve far superare barriere psicologiche profondamente radicate e molte di quelle che Galbraith definiva “idee convenzionali”. (segue)
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Basta leggere il discorso di accettazione della candidatura a leader del Labour Party di Ed Milliband ed il documento comune sottoscritto da Sigmar Gabriel e Martine Aubry per capire che i tre maggiori partiti del socialismo europeo hanno preso atto della nuova realtà e si adoperano per dare una risposta adeguata a tutte le parti sociali che il capitalismo contemporaneo ha posto in una condizione di crescente difficoltà. Senza fare discorsi troppo complicati, basta rispondere ad alcune semplici domande, perché gli interlocutori possano stabilire se collocare una formazione politica nella sinistra, nella destra o nel centro dello schieramento politico.
E’ ragionevole proporre che siano posti limiti e regole al processo di globalizzazione, onde evitare che i lavoratori europei siano costretti ad essere sottoposti alla concorrenza con quelli di paesi in cui il lavoro non è assistito da alcuna forma di protezione e di previdenza? E’ ragionevole sostenere che nella Comunità europea le politiche sociali e gli incentivi concedibili ai potenziali investitori debbano essere armonizzati, per contrastare i processi di delocalizzazione? E’ opportuno chiedere che il lavoro precario e a termine siano gravati da carichi fiscali e contributivi superiori rispetto a quelli applicati al lavoro a tempo indeterminato, al contrario di quel che oggi accade, per far si che le imprese ricorrano alle forme di lavoro atipiche solo in caso di reali necessità? E’ giusto ritenere che le cosiddette liberalizzazioni spesso non sono altro che la abolizione, formale o di fatto, di controlli indispensabili per salvaguardare le condizioni di lavoro e limitare gli incidenti sul lavoro, evitare la devastazione del territorio ed il dissesto ambientale, contenere il lavoro nero e l’evasione fiscale e contributiva? E’ assurdo reputare che la privatizzazione di servizi pubblici realizzabili soltanto in regime di monopolio ( reti autostradali, di trasporto, telematiche, ciclo dell’acqua e dei rifiuti ) non comporti affatto la maggiore efficienza ed economicità di tali servizi, ma si traduca in occasioni di straordinario arricchimento delle imprese private che se ne aggiudicano la gestione ed un peggioramento del rapporto costi/benefici per gli utenti? E’ incongruo pensare che anziché a privatizzare tali servizi, la classe politica dovrebbe dedicarsi con tutto l’impegno di cui è capace a migliorare la qualità dei gruppi dirigenti delle aziende pubbliche che gestiscono tali servizi, per non parlare di quelli sanitari, bandendo ogni forma di clientelismo e di nepotismo?
Se tali fossero le politiche praticate, ad esempio Marchionne ed i suoi imitatori non potrebbero e non avrebbero interesse a usare l’arma del ricatto per ottenere la cancellazione di condizioni contrattuali frutto di un secolo di lotte sociali, spesso condotte sotto la guida dei partiti socialisti.
Non mi si opponga, per favore, che simili impostazioni recherebbero danno alla crescita dei paesi in via di sviluppo. L’attuale stato di fatto consente invece al capitalismo rampante dei nostri giorni di far crescere nei paesi meno fortunati ristretti gruppi di super ricchi, lasciando pressoché immutate le condizioni della stragrande maggioranza delle popolazioni.
Negli anni passati i partiti socialisti non hanno saputo porre alcun argine alla rivincita del capitalismo più arrembante contro le politiche redistributive e di welfare che hanno caratterizzato gli anni cinquanta, sessanta e settanta del secolo scorso. Oggi che in Europa i partiti socialisti mostrano di prendere coscienza di tale stato di cose, in Italia ne il PD, ne il PSI mostrano di reagire in alcun modo. Le mediocri o minime percentuali elettorali di questi partiti derivano dal fatto che non danno alcuna risposta alla domanda di tutela e di sostegno delle parti sociali che dicono di voler rappresentare. Grazie dell’attenzione. Giovanni Baccalini
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